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La fotografia musicale, quando l’immagine crea il mito

Fotografia musicale

Quante volte fissiamo nella nostra mente un’immagine a un brano? La fotografia musicale sta agli occhi come la memoria olfattiva al naso. Talvolta una fotografia è così indelebile da lasciare il segno nella memoria.

Eppure si conosce così poco del mondo della fotografia musicale, così come dei loro protagonisti. E non ci riferiamo ai personaggi davanti alle fotocamere, bensì ai fotografi dietro le camere, i creatori delle “icone”.

Fotografia musicale e showbiz

La fotografia musicale è uno dei rami della fotografia più affascinanti e sconosciuti. È anche un ambito in cui non è facile trovare la propria strada. Nell’industria musicale, la fotografia riveste un ruolo fondamentale: dalla realizzazione delle cover, ai video, ai poster, ai tour book in cui si seguono gli artisti nel loro backstage e nell’intimità dei dietro le quinte. La fotografia – nella storia recente della musica – ha un enorme valore sia artistico che culturale. È tuttavia, considerata da molti un hobby, una passione da cui partire per poi entrare nell’olimpo dei fotografi musicali. Sì, perché i fotografi musicali a loro volta hanno fatto storia.

Fotografia musicale
Patti Smith ritratta da ©Annie Leibovitz
Storia della fotografia musicale

Musica e fotografia sono molto legati tra loro: foto promozionali, cover, reportage live, poster, riviste di settore, dietro le quinte, video, documentari. La fotografia musicale contribuisce da sempre a creare un’iconografia di una band o dei singoli musicisti che spesso è destinata a durare nel tempo e immortalare un mito nell’immaginario comune. Tra i fotografi che – a loro volta – sono diventati delle celebrità grazie al loro “occhio” e alla loro capacità di cogliere l’attimo immortale si citano Terry O’Neill, Annie Leibovitz, Mick Rock.

Tra le immagini che hanno fatto la storia della musica contemporanea non si può non citare quella del fotografo Ed Caraeff in cui ritrae Jimi Hendrix in ginocchio davanti la sua chitarra in fiamme. Ma quando nasce la fotografia musicale?

Fotografia musicale
Jimi Hendrix – © Ed Caraeff

L’avvento del rock’n’roll e soprattutto il successo esplosivo di band come i Beatles e i Rolling Stones spingono verso la ricerca spasmodica di “visibilità”. Allo stesso tempo, un interesse crescente per la collezione di memorabilia musicali come foto, poster, riviste di genere che proprio tra gli anni ’50 e ’60 vengono fondate, rendono la fotografia musicale quasi indispensabile.

L’importanza della fotografia musicale raggiunge l’apice negli anni ’80. È un decennio straordinario per la musica, la tecnologia, la moda, i media, la cultura pop in genere. Esplodono i generi musicali dal punk al new wave, dal glam rock all’heavy metal. Nasce la prima TV musicale MTV che trasmette solo video, si diffondono i walkman e i primi PC. La fotografia stessa si evolve: dall’analogico si passa ai primi esperimenti in digitale. È il decennio dell’immagine patinata ed edulcorata; gli artisti mondiali si rendono conto che è importante curare e diffondere la propria “immagine”. La fotografia musicale esplode, le riviste riempiono le pagine di foto di scatti dai live e foto promozionali.

Mick Rock, Penny Smith, Masayoshi Sukita, Annie Leibovitz sono i fotografi più ricercati per la loro capacità di creare veri e propri ritratti di divi.

David Bowie ©Masayoshi Sukita 2002
David Bowie ©Masayoshi Sukita 2002. Il fotografo ha lavorato con Bowie dal 1977
Dagli anni ’90 a oggi

Boy band e girl power, brit pop e pop punk, grunge e alternative rock mutano anche lo stile fotografico che si adatta ai nuovi generi musicali. Si delineano due correnti stilistiche principali: lo stile patinato e coloratissimo, fotografie destinate alle riviste per adolescenti, ai poster da appendere in cameretta da un lato e dall’altro lato foto sgranate, “sporche”, più rudi e meno lavorate in post-produzione e camera oscura.

La fotografia digitale segna una rivoluzione, velocizza e facilita il lavoro del fotografo musicale che può scattare foto in sequenza con più facilità. Anche l’attrezzatura si alleggerisce: al posto dei rullini, i file sono più facili da gestire, ma anche più facili da elaborare e “modificare”. Si velocizzano inoltre i tempi di consegna presso i committenti. Aumenta, infine, la “concorrenza” tra i fotografi perché aumentano gli estimatori della fotografia e di quella musicale in particolare perché permette di entrare in contatto con il favoloso mondo dello showbiz, delle luci e delle ombre nel mondo dello spettacolo.

L’era digitale dei social network e della mobile photography stravolge ancora una volta il mondo della fotografia musicale. L’approccio alla fotografia cambia e il ruolo del fotografo nell’era di internet e dei social media viene messa in discussione: gli artisti imparano a fare da sé, quanti si affidavano al fotografo per documentare un concerto o promuovere un lavoro decidono di affidarsi ai social media e alla libertà di pubblicare e filtrare le immagini secondo il proprio punto di vista ed esperienza. I musicisti evitano così “interferenze” nelle scelte dell’immagine da offrire di sé al pubblico.

fotografia musicale
Iggy Pop © Stian Andersen
Il paradosso dei social media

Con l’avvento dei social media, la fotografia musicale è stata messa a dura prova, ma è diventata – paradossalmente più importante e strategica. Se da un lato, la fotografia per i musicisti è diventata fondamentale per prendersi cura della propria immagine, esponendoli a una maggiore fragilità e all’attenzione degli haters, dall’altro lato il fotografo musicale è il baluardo estremo per “proteggere” l’artista, offrire immagini di qualità, realizzare un racconto più autentico.

L’instant imaging, le piattaforme di streaming, i selfie producono una quantità di immagini destinate a esaurirsi e “bruciarsi” rapidamente nel tempo. Un po’ come avviene con la musica stessa. Molti artisti ritengono necessario rinunciare alla figura del fotografo professionista perché è sufficiente scattare foto con lo smartphone e condividerle sui social. I fan hanno libero accesso all’intimità della vita da rock star e di viverla in contemporanea con i loro beniamini pochi istanti prima di salire sul palco.

Il ruolo del fotografo musicale diventa, tuttavia, risolutore oggi. Contrariamente al mainstreaming, sempre più band ingaggiano fotografi professionisti e registi che li possano seguire in concerto per realizzare prodotti di qualità da destinare al pubblico: DVD, tour book ben studiati e realizzati ad hoc, concedendo ai fan uno sguardo più intimo al lavoro che si nasconde dietro le quinte, una finestra più accessibile e controllata allo stesso tempo anche sulla loro vita privata, i momenti di relax, gli spostamenti, cosa amano leggere e i momenti di ispirazione e composizione tra un tour e l’altro. Tutto documentato, ma con qualità e livello superiore. La fotografia musicale fa parte dei conti in bilancio e dell’investimento di un artista.

Curiosità sul lavoro dei fotografi musicali
Fotografia musicale
Keith Flint (Prodigy) © Stian Andersen

Agli albori della fotografia musicale, i professionisti che venivano ingaggiati avevano più libertà di movimento e una maggiore possibilità di entrare in simbiosi e conoscere profondamente i musicisti a cui venivano affiancati. Ciò rendeva la documentazione storica della musica qualcosa di innovativo e quasi necessario.

Tuttavia, l’invadenza e la prepotenza di un certo tipo di stampa e di fotografia aggressiva e incontrollata impone l’obbligo di istituire delle regole. Una delle regole più rivoluzionarie nella fotografia musicale è quella nota come: “tre pezzi, no flash” che consiste nella concessione di scattare foto – senza usare il flash – solo durante i primi tre brani di un concerto.

La regola fu imposta da alcuni musicisti di New York – la leggenda vuole che sia stato per primo Bruce Springsteen a richiederla.

Negli anni ’80, infatti, venivano assegnati molti accrediti e pass a fotografi di qualsiasi natura, non necessariamente musicali; quindi anche afferenti a riviste di gossip o giornali locali e paparazzi. Durante i concerti scattavano foto a raffica usando i flash, disturbando l’esecuzione, interferendo sul palco per catturare l’attimo fuggente. Le foto che uscivano fuori spesso si discostavano dall’iconografia creata intorno al personaggio. I musicisti cominciano, così, a richiedere maggiore rispetto del loro lavoro e di non concedere a chiunque di “sbirciare” nei camerini.

Le regole oggi sono ancora più stringenti. Oltre al “tre pezzi, no flash”, molti artisti impongono il limite al solo primo brano oppure vietano l’accesso al pit, con l’obbligo di fotografare dal mixer. Ciò impone al fotografo di utilizzare un’attrezzatura più costosa e impegnativa per poter fare foto di alta definizione con lo zoom.

Il fotografo musicale oggi

I limiti imposti riducono notevolmente la possibilità di entrare in simbiosi con gli artisti rispetto al passato, e costringe il fotografo a scattare un notevole numero di foto in poco tempo, sapendo che non è durante i primi tre brani di un concerto che si riesce a cogliere l’effetto “wow” quando le luci non sono ideali e delle migliori condizioni. Inoltre, il rapporto diretto con l’artista è sempre più difficile e inaccessibile, filtrato da una barriera di manager, assistenti, segretari, agenzie. Quanto più l’artista è importante, tanto maggiori si complicano le dinamiche. La libertà creativa del fotografo viene limitata, almeno ché non si tratti di un ingaggio o un lavoro espressamente commissionato.

La vita del fotografo nel mondo dello spettacolo non è mai stata facile. La fotografia musicale oggi non riscuote più la stessa risonanza e lo stesso status che aveva 40 anni fa. La bulimia da immagini provocata dai social media rende sempre più indistinta la fotografia e la capacità di stupirsi dinanzi ad uno scatto immortale o riconoscere la portata storica e il valore di documentazione di una fotografia. Tuttavia, è sempre l’uomo a fare la differenza. Dietro l’obiettivo c’è sempre qualcuno dotato di quella sensibilità in grado di cogliere la più improbabile delle fortune che permette a una foto di rimanere nella memoria collettiva come iconica e leggendaria e di far nascere da una celebrità, un’altra celebrità.

— Onda Musicale

Tags: David Bowie, Jimi Hendrix, Iggy Pop, Bruce Springsteen
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