Gli Skiantos nascono nella seconda metà degli anni ’70 a Bologna. Non a caso il capoluogo emiliano è il crocevia delle tensioni controculturali e la culla del punk italiano.
Mente del progetto è Roberto Antoni, detto Freak, giovane musicista laureatosi al DAMS con una tesi sui Beatles. Alcuni ragazzi provenienti dallo stesso humus culturale si riuniscono nella sua cantina per pestare sugli strumenti, con tanta foga e poca tecnica: nascono così gli Skiantos. (leggi l’articolo)
Un anno dopo la formazione si assesta con Freak Antoni alla voce; al suo fianco Andrea Jimmy Bellafronte Setti e Stefano Sbarbo Cavedoni. Alla chitarra Fabio Dandy Bestia Testoni e Andrea Andy Bellombrosa Dalla Valle. La sezione ritmica è sostenuta a dovere dal basso di Franco Frankie Grossolani Villani e dalla batteria di Leo Tormento Pestoduro Ghezzi. I soprannomi fanno parte dell’immagine della band. Dal vivo, poi, i ragazzi bolognesi sono dei provocatori nati; spesso sfidano il pubblico con trovate tra futurismo, avanguardia e Petrolini.
Abbiamo contattato Fabio Dandy Bestia Testoni e gli abbiamo rivolto alcune domande.
Gli Skiantos sono legati nell’immaginario collettivo agli anni ’70, al decennio di piombo e in particolare al Movimento del ’77. Com’era il clima di Bologna in quel periodo e che musica girava?
“A Freak piaceva chiamarli “anni di pongo” perchè furono anni anche molto creativi la parte del piombo venne esercitata da una minoranza esigua ma molto rumorosa rispetto al resto multicolorato e assai eterogeneo del movimento. L’atmosfera che si respirava a Bologna – ci racconta Dandy Bestia – si può sintetizzare nell’impressione che si potesse fare, a livello creativo, qualsiasi cosa.”
L’iconografia lega la nascita degli Skiantos a una jam session notturna e quasi casuale da cui nacque “Inascoltabile”. Davvero è andata così e cosa ci puoi raccontare di quella notte?
“E’ andata così: l’unico che aveva una seppur vaga idea delle canzoni che avremmo dovuto registrare ero io che ci avevo già dato un’occhiata con Freak, il batterista, di cui ricordo solo il nome, Luciano, suonava con me nei night clubs (cosa che io allora facevo per mantenermi) e non sapeva nulla di ciò che avrebbe suonato (infatti non volle essere citato nei crediti perchè si vergognava) come del resto il bassista, Ringo Starter (vero cognome Sarti) che suonò la traccia di basso così male che Gianni Gitti, amico fonico e produttore di fatto, decise di escluderla, così ne ritagliammo un tratto di circa quaranta secondi (di solo basso) e lo intitolammo “Inascoltable” che poi diede il titolo all’intero album. In parole povere abbiamo improvvisato tutto eppure uscirono piccole perle come “Sono rozzo sono grezzo” o “Blues a balues”.“
Bologna Rock e il 2 aprile del 1979: va in scena una vera e propria performance d’avanguardia, con la band che cucina sul palco e non suona neppure una nota. La realtà si confonde con la leggenda, cosa successe realmente?
“Successe che cucinarono gli spaghetti e non suonarono fra il disappunto “palpabile” del pubblico che tirò sul palco di tutto: una perfetta performance dadaista: io ero spettatore, mi avevano appena cacciato dal gruppo perchè insopportabile.“
“MonoTONO” e “Kinotto” vengono indicati sempre come i vostri capolavori dalla critica, mentre i successivi sono un po’ snobbati. Sei d’accordo? Quale titolo pensi che sia invece da rivalutare?
“Beh potrei citare “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti” del 1987 dove ci sono “Sono un ribelle mamma” e “Gli italiani son felici”, oppure “Signore dei dischi” del 1992 prodotto da Guido Elmi dove c’è “Italiano terrone che amo” e anche “Saluti da Cortina” del 1993 sempre prodotto da Guido Elmi dove c’è “Il chiodo” che è appena stata riarrangiata e reinterpretata molto bene dal mio amico Fede Poggipollini.“
Il vostro particolare genere non ha trovato grandi eredi, a parte per certi versi il fenomeno di Elio e le storie tese, come mai? Forse davvero in Italia “non c’è gusto a essere intelligenti”?
“Era un gioco inventato da Freak, ennesima provocazione: fare un gruppo dove nessuno sapesse suonare, ma a parte il primo disco dove nessuno sapeva cosa avrebbe fatto, gli altri sono suonati tutti molto bene.”
Dicevate di non saper suonare, eppure Dandy Bestia è un punto di riferimento tra i chitarristi rock italiani. Quali sono – come strumentista – i tuoi punti di riferimento? Quale chitarrista ti ha ispirato o ti ispira ancora oggi?
“Sono tanti i chitarristi a cui ho rubato qualcosa: da Keith Richards a Jimi Hendrix, Jeff Beck, Eric Clapton, Jimmy Page, Carlos Santana, Ritchie Blackmore anche se quello che mi piace di più è Jeff Beck.“
Una frase, o se vuoi di più, per ricordare il grande Freak Antoni
“Una delle sue più famose: si dice che una volta toccato il fondo non puoi che risalire, a me capita di cominciare a scavare.“
Gli Skiantos oggi, tra restrizioni e nuove generazioni, come prosegue la vostra avventura?
“Stiamo musicando e registrando dei testi che Freak mi ha lasciato e naturalmente continuiamo a suonare dal vivo.”
(la fotografia è di Roberto Serra)