Musica

Nick Mason: “Questi sono i nostri inizi senza esibizionismi”

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ll batterista della storica band ha curato il box sui primi anni dei Pink Floyd: “Qui c’è tutto, anche ciò che avrei preferito dimenticare”.

Lo studio londinese di Nick Mason è arredato anche con la Ferrari numero 27 di Michele Alboreto, testimonianza evidente della seconda passione più importante della vita del batterista dei Pink Floyd. La prima, naturalmente, è la band, che ha contribuito a fondare nel 1965 e per la quale ha suonato in ogni album da allora uscito. 

Il cofanetto “The Early Years 1965-1972“, 27 dischi raccolti in sette volumi, in uscita venerdì (giorno in cui Rtl 102.5 trasmetterà la versione integrale di questa intervista) è più che altro opera sua.  

Più ancora che a Roger Waters e David Gilmour il lavoro di catalogazione e ricerca è toccato a lei.  

«Sì è stata dura, ma ora sono molto soddisfatto. Il cofanetto vuole mettere in risalto l’evoluzione della band sin dagli esordi alla vigilia di quello che qualcuno ha definito “uno degli album più importanti di tutti i tempi”. C’è tutto il periodo con Syd Barrett, anni che ci videro passare da sei concerti l’anno (1965) a circa duecento». 

 

Quando parla di uno degli album più importante di tutti i tempi si riferisce a «The Dark Side of the Moon»?  

«Per una certa idiosincrasia nei confronti di chi si loda e si bea dei suoi successi io e i miei compagni di ventura preferiamo che a dirlo siano gli altri». 

 

Grazie a questa raccolta i fan potranno ascoltare la storia della nascita del vostro progressive rock psichedelico quando vi incontraste al Politecnico di Architettura a Londra fino alla dipartita di Syd e l’arrivo di David Gilmour. Ma ci sono anche i film.  

«Sì, The Committee, More e La Vallée (Obscured By Clouds), più altre riprese live. Per me questa ricerca è stata anche molto difficile e piena di insidie, perché quando vai a rivisitare il tuo passato trovi sempre oggetti bellissimi insieme a cose che avresti preferito dimenticare». 

 

Il Victoria & Albert Museum di Londra dal 13 maggio 2017 vi dedicherà la mostra «The Mortal Remains». Un po’ come è successo per David Bowie il pubblico vedrà da vicino oggetti che hanno fatto la storia dei Pink Floyd.  

«L’idea è nata proprio grazie a quanto è stato fatto per David. Abbiamo visto quella mostra e così abbiamo accettato molto volentieri l’invito del museo. Ci saranno in esposizione circa 350 oggetti. Li ho catalogati personalmente uno a uno». 

 

Qual è stato il criterio della scelta dei sette cofanetti video/musicali?  

«Nel primo, dal 1965 al 1967, c’è il periodo degli esordi dei Pink Floyd con Syd Barrett; il secondo segue l’abbandono di Syd e la svolta strumentale; il terzo punta sulla suite The Man and The Journey, un live concettuale in due parti che copriva un periodo di 24 ore tra sogno, risveglio e altre attività. Negli altri, poi, ci sono moltissime chicche, come i tre brani pubblicati nella colonna sonora di Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni, oppure la versione originale mai pubblicata di Echoes, materiale live inedito con brani da uno spettacolo di danza coreografato da Roland Petit. Non manca materiale video da Live At Pompeii e pure la sonorizzazione live dello sbarco sulla Luna del 1969 che facemmo per la Nasa».  

 

Quindi in «The Early Years» c’è tutto ma solo fino al 1972. E stiamo parlando solo dei primi sette anni della vostra vita artistica. Dal ’73 in poi avete fatto la storia della musica.  

«The Dark Side of the Moon ha cambiato le carte in tavola per noi. Il mondo che ci girava attorno ha capito subito e apprezzato quell’album. Negli anni abbiamo sofferto per perdite e litigi interni, ma siamo sempre cresciuti senza mai diventare parte dell’establishment musicale. Non siamo mai stati vittime di un esibizionismo, anche sonoro, fine a se stesso». 

 

Ci spieghi meglio.  

«Forma e sostanza devono essere il nocciolo del contenuto. I Pink Floyd lo hanno dimostrato». 

 

«The Endless River» è da considerare l’ultimo capitolo della vostra storia?  

«Non sta a me dirlo. Mi pare che Roger e David dimostrino ancora una gran voglia di scrivere musica e di andare in giro a suonarla. Verrebbe da rispondere con un laconico: “Mai dire mai”. Però preferisco dire che sarà il destino a decidere per noi». 

(tratto da www.lastampa.it – link)

 

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— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd/David Gilmour/Roger Waters/Nick Mason/Syd Barrett/The Early Years
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