“Melinda was mine/‘Til the time that I found her/Holding Jim, loving him/Then Sue came along, loved me strong/That’s what I thought/Me and Sue, but that died too”.
Queste le parole che introducono questa malinconica ballata del cantautore americano Neil Diamond che cantava questa serie autobiografica di sfortunati amori all’epoca del suo esordio, nel 1966, con “The Feel of Neil Diamond”.
La canzone parla infatti di un susseguirsi di donne che sembrano tutte quella giusta, ma questo si rivela falso. Il protagonista decide quindi di lasciar stare fino a che non troverà la ragazza giusta. Fino ad allora, sarà un uomo solitario. Il brano è letteralmente figlio del suo tempo con il giro di batteria ed i fiati da big band in evidenza. Tra le cover segnaliamo quella di un altro solitary man, Johnny Cash.
Come avevamo già detto qui (leggi l’articolo) Cash opta per un arrangiamento più scarno e ridotto all’osso con lui e Tom Petty alle chitarre acustiche ed ai cori. Da ricordare che Neil Diamond era anche uno dei cantautori preferiti di Cash, assieme a Bob Dylan, ed avevano anche suonato insieme nello show televisivo dell’uomo in nero. Un soprannome dato a Cash dato il suo monocromatico vestiario.
Il pezzo comunque dà anche il titolo all’album in cui è contenuto, “American III: Solitary Man” del 2000. Tra le versioni italiane c’è anche quella di Mauro Ermanno Giovanardi che viene tradotta con “Se perdo anche te”.