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The Masterplan: l’ultimo grande disco degli Oasis

Oasis

Qualcuno di voi ha, per caso, mai sentito parlare di quella compilation che nel 1998 si propose di raccogliere i migliori lati b degli Oasis?

Non mi rivolgo ai più fini appassionati del gruppo, quanto agli appassionati di musica rock in generale, cui quasi sicuramente sarà sfuggito questo autentico gioiello, nascosto nei meandri di una discografia fatta di alti che sanno di classico e di bassi che – siamo onesti – non hanno mai del tutto sfigurato.

Inizialmente pensato per la sola pubblicazione in paesi quali Stati Uniti e Giappone, The Masterplan fu l’ultimo lavoro dei fratelli Gallagher sotto la storica Creation Records – etichetta discografica indipendente fondata da Alan McGee –, arrivato giusto un anno dopo la pubblicazione del terzo Be Here Now, quest’ultimoconsiderato ancora oggi disco-simbolo del canto del cigno del movimento Britpop e – dalla stragrande maggioranza degli ascoltatori distratti –ultimo disco degno di nota degli Oasis.

La chiarezza di Noel Gallagher al tempo – durante un’esibizione acustica per MTV Sonic nel novembre del 1997 a Milano – fu disarmante e priva di qualunque spazio aperto alle interpretazioni: nuova musica non sarebbe arrivata nel breve periodo; la band, infatti, aveva un disperato bisogno di fermarsi per riorganizzare le idee, dopo un paio di annate costellate da concerti memorabili – Knebworth compreso – e studio sessions più o meno turbolente. E si può dire che The Masterplan fu l’unico segnale di vita degli Oasis poco prima del 2000, i quali decisero di raggruppare 14 delle loro migliori b-sides – già presenti all’interno dei singoli pubblicati nel quadriennio ’94-’97 – in un unico disco, oggi considerato da poche unità come l’ultimo vero grande “album” dei mancuniani.

Riscoprire questo progetto degli Oasis significa riscoprire e rivivere il totale stato di grazia vissuto dalla formazione e dalla scrittura del maggiore di casa Gallagher, ispirato come mai più dopo di allora. Il suo incontrastabile fiuto per la melodia e il suo talento lirico – così come l’impeccabile interpretazione di molti brani da parte del fratello minore – infatti, sono gli elementi principali che emergono da poco più di un’ora di ascolto, guidata dall’alternarsi delle voci dei due litigiosi leaders, nel più classico dei contrasti presenti all’interno dei loro dischi. The Masterplan, insomma, ci aiuta a riconoscere tutta la grandezza dei britannici che, con brani esclusi dagli album veri e propri, furono in grado di riempire un disco di pregevole fattura, ben superiore a tanti altri lavori composti da soli inediti (quindi, da sole prime scelte), propri e non.

Brani che ancora oggi sono ricordati, richiesti e prontamente portati sul palco dallo stesso Liam Gallagher, che evidentemente non si è mai dimenticato di un vero e proprio inno come Acquiesce, una delle storiche opening tracks dei concerti del gruppo. Listen Up, Underneath The Sky, Stay Young, Headshrinker, Talk Tonight, la titletrack – giusto per citarne alcune –, offrono un ritratto fedele di quella che fu la qualità espressa dai mancuniani nei primi anni d’attività, una qualità che volente o nolente fu molto difficile ritrovare più avanti, complici anche gli importanti abbandoni di membri collaudati come Paul “Bonehead” Arthurs prima, e Paul “Guigsy” McGuigan dopo.

Conosciamo bene la parabola discendente che da lì in poi caratterizzerà la carriera del gruppo negli anni successivi al 1998, animati da insoliti momenti all’insegna della sperimentazione (vedi Standing On The Shoulder Of Giants), da piacevoli sorprese musicali (vedi Don’t Believe The Truth) e da molte performance live rovinate dal progressivo aggravarsi della tiroidite di Hashimoto, malattia che – com’è noto – creerà non pochi grattacapi all’iconico frontman.

Quello che spesso, però, non viene sottolineato a sufficienza è proprio il lascito antecedente all’inizio del secondo millennio, lascito di cui anche The Masterplan si fa interprete e a pieno titolo. Perché The Masterplan, in fondo, non è nient’altro che una chiara fotografia del genio artistico di un ragazzo – profondamente innamorato di un certo tipo di musica – che amava passare le sue giornate a scrivere canzoni, scattata quasi per gioco da un fratellino più scalmanato, che non sapeva fare nient’altro che dare voce a quelle stesse canzoni.

E (forse) persino meglio del loro legittimo proprietario.

(scritto da Ciro Arena)

— Onda Musicale

Tags: Noel Gallagher, Liam Gallagher, Oasis
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