L’inizio di un nuovo millennio, un mappamondo illuminato in copertina e tanta voglia di raccontarsi: si potrebbe così riassumere in poche parole lo storico Parachutes, pubblicato nel 2000 per Parlophone Records da una band londinese, tutt’oggi conosciuta con il nome di Coldplay.
Un giovanissimo Chris Martin si presentava al mondo con singoli ad alto tasso di emotività – che ancora oggi scuotono i cuori di milioni di fans della prima ora –, come la fortunata Yellow o la meno conosciuta Shiver, rispettivamente situate al quinto ed al secondo posto della tracklist del disco.
Registrato in un’unica take – con tanto di falsetto ridondante –, Shiver è senz’altro uno dei brani più sottovalutati dell’intera discografia degli inglesi, ma che forse meglio ne riesce a descrivere il potenziale emotivo, e con qualche particolare linea guida riguardo alla sensibilità del frontman dei Coldplay. Infatti, sarà proprio Martin a presentarci questa canzone come una perfetta “stalking song” – esattamente come lo era stata Every Breath You Take dei Police anni prima –, dove un protagonista piuttosto inquieto – e quasi agonizzante, a giudicare dalla voce – ci confessa senza mezzi termini di essere pronto ad aspettare per sempre un amore non corrisposto per una ragazza che non sembra minimamente curarsi di lui.
L’identità di questa musa ispiratrice, d’altronde, rimane ancora oggi un vero e proprio mistero: c’è chi parlò dell’allora compagna del cantante Natalie Imbruglia e chi semplicemente pensò a niente di più che qualche amore giovanile, capace di influenzarne in maniera profonda l’operato. Ma, dopotutto, poco importa. Martin scrive il brano ascoltando Jeff Buckley – risentendo non poco della sua Grace – in una giornata particolarmente cupa del 1998 – pervasa da un clima di totale disillusione nei confronti dell’amore e della vita –, che sembrava non avere assolutamente nulla da offrire, niente da raccontare. Shiver fu come un colpo di fucile sparato in piena notte: forte ed inaspettato.
All’epoca descritto dalla band stessa come la loro canzone più “sfacciata”, fu in un primo momento scartato dall’A&R Dan Keeling, il quale arrivò persino ad affermare di non riuscire a percepirvi alcuna passione al suo interno. Keeling, quindi, deluso dalle primissime demo del brano, chiese delle nuove registrazioni che si concretizzarono in due diversi studi tra Galles ed Inghilterra: i Rockfield Studios vicino Monmouth ed i Parr Street Studios di Liverpool.
A quel punto la storia prenderà una piega non troppo diversa: tra le varie takes registrate, infatti, Martin e soci decideranno di utilizzare proprio la prima, registrata tutta d’un fiato e con una facilità che ancor oggi risulta a dir poco sconvolgente. L’intensità, la passione, il dramma amoroso si trasformeranno in elementi vitali per la resa finale della track e dell’intero disco di debutto, talvolta amato e talvolta odiato da fan e critica. L’immediatezza del cantato – combinata ad un’impeccabile interpretazione densa di pathos – si lega in maniera pressochè perfetta ad un arrangiamento efficace, costruito su un saliscendi ritmico in pura salsa alt-rock. Pitchfork parlò di “unico brano decente” presente all’interno di Parachutes; il mondo rispose con una 35esima posizione nella UK singles chart e con una 26esima posizione nella ben più ambita US Billboard Hot Modern Rock Tracks; la storia, invece, sentenziò con assoluta chiarezza e con scarso diritto di replica, rendendo Shiver un vero e proprio classico riconosciuto dei Coldplay, forti di un periodo piuttosto prolifico sotto il profilo artistico, che oggi è capace di farsi fonte di autentica nostalgia per i suoi sostenitori più affezionati, sonoramente rapiti da quella genuinità così ben espressa nei primi anni d’attività.
In poche parole, Shiver dei Coldplay vince perché sincera, perché diretta, perché capace di descrivere un sentimento universale e – per questo – universalmente comprensibile. Perché capace di arrivare laddove nemmeno la critica più autorevole potrebbe, e in poco più di 5 minuti di traccia. Perché all’infuori di quei 5 minuti, in fondo, nessuna spiegazione riuscirebbe mai ad eguagliare il valore di un’emozione, a catturarne l’essenza, a strutturarne in maniera dettagliata le fasi.
È matematico. È l’insostenibile bellezza del dramma.
(scritto da Ciro Arena)