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David Gilmour (in un’intervista del 2006) e le sue canzoni preferite dei Pink Floyd

I Pink Floyd sono una band che rende i propri fan quasi incapaci di spiegare – a chi non li conosce – il motivo per cui sono tanto amati.

C’è una tale qualità nella musica che i Pink Floyd hanno creato, per cui è davvero difficile valutare (in maniera obiettiva) quale possa essere il disco migliore e quello peggiore, fra le altre cose pratica piuttosto diffusa fra un certo tipo di fan. Loro stessi non si sono mai sbilanciati (o quasi mai) sulla loro opera migliore o, comunque, quelle preferita. Certo The Dark Side Of The Moon appare, a mio avviso, un disco inarrivabile. Da tutti i punti di vista. Ma in questo articolo indicheremo i preferiti di Gilmour.

Queste considerazioni hanno portato inevitabilmente la band a non pronunciarsi mai riguardo la propria discografia, a differenza di altre band – come Led Zeppelin e Beatles – che sono spesso state impegnate a individuare gli alti e bassi delle loro produzioni musicali. I Floyd, in linea generale, si sono astenuti dal farlo. C’è solo un’occasione in cui il chitarrista della band, David Gilmour, ha indicato le sue canzoni preferite ed è quello di cui vi parleremo in questo articolo.

La scelta di Gilmour è, comunque, difficile da valutare

Gilmour è spesso stato in contrapposizione con la forte personalità (a volte anche troppo invadente) di Roger Waters il quale lo ha spesso relegato ad un ruolo (quasi) da comprimario. Almeno fino all’uscita (volontaria) di Waters dai Pink Floyd. Il seguito è stato una sorta di “seconda giovinezza” per il biondo chitarrista inglese il quale ha sfornato una serie non indifferente (almeno dal punto di vista qualitativo, forse non quantitativo) di dischi solisti. Immaginiamo quindi il suo disappunto nel dover sempre – o quasi – rispondere a domande dei fan sui Pink Floyd invece che sulla sua interessante carriera solista. Ma questo è quello che succede quando hai fatto parte di una delle band più influenti di tutti i tempi. Mutatis mutandis.

2006 e l’intervista rilasciata a Billboard

Nel 2006 Billboard ha parlato con David Gilmour e, nel mezzo di un’intensa intervista in cui è stato discusso praticamente ogni aspetto della sua carriera, il chitarrista di Cambridge, oggi 76 anni, ha risposto alla domanda su quali fossero le sue canzoni preferite dei Pink Floyd. Gilmour ha elencato alcuni classici dei Floyd, specificando che la lista avrebbe potuto essere molto lunga.

Scegliendone due dall’album Wish You Were Here, ha affermato: “Shine On You Crazy Diamond e Wish You Were Here sono tracce straordinarie”. Sucecssivamente David ha scelto probabilmente la canzone più nota (almeno per il grande pubblico) della band, tratta dal disco The Wall: “Comfortably Numb“, una canzone per la quale Gilmour riserva un affetto speciale.

Gilmour potrebbe non aver indicato tutte le canzoni come le sue preferite, ma alla fine è stato al gioco quando ha detto: “High Hopes di The Division Bell è una delle mie tracce preferite di tutti i tempi dei Pink Floyd ma anche The Great Gig in the Sky e Echoes“. Alla fine ha affermato: “ce ne sono molte.”

‘Shine On You Crazy Diamond’

E’ una lunga suite composta da 9 parti, solitamente suddivisa in due: la prima che apre l’album va dalla parte I alla parte V, la seconda, che lo chiude, dalla parte VI alla parte IX. Uno dei più grandi capolavori che siano mai stati realizzati dai Pink Floyd, spesso oggetto di discussioni riguardanti l’attribuzione del brano, ancora oggi viene riconosciuto come uno dei brani più belli che siano mai stati compiuti nella storia della musica. La canzone fu eseguita per la prima volta durante il tour francese nel 1974 e l’anno successivo fu inserita nel concept album “Wish You Were Here del 12 settembre 1975.

‘Wish You Were Here’

È il 12 settembre 1975 e nello studio 3 di Abbey Road l’anima prende corpo e si trasforma in musica. I Pink Floyd plasmano il secondo concept album della loro carriera: Wish you were here. Chissà quante volte avrete già ascoltato il capolavoro che è Wish You Were Here. Oppure non è mai successo ancora? Non importa. C’è sempre un ottimo motivo per farlo, e provare emozioni ogni volta sorprendenti.

Comfortably Numb

E’ contenuta in The Wall, undicesimo disco della progressive band britannica, uscito il 30 novembre 1979. Il brano è il sesto del lato B del secondo disco The Wall e certamente si tratta di una canzone senza tempo, quasi immortale e una delle più amate dai numerosi fans dei Pink Floyd. Il brano dura poco più di sei minuti ed inizia con il basso e con la batteria, ai quali si uniscono, successivamente, la chitarra e le tastiere. E’ strutturata in modo da sembrare un dialogo fra un medico (Waters) e Pink (Gilmour)

Il brano è semplicemente un capolavoro, un’autentica opera d’arte come la Gioconda o la Grande Muraglia Cinese. Un colpo di genio del binomio Waters-Gilmour, reso ancora più apprezzabile da alcune piccole geniali invenzioni, come il grido che accompagna l’inizio della seconda strofa. Questo passaggio, autentico colpo di genio, rimarrà per sempre negli annali della musica rock e nell’immaginario musicale collettivo di chi ha ascoltato, almeno una volta, il brano.

‘High Hopes’

Il brano è tratto dal loro album The Division Bell, scritto da David Gilmour e Polly Samson. Tratta di ciò che si è ottenuto o perso nella propria vita, e tutto il testo ha una forte valenza autobiografica per Gilmour. Douglas Adams, un amico di Gilmour, scelse il nome da dare all’album proprio dalle parole che vi sono nel testo dove vi è un riferimento alla “division bell” del parlamento inglese.

The Great Gig in the Sky

Il brano, contenuto nell’album The Dark Side of the Moon del 1973, all’inizio era stato pensato per essere soltanto strumentale, una specie di brano di raccordo tra la fine del lato A e Money, prima traccia del lato B, in versione originale. La struttura strumentale però non convinceva i musicisti, o meglio il loro ingegnere del suono: Alan Parsons.

‘Echoes’

E’ la sesta canzone del celeberrimo Meddle, disco d’oro in Italia, Francia Germania e Regno unito ed è (anche) ricordata per il celebre verso dei gabbiani. La particolarità di questo effetto non è nella sonorità in sé (già comunque apprezzabile) ma nel fatto che David sia andato oltre questo “inconveniente” (uno sbaglio del suo roadie) e abbia cercato di inserirlo in una canzone. Certamente non deve essergli piaciuto particolarmente appena ascoltato ma ne ha intuito le potenzialità al punto da utilizzare molto questa tecnica.

Anche prima della nascita di ′Echoes′′. Infatti, questo effetto può essere ascoltato nelle prime versioni della canzone ′′Embryo′′ (del 1970 ma mai pubblicata) e anche in ′′Is There Anybody Out There′′ dal disco The Wall (1979). L’ effetto gabbiano (come è ormai comunemente chiamato) è stato quindi portato da ′′Embryo′′ a ′′Echoes” e, nonostante l’effetto rimanga lo stesso negli anni, David a volte ha aggiunto un MXR Phase 90 per un risultato ancora più spettacolare.

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, Wish You Were Here, Roger Waters, The Wall, The Dark Side of the Moon, Alan Parsons, Polly Samson, Echoes
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