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Iron Maiden: un percorso a ritroso, dall’ultimo disco fino alla nascita della New Wave of British Heavy Metal

“Senjutsu”, il nuovo album degli Iron Maiden che apre una nuova era.

Tra tutti gli elementi che ci circondano la musica è senza dubbio quella che da modo di assaporare per un attimo l’immortalità, è quella dose giusta che serve a stimolare tutti i sensi, il modo corretto per affrontare la vita ed è l’elemento che regala senza dubbio tanta longevità. Tra tutti i generi  musicali che si sono sviluppati nel corso del tempo il rock e l’heavy metal sono quelli che più sintetizzano queste caratteristiche e gli Iron Maiden sono quelli che con forza e fierezza sventolano questa bandiera.

La New Wave of British Heavy Metal

Questi signorotti inglesi, insieme a gruppi come Saxon, Def Leppard, Venom, fanno parte della New Wave of British Heavy Metal. Ancora oggi continuano a contribuire e rafforzare questa scena. Proprio il 15 Luglio del 2021 ha preso vita “Senjutsu”,  17° lavoro in studio. Durante un periodo pandemico  così difficile, molte band hanno lavorato benissimo, forse più intensamente del solito, tanto da sfornare prodotti veramente eccelsi. Gli Iron Maiden non sono stati da meno.

L’album è stato preceduto dal singolo “The writing on the wall” che già anticipava la maestosità dell’intera opera, accompagnato da un video animato in collaborazione con Mark Andrews e Andrew Gordon, ex dirigenti della Pixar. Il disco è stato registrato nel 2019 presso i Guillaume Tell Studios di Parigi, lo stesso studio adoperato per “The Book of Souls”. Chiuso in cassaforte dal bassista Steve Harris dopo solo un paio di ascolti verrà poi pubblicato poco tempo fa.

Si tratta di un doppio album composto da 10 tracce per un totale di 82 minuti di musica incredibile, un vero e proprio giro sulle montagne russe, ogni brano è ricco di elementi sia melodici che aggressivi, il ritorno, a partire dall’album “Brave New World”, di Bruce Dickinson e Adrian Smith in formazione, ha potenziato esponenzialmente il comparto del songwriting sia da un punto di vista delle tematiche adottate sia per la grande qualità e varietà di strutture all’interno delle canzoni.

E’ stato un ritorno con grande stile, ma con la “Vergine di Ferro” si possono certamente dormire sogni tranquilli

L’album è stato accolto benissimo dalla critica e dal pubblico raggiungendo il primo posto in classifica in molti paesi, tra cui l’Italia, dove la band è sempre stata molto seguita e acclamata soprattutto in sede live. Gli Iron Maiden ormai vantano una carriera quarantennale e sono sempre sulla cresta dell’onda, per loro il tempo sembra non passare mai e per noi non è altro che un dono immenso. Sono sempre stati una band con una certa dimensione, fin dai primi anni e dai primi album, la forza maggiore è sicuramente da attribuire ad un’impeccabile dote tecnica di tutti, una grande precisione melodica e tanto carisma on stage, in più uno degli elementi caratterizzanti, un marchio di fabbrica dei Maiden è la loro Mascotte “Eddie The Head”, in seguito abbreviato in “Eddie T H”, ideato da Derek Riggs; l’idea nacque per abbellire i set live con questa maschera,  ma più si ingigantiva la band più Eddie diventava parte della scenografia e un grande pupazzo semovente e naturalmente una costante su tutti  gli artworks della band.

I primi anni alla ricerca di concerti

Gli Iron Maiden nascono a Leyton, un quartiere della zona orientale di Londra, nel 1975, grazie al bassista Steve Harris al quale si deve gran parte della copiosa discografia. Il nome prende spunto dallo strumento di tortura  detto “Vergine di Norimberga”, ispirazione presa guardando il film La Maschera di Ferro. La primissima formazione era composta da Dave Sullivan e Terry Rance ( Chitarre ), Paul Day ( Voce ) e Ron “Rebel” Matthews ( Batteria ). Dopo il primo concerto al Cart and HorsesDave Murray sostituì uno dei due chitarristi ed  attualmente insieme ad Harris non ha mai abbandonato la band.

In un periodo in cui il punk invadeva l’Inghilterra era molto faticoso poter suonare con assiduità ma i  Maiden riuscirono a farsi strada  grazie al Ruskin Arms, uno dei pochi locali che lasciava esibire band Hard Rock e Heavy Metal. Nel ’78 la band raggiunse una sorta di stabilità con l’ingresso del cantante Paul di Anno e Doug Sampson (batteria) il quale aveva già suonato con Harris negli Smiler (una delle primissime sue band). Venne fuori  con questa formazione il primo EP “The Soundhouse Tapes”  che grazie a Neal Kay ( DJ Heavy Metal ) fu trasmesso in  radio.

Il singolo “Prowler” di colpo comparve nelle classifiche della rivista Sounds e nel ’79 il materiale finì nelle mani del manager Rod Smallwood che subito sembrò interessato, proiettando i giovani Maiden in tour significativi, tra cui quello con i Motorhead e poi un evento al Marquee Club di Londra in cui era presente anche Brian Shepard della EMI. Successivamente, con l’ingresso di Dennis Stratton ( Chitarra ) e Clive Burr ( Batteria ) venne registrato “Running  Free”, esattamente l’8 febbraio del 1979, che finì direttamente in 34° posizione nelle classifiche britanniche portando la band ad esibirsi per la trasmissione Top of the Pop della BBC.

La realizzazione del primo album “Iron Maiden”

Il primo album della band fu realizzato con molta difficoltà, i membri della band si ritrovarono ad affrontare tante peripezie per la pubblicazione perché le etichette all’epoca erano focalizzate sul punk, genere che in quel periodo si espandeva a macchia d’olio in Inghilterra. Dopo aver investito ogni risparmio per portare il loro nome fuori da tutti questi schemi la EMI si convinse a pubblicare l’omonimo “Iron Maiden” il 14 Aprile del 1980. La potenza dell’album , già dall’artwork così di impatto, si fa sentire già con la bellissima “Prowler” uno dei primissimi brani mai composti e sicuramente tra i più rappresentativi; si passa per la romantica “Remember Tomorrow” che Di Anno dedicò a suo padre, fino al singolo “Running Free” manifesto di libertà e tra i brani più eseguiti dal vivo.

Si continua con toni più oscuri con “Phantom of the Opera” ispirato dal film con Lon Chaney e “Transylvania” brano strumentale e progressive che racchiude una miriade di fraseggi davvero innovativi per l’epoca. A metà strada troviamo la ballata “Strange World” e “Charlotte the Harlot” uno dei pochi brani accreditati solo a Murray e dedicato ad una prostituta di nome Charlotte. Chiude questo capolavoro dell’heavy metal  la title-track “Iron Maiden”, brano intramontabile e tra i capolavori assoluti dei Maiden, non a caso presente in tutti i live, spesso e volentieri usata per chiudere i concerti. L’album qualche mese dopo venne pubblicato anche in Canada e Stati Uniti con l’aggiunta del brano “Sanctuary”.

In meno di un anno venne pubblicato “Killers” secondo album e la fine dell’era Di Anno

A distanza di quasi un anno, il 2 Febbraio del 1991, verrà pubblicato il secondo album in studio “Killers”, questo sarà l’ultimo lavoro con Di Anno alla voce e il primo con Adrian Smith alle chitarre. Nonostante il fascino dell’album e la sua maturità più evidente sia dal punto di vista della composizione che del sound, il disco ebbe risultati meno soddisfacenti del primo ma, nonostante tutto, riuscì a piazzarsi al 12° posto delle classifiche britanniche; nella versione canadese e statunitense comparirà anche il brano “Twilight Zone”. L’album non poteva che aprirsi con una vera e propria sinfonia strumentale “Ides Of March” che lascia pregustare tutto il sapore che ne seguirà, da li a poco “Wratchild” un altro grande cavallo di battaglia dei Maiden spesso e volentieri nelle scalette live.

Dopo i primi 4 minuti di musica già si ha la sensazione di essere stati travolti, seguono a ruota “Murders  in the Rue Morgue”,  tratto da una novella di Edgar Allan Poe, “Another Life” e “Genghis Khan” tre brani molto incisivi che evidenziano il sound degli Iron Maiden, quello inconfondibile che conosciamo tutti. Si arriva a “Innocent  Exile” e la monumentale “Killers”, non solo la title-track ma il brano più rappresentativo e completo. Chiudono questa energica corsa di melodie e riffs  “Prodigal Son”, “Purgatory” e “Drifter”.

Dopo “Killers” arriva il cambiamento

Da qui in poi la storia cambia, tante dinamiche e avvenimenti porteranno i Maiden a ridimensionarsi, prima di ogni cosa l’entrata di Bruce Dickinson nella band, all’epoca militava nei Samson , soprannominato  “Air Raid Siren” (Sirena Aerea d’attacco). Il primo album in studio con Bruce fu “The Number of the Beast” e catapultò i Maiden verso un successo mondiale indescrivibile, ancora oggi sono tra i gruppi del genere più influenti e acclamati. Con Bruce la fama degli Iron Maiden è arrivata in ogni angolo del Globo; tra alti e bassi e altri cambi di line up, però non bisogna mai dimenticare da dove sono partiti. I primi due album dei Maiden resteranno sempre una parte fondamentale del panorama heavy metal, per certi versi anche i dischi più rappresentativi della band, molto di questo è dovuto anche al periodo ancora acerbo in cui si affacciava la New Wave of British Heavy Metal. Senza dubbio sono da considerare due perle rare che hanno saputo stimolare e influenzare almeno un paio di generazioni.

(articolo scritto da Sossio Aversana)

— Onda Musicale

Tags: Iron Maiden, Bruce Dickinson, Steve Harris, Dave Murray
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