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Ti ricordi via Macrobio? Il Piero Ciampi più sorprendente nelle radio libere degli anni ‘70

Come spesso accade alla maggior parte degli artisti di nicchia, anche nel caso di Piero Ciampi il pubblico si divide in due categorie: c’è chi non lo conosce affatto e chi di lui conosce tutto, avendone studiato sia la storiografia ufficiale che la ricca aneddotica.

Per questo motivo preferiamo proporvi una chiave di lettura alternativa dell’uomo e dell’artista Piero Ciampi, attraverso la ricostruzione di una “sua” mattinata nel periodo romano, ritraendolo nella quotidianità indolente della Balduina, il quartiere di Roma dove visse fino all’ultimo giorno della sua vita. E scoprirete un Piero Ciampi inedito, molto diverso da come eravate abituati a immaginarlo.

Cosa si conosce di Piero Ciampi?

È stato un poeta e un autore, nonché uno dei primi cantautori italiani. Ideatore di un genere musicale molto difficile da classificare, non è stato influenzato da nessun altro esponente del cantautorato nazionale. Alcuni critici lo hanno accostato a Luigi Tenco ma i due avevano una personalità molto diversa.

Piero Ciampi viene considerato un poeta maledetto. Forse sarà proprio per questo che ha sempre attirato un pubblico dall’animo sensibile. Uno spirito inquieto e solitario, capace di scrivere liriche memorabili e produrre slanci poetici, come di diventare ombroso e chiuso. È stato dipinto anche come un violento ma non v’è certezza. Quel che invece è certo, è che in carriera non ha venduto molti dischi. Negli ultimi anni la sua grandezza è stata riscoperta, soprattutto da un pubblico giovane, attento e dotato di buona cultura.

Nasce a Livorno il 28 settembre 1934 in via Roma, di fronte alla casa natale di Amedeo Modigliani. Subisce le privazioni della guerra, è uno studente dal profitto mediocre che non conseguirà mail il diploma di maturità. Assolve il servizio militare nelle Marche e una volta congedato torna a Livorno dove inizia a lavorare in una fabbrica. Si diletta al contrabbasso che impara a suonare da autodidatta. Tuttavia, inquietudini e insoddisfazioni crescono in modo inversamente proporzionale alle sue finanze.

Nel 1957 si ritrova senza un soldo in tasca e parte all’avventura per Parigi. Strane coincidenze per giovani livornesi dall’animo inquieto, la capitale francese sembra attrarli in modo profondo. Come Amedeo Modigliani, Piero Ciampi muove i suoi primi passi di artista all’ombra della torre Eiffel. Crea uno stile musicale tutto suo, caratterizzato da atmosfere noir, versi asciutti e acuti nonsense.

Ha una voce profonda che si adatta bene al suo fisico asciutto e longilineo, dai tratti eleganti. Nello stile ricorda Charles Aznavour, lo chansonnier di origini armene che non mancherà, a tempo debito, di riconoscergli stima e attenzioni. Le sue canzoni, riconsiderate al tempo di oggi e riprese da alcuni dei nostri cantanti emergenti, danno la misura della brillante stagione cantautorale della seconda metà del Novecento.

A Parigi vive alla giornata, si vocifera che si esibisca per pochi spiccioli. Compone le rime delle sue future canzoni in poche ore, all’interno di qualche rumorosa brasserie. Spesso non ha soldi per mangiare. Tuttavia, si fa conoscere in ambienti parigini più elitari, dove cominciano a chiamarlo l’italianó. Conosce importanti artisti e scrittori, fra i quali Louis-Ferdinand Céline.

Tra il 1958 e il 1970 Ciampi va dove lo porta la musica. Parte per la Svezia come chitarrista, insieme a Luigi Tenco ma l’anno seguente è già di ritorno a Livorno. Diventa amico di Gian Franco Reverberi, un cantante emergente della scuola genovese, che lo convince a trasferirsi a Milano. Nel 1961 riesce finalmente a pubblicare il suo primo disco: Conphiteor, La grotta dell’amore. Il nome che compare in copertina è quello di Piero Litaliano riprendendo, senza l’apostrofo e senza l’accento, l’antico soprannome parigino.

Nel 1963 esce il suo primo album, Piero Litaliano. Il disco non ha successo, né di pubblico né di critica. Natalia Aspesi ne traccia però una recensione che profuma di promozione: nei suoi versi ci si trova qualcosa di abbastanza poetico per riuscire incomprensibile all’amatore abituale di canzonette.

Nonostante la considerazione di una giornalista influente come la Aspesi, Ciampi non sta attraversando un periodo lieto. Torna a Livorno, poi è a Roma con Gaetano Pulvirenti, uno dei fondatori della casa discografica Karim, il quale gli affida la direzione artistica di una piccola etichetta discografica, la Ariel.

1963 – Un giorno o l’altro ti lascerò/E va bene

Ciampi si dedica a composizioni più immediate e orecchiabili e inizia a comporre canzoni per altri interpreti. Tra queste Ho bisogno di vederti che, eseguita da Gigliola Cinquetti e Connie Francis, raggiunge la finale del Festival di Sanremo 1965. La canzone viene ripresa anche da Wilma Goich e Memo Remigi. A quel punto, Ciampi decide di cantarsela da solo: un nuovo insuccesso. Come non ha successo come direttore della Ariel, che chiuderà i battenti di lì a poco. L’ultima fase degli anni Sessanta è caratterizzata dal suo incessante spostarsi per mete improvvisate, senza un motivo preciso, tra Svezia, Spagna, Inghilterra e Irlanda.

Nel 1970 sono trascorsi sette anni dalla pubblicazione del suo unico lavoro. Piero Ciampi sbarca nuovamente a Roma e stavolta sarà un approdo definitivo

Stringe amicizia con Gino Paoli, il cantante del momento, quello che ha portato Sapore di Sale e Il cielo in una stanza in cima a tutte le classifiche. È Paoli il primo ad accorgersi dell’abilità compositiva di Piero Ciampi. Per spingerlo a comporre, canta qualche sua canzone ma si spende per fargli produrre un disco dalla RCA. La casa sulla Tiburtina gli mostra fiducia, concedendogli un corposo anticipo. Ciampi è inquieto, instabile, distratto. Dilapida l’intero anticipo senza riuscire a scrivere nemmeno un pezzo; il contratto viene rescisso. Nello stesso periodo conosce Gianni Marchetti: è un giovane compositore romano, bravissimo come arrangiatore. Tra i due nasce una profonda amicizia e un sodalizio artistico che permetterà la nascita del 45 giri contenente Barbara non c’è e Tu no, probabilmente il pezzo più intenso che Ciampi abbia mai scritto.

Gianni Marchetti sembra essere l’unico a riuscire, musicandone le liriche, ad entrare in sintonia con il suo inaffidabile carattere
Gianni Marchetti in un’immagine degli anni ’60

Nel 1971 è proprio Marchetti a fargli avere un contratto con un’etichetta sussidiaria della RCA, la Amico. Nel panorama musicale italiano Ciampi è diventato un caso. Ennio Melis è il direttore artistico della RCA, si dice che senza il suo benestare nessuno a Roma possa muovere una paglia, si chiami pure Dalla, Venditti o De Gregori.

Tu no è un pezzo potente
1970 – Tu no/Barbara non c’è
Viene considerata la più francese tra le canzoni italiane mentre Ciampi, il più francese dei cantautori italiani

È arrivata l’estate del 1971. Gli italiani impazzano per Senza Rete, il varietà televisivo che va in onda dall’Auditorium Rai di Napoli sul Programma Nazionale, l’attuale Rai 1. La grande novità sta nel fatto che i cantanti, contrariamente a quanto avviene nelle altre trasmissioni, si esibiscono completamente dal vivo, con l’accompagnamento di una grande orchestra, senza utilizzare la rete di sicurezza garantita dal playback. Una puntata è dedicata a Charles Aznavour: lo chansonnier ha ascoltato Tu no rimanendone folgorato. Fa espressa richiesta a Paolo Villaggio di invitare Ciampi a Senza Rete. Canterà Tu no in diretta, entrando direttamente nel sabato sera degli italiani.

Paolo Villaggio è un genio in rampa di lancio. Ha l’argento vivo addosso ed è dotato di uno straordinario spirito di osservazione, una capacità nel saper guardare in profondità l’essenza delle cose. Sta per inventare la maschera di Fantozzi, una delle icone più rappresentative del secondo Novecento italiano. Tuttavia, tradito dalla sua stessa esuberanza, nel presentare Piero Ciampi, Villaggio commette una serie di errori. È abituato ad interagire con star disinvolte ed eccentriche come Mina o la Vanoni, quando – baldanzosamente – annuncia: “Accogliamolo con un applauso speciale, è Piero Ciampi”.

Appare sul teleschermo un uomo alto e allampanato, che incede lentamente verso il microfono. Gli spettatori non sanno chi sia. Villaggio inizia ad esortare il pubblico, sostiene che Ciampi ha paura, anzi terrore. Poi lo invita ad avvicinarsi al microfono e a parlare guardando il pubblico in faccia, attraverso la telecamera. Da casa si intuisce immediatamente che qualcosa non sta andando come vorrebbe il conduttore. Ciampi si mantiene a distanza da Villaggio e con una faccia serissima puntualizza che “non si tratta di paura, ma un senso di imbarazzo”. Ripreso sullo sfondo, anche Pino Calvi, il direttore dell’orchestra, inizia a palesare segni di impazienza. Perché Ciampi, inconsapevole dei tempi e delle pause televisive, sta continuando a spiegare il suo atteggiamento come se nulla fosse: “sono venuto qui per cantare una canzone e mi sembra che questo dica tutto. Uno arriva, canta una canzone, e basta”.

Finalmente, al termine di questo estenuante preludio, Ciampi attacca Tu no. 

Le telecamere lo riprendono di taglio, l’argento traslucido della luce in bianco e nero renderanno la sua interpretazione ancora più intensa. Lui canta come se fosse altrove, distaccato e impassibile, a braccia conserte; non sorride mai. Come fisicità e presenza scenica ricorda Buster Keaton. Al momento in cui, dopo aver ascoltato la meravigliosa prima strofa, tutto il pubblico prorompe in un applauso, anziché aprirsi e rivolgere un sorriso gli spettatori, serra gli occhi ancora più vistosamente e chiudendosi in un auto-abbraccio, si isola una volta di più.

Paolo Villaggio si è sbagliato di grosso. Non solo Ciampi non ha paura del pubblico. Piero Ciampi si diverte a spaventare il pubblico. Tuttavia, la canzone è di quelle penetranti. L’esecuzione è stata perfetta. Si tratta di una confessione: Ciampi si è messo a completamente a nudo, descrivendo il fallimento della sua relazione con Gabriella con una fedeltà quasi cronologica. Gabriella, compagna amatissima ma trascurata, lo ha lasciato dopo solo otto mesi travolta dal suo carattere ombroso, dal suo vizio di bere, dalla sua sciagurata incostanza.

In tutto questo contesto, anche Ennio Melis ha subito il fascino di questo artista dall’animo maledetto e prende a cuore il caso Ciampi.

All’inizio del 1974, impressionata dall’intensità delle canzoni di Ciampi, Ornella Vanoni contatta Gianni Marchetti chiedendogli di produrle un album che dovrà contenere esclusivamente canzoni scritte da Piero Ciampi. Marchetti è entusiasta, lo chiama subito per avvisarlo, non sta più nella pelle. Ciampi acconsente a scrivere, ma senza mostrare entusiasmo e coinvolgimento.

Poggia svogliatamente la cornetta del telefono, è sempre più irrequieto, solitario e sfuggente. Ha ripreso a bere. Il progetto con Ornella Vanoni sfuma prima ancora di nascere. L’anima sua riprende il vagabondaggio esistenziale, le poesie che ne derivano sono il frutto di viaggi nei labirinti amari del suo profondo esistere. Nessuna delle sue creazioni ha un’unica versione: per ciascuna pretende di scriverne più versioni, per poi riprenderle, spezzettarle, scucirle e ricomporle dando vita ad altre ed altre ancora. I versi diventano meno ermetici ma sono più stentati, poveri, duri, proprio come la sua voce, apparsa meno brillante nelle sue ultime apparizioni.

Se a Senza Rete si era compiaciuto nello spaventare il pubblico, adesso si diverte a deriderlo. Va a cantare nei salotti d’élite dove “lo pagano bene”, e lì polemizza ed insulta gli astanti, un pubblico di borghesi ricchi e benestanti. Durante una di queste feste mondane se ne va senza neanche concludere l’esecuzione del primo pezzo. Lascia la sala tra l’irritazione generale facendo sapere, tramite amici degli amici, di essersi successivamente vantato di “essere il cantante più pagato d’Italia, trecentomila lire per eseguire mezza canzone”.

L’avvento delle radio libere e l’amicizia con Gianni Elsner

Siamo nel mezzo degli anni Settanta. È il 1976, anno di grandi cambiamenti, anche nel modo di fare comunicazione e di interagire e intrattenere il pubblico. Stanno nascendo le prime radio libere.   

Non rappresentano esclusivamente un fenomeno metropolitano, tuttavia è nelle grandi città come Roma che l’onda libera delle prime radio private esplode in tutta la sua potenza. Piero Ciampi vive ancora nella palazzina di via Macrobio, in un appartamento divenuto troppo grande per la mancanza di Gabriella. Ogni tanto incontra Mira, la figlia nata dalla relazione con Gabriella. Sta per conoscere un nuovo amico, una persona speciale.

In un luogo del tutto alieno dal contesto romano, un aspirante artista che risponde al nome di Gianni Elsner vorrebbe entrare a far parte del mondo dello spettacolo. Gianni vive a Merano, è stato cresciuto dalla mamma in un ambiente tradizionale, protettivo e conservatore. Nel 1976 l’Alto Adige è troppo tranquillo per un ragazzo che arde dalla voglia di darsi al cinema e al teatro. Gianni Elsner decide di trasferirsi a Roma per tentare di trovare la sua strada. Ha un viso sorridente e interessante: fa da modello per alcune campagne pubblicitarie e dopo qualche particina in filmetti da dimenticare viene attratto dalle radio libere.

Gianni Elsner modello per la campagna pubblicitaria di un famoso liquore

Non gli passa neanche per un momento l’idea di piazzarsi dietro un microfono per ciancicare dediche tipo “da Nunzia di Montesacro a Enzo della Garbatella”. Ha in mente molto di più: creare una trasmissione dove si parli. Uno spazio, un contenitore, da riempire con racconti e testimonianze di personaggi del mondo dello spettacolo, del teatro, del cinema e naturalmente del calcio. Non esiste ancora una trasmissione di questo tipo in nessuna radio libera.

Gianni Elsner in diretta talk radio – anni ’70

Entra in contatto con l’emittente romana Radio Luna. L’ha inventata e fondata Sergio Talia: ha avuto il coraggioso intuito di affidare alla futura pornostar Ilona Staller la conduzione di un programma notturno, con un titolo inequivocabilmente sexy: Voulez vous coucher avec moi?

Ilona Staller – Cicciolina a Radio Luna

Da lì a poco Radio Luna diventa un fenomeno di costume e nascerà la figura mitologica di Cicciolina, la prima pornoattrice del nostro immaginario. Quando Gianni Elsner si trova davanti Sergio Talia è consapevole di essere un perfetto sconosciuto. Tuttavia, anche stavolta l’imprenditore sta facendo la scelta giusta. Gli affida un programma a scatola chiusa, da organizzare da cima a fondo. Manca tutto, perfino il titolo. Gianni Elsner preferirebbe parlare principalmente di musica, di spettacolo e di teatro. Non è particolarmente attratto dal mondo del calcio, che sente molto lontano, non avendolo mai vissuto in gioventù. Tuttavia comprende fin da subito che non può fare a meno di parlarne, se vuole riuscire a calarsi nel quotidiano di un ambiente sanguigno come quello romano.

Negli anni Settanta la Lazio è popolarissima
Luciano Re Cecconi in un’immagine del 1974

In 74 anni di storia non ha praticamente vinto nulla ma nel 1974 è stata la squadra più forte: ha vinto lo Scudetto. Elsner inizia a frequentare i suoi giocatori. La squadra non lo percepisce come il classico tifoso appiccicoso e invadente. Diventa amico di tutti ma soprattutto di Luciano Re Cecconi. Qualche giorno prima del debutto radiofonico va a trovare Re Cecconi a casa sua. Gli propone l’intera discografia di Piero Ciampi, il cantautore che apprezza di più. Dopo un lungo ed attento ascolto, Luciano Re Cecconi gli dice: “Scegli questa. Per la tua trasmissione devi mettere questa.” E gli indica il disco di Te lo faccio vedere chi sono io.

Gianni Elsner racconta in diretta la scelta della canzone per il suo programma

Piero Ciampi è sconosciuto al grande pubblico generalista. Dal momento che a Roma nessuno lo conosce ancora, Gianni Elsner spaccia la canzone della sigla come sua. Dopo qualche giorno, confortato dal grande seguito di pubblico, dalle telefonate e dai riscontri positivi degli inserzionisti, rivelerà che è una canzone di Piero Ciampi.

Gli studi di Radio Luna sono in via Trionfale, a poche centinaia di metri da Via Macrobio: una breve passeggiata
Via Teodosio Macrobio, Roma Balduina. In alto sulla destra, la più antica delle antenne Rai, attiva dal 2 dicembre 1937 

Elsner invita Piero Ciampi a partecipare in diretta a Te lo faccio vedere chi sono io.

Quella che vedete in foto è via Macrobio sotto il cielo della Balduina nel marzo 2022. Siamo stati lì pochi giorni fa e abbiamo immaginato Piero Ciampi passeggiare per questa tranquilla stradina della Balduina e pigramente salire fino a Via Trionfale. Vi proponiamo un documento eccezionale, inedito a livello nazionale. Lo hanno ascoltato solo i romani di quell’epoca. Un documento integro e dalla perfetta qualità audio: ascoltate Piero Ciampi duettare con il pubblico, parlando dei suoi temi, più o meno scottanti, con una amabilità che vi stupirà se la considererete basandovi sulle versioni fornite dalla storiografia ufficiale.      

Piero Ciampi in diretta a Radio Luna nel 1977

Per Gianni Elsner, Piero Ciampi è diventato un simbolo. Ogni volta che vuole attaccare l’ipocrisia delle leggi che governano il mondo dello spettacolo, fa il suo nome. Piero Ciampi rappresenta l’emblema di un certo tipo di artista, inviso ai critici, osteggiato dai discografici, deriso per i suoi atteggiamenti scapigliati e per una modalità espressiva ritenuta poco redditizia sotto il profilo finanziario.

Siamo nel 1979 e di Piero Ciampi non se ne parla più.

La locandina del Premio Tenco 1976: il nome di Piero Ciampi insieme ai più grandi cantautori italiani

Al Premio Tenco, nel 1976 ha l’occasione per ricominciare a farsi vedere da un certo di tipo di pubblico, avanguardista e colto. Come potrete facilmente cogliere ascoltando il prossimo pezzo, al momento dell’esecuzione Ciampi non è del tutto sobrio.

Te lo faccio vedere chi sono io – versione alternativa eseguita al Premio Tenco ’76 – 28 agosto 1976

E’ alticcio, litiga anche con qualche spettatore e viene allontanato. Nonostante questo, l’anno successivo gli viene offerta un’altra chance, un nuovo invito che inizialmente accetta. Agli organizzatori farà arrivare un telegramma: “Mi dispiace, non sono potuto venire. Piero Ciampi”.

Verso metà del 1979 Piero Ciampi inizia a non star bene. È dimenticato da tutti. Eccetto uno: Gianni Elsner da Merano, che nel frattempo è diventato il dominus incontrastato delle radio romane. Elsner vanta un pubblico eterogeneo e interclassista. La figlia di Ciampi, Mira, contatta Gianni Elsner, informandolo della brutta svolta che ha imboccato la malattia del padre.

Sono gli ultimi giorni del cantante di Tu no

Piero Ciampi ha un tumore alla gola: Gianni Elsner vuol far finta di non crederci, si reca in ospedale e gli chiede che cosa gradirebbe per regalo. Accennando un sorriso, Ciampi risponde che amerebbe dei fiori, fosse pure un fiore soltanto. Elsner lo annuncia in diretta nella sua radio: il giorno dopo si presentano fuori dell’ospedale centinaia di ascoltatori. Sono in attesa fuori dalla porta, tutti con un fiore in mano. Ciampi è ricoverato in una vecchia camerata di inizio secolo, una di quelle angoscianti, da venti letti. Elsner è lì da più di un’ora, l’ha fatto sedere su una poltroncina, lavato e pettinato. Ad un certo punto fa segno di entrare. È una processione: la gente lo saluta lasciandogli un fiore, gli riempiono il letto. In un misto di incredulità e di commozione, Ciampi sussurra:

“Ma sono tutti per me? E per gli altri?

Piero, sono tutti per te, gli altri avranno tempo”

Ciampi morirà il giorno successivo, il 19 gennaio 1980.

Un cantautore e un poeta totalmente visionario, troppo avanti per il suo tempo. Non avrebbe ispirato soltanto la talk radio di Gianni Elsner, la trasmissione cult dell’etere romano leader di ascolti.

Avete presente il pezzo “Il mare impetuoso al tramonto, salì sulla luna e dietro una tendina di stelle”,  ossia il più grande successo di Zucchero? Sappiate che l’intera strofa è stata “attinta” da una poesia che Ciampi aveva scritto una trentina d’anni prima, intitolata Il mare al tramonto. Solo successivamente, messo alle strette dalla famiglia Ciampi, Fornaciari ha dovuto includere Ciampi tra gli autori del suo successo. Era talmente sicuro del fatto che nessuno si sarebbe ricordato di Piero Ciampi da prendersi la licenza – preferiamo dire così – di dimenticarlo anch’egli. 

Piero Ciampi ha venduto pochi dischi. A parte la magnetica apparizione in Rai, di lui si sono perse le tracce troppo presto. Ci sono cantautori famosissimi, che hanno venduto milioni di album e sono stati fonte di ispirazione per affermati registi del cinema.

Eppure, nessuno di loro potrà mai battere il record stabilito da Piero Ciampi: la canzone Te lo faccio vedere chi sono io avrebbe aperto e concluso la trasmissione di Gianni Elsner per ancora 29 anni dopo la morte del suo autore.

Dal marzo del 1976 all’ottobre del 2009, puntualmente alle dieci del mattino, le note di Te lo faccio vedere chi sono io si sono sparse sulla città di Roma, arrivando nelle case dei quartieri alti come nelle borgate più polverose, accompagnando giorno dopo giorno automobilisti persi nel traffico, professionisti indaffarati, impiegati in cerca di evasione, persone ammalate o anche incarcerate.

Per oltre 9.300 puntate, due volte al giorno, questa canzone dolceamara ha dato la sveglia agli irriducibili dormiglioni e annunciato il pranzo a centinaia di migliaia di persone. E’ stata la sigla della talk radio più longeva di sempre: tra grandi star, calciatori, attori, comici e cantanti. E politici rampanti. Tutti facevano la fila per partecipare a Te lo faccio vedere chi sono io. Nel 1993, per la corsa alla Poltrona di Sindaco, Francesco Rutelli e Gianfranco Fini si rivolsero alla trasmissione di Gianni Elsner, individuandola come il più funzionale tra tutti i Media disponibili per poter vincere le elezioni.

Avrebbe mai osato sperare un successo del genere Piero Ciampi, quando abbozzandone il testo scriveva “Una regina come te in questa casa! Ma che siamo tutti matti?”

Te lo faccio vedere chi sono io è una canzone immortale. E’ un simbolo di appartenenza e di distinzione. Una canzone sopravvissuta ai due interpreti, quello vero e quello inventato. Dopo la morte di Gianni Elsner avvenuta il 5 ottobre del 2009, ogni volta che una radio di Roma manda questa canzone, è sempre un tuffo al cuore per centinaia di migliaia di romani, cresciuti con i nonsense irriverenti di questo pezzo iconico, un unicum musicale inclassificabile ma, ciò nondimeno, un caposaldo della canzone d’autore italiana.

È tempo che Piero Ciampi se ne riappropri. È tempo che lo dica seriamente: “Te lo faccio vedere chi sono io”.  

1973 – Io e te, Maria/Te lo faccio vedere chi sono io (Amico ZSLF 50276)

         

— Onda Musicale

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