Il libro “Bootleg! The Rise & Fall of the Secret Recording Industry” è l’unica fonte seria e documentata fra quelle che hanno cercato di far luce su un argomento delicato come quello della musica illegale.
Concerti registrati furtivamente con un mangianastri portatile in mezzo al pubblico o grazie alla complicità degli addetti al mixer, spettatori che si ingegnavano con idee bizzare per introdurre sistemi di registrazione, reperti sottratti dagli archivi delle stazioni radiofoniche e televisive. Tutto questo in un’ epoca in cui sarebbe bastato un semplce smartphone per ottenere una registrazione (illegale) più che decente.
Ma non solo. Perfino interviste. Rarità, demo, sessioni integrali, brani inediti, outtake, album leak trafugati da uno studio di registrazione, magari con la complicità dell’insider di turno. L’universo dei dischi pirata (il termine bootleg deriva dal contrabbando degli alcolici) costellato di vinili, cassette e CD zeppi di suoni arraffati da ogni fonte possibile e immaginabile, di bassa o alta qualità – sonora e grafica – ha costituito fra la fine degli anni ’60 e l’alba dei 2000 un ambiente sotterraneo del suono moderno.
Fra le migliaia di LP, CD e cassette ascrivibili al pianeta bootleg eccone alcuni che, per la loro influenza e particolarità, sembrano tra i più importanti, innovativi e originali.
- “Great White Wonder” Bob Dylan & The Band
- “Black Album” Prince
- “K4” Kraftwerk
- “Live’r Than You’ll Ever Be” The Rolling Stones
- “Smile” The Beach Boys
- “Metallic K.O.” Iggy and The Stooges
- “Get Back Journals” The Beatles
- “Pièce de Résistance” Bruce Springsteen
- “Rat Patrol from Fort Bragg” The Clash
- “I Never Talked to Bob Dylan” Patti Smith
(fonte videomuzic.eu)