Tempo fa dedicammo una Top 10 ai più eclatanti casi di plagio che vedevano coinvolti i Led Zeppelin. Puntuali, in molti ci fecero notare come la stessa pratica fosse comune a tante band, tra le quali gli arcirivali Deep Purple.
E allora abbiamo deciso di indagare anche gli scheletri nell’armadio della band che ha traghettato l’hard rock verso il metal. Anche i Deep Purple vantano un certo numero di pezzi di dubbia paternità, anche se i casi sono spesso meno eclatanti di quelli dei Led Zeppelin.
I motivi sono da ricercare soprattutto nelle diverse influenze dei chitarristi, Jimmy Page e Ritchie Blackmore. Jimmy veniva dal blues, essenzialmente, e aveva una certa passione per il folk di radici celtiche. Blackmore era invece uno dei musicisti più slegati dal blues della sua epoca; Ritchie condivideva le radici folk, ma aveva anche una grossa cultura in ambito jazz e classico.
Quella che nel blues era una pratica tutto sommato normale, ovvero impadronirsi dei cosiddetti standard per farli propri, negli altri generi era meno diffusa. Il problema che complica tutto, quando si parla di Led Zeppelin, è la proverbiale sbadataggine di Page, Plant e soci di citare gli autori originali. Pratica che – non si quanto casualmente – si ripercuoteva sul mancato pagamento dei diritti d’autore.
Per i Deep Purple la situazione è leggermente diversa; Blackmore aveva spesso l’abitudine di citare vecchi brani jazz o addirittura classici, ma si rimaneva quasi sempre nell’ambito del tributo o della citazione. In altri casi, invece, lui o altri membri della band si avventuravano in veri e propri prestiti. A volte la pratica veniva risolta in amicizia, con lo scambio di favori, o con piccoli risarcimenti non ufficiali.
Un’altra chiave di lettura dei tanti casi di plagio è legata all’epoca d’oro del rock.
Il periodo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo – come già detto – è un periodo di grande creatività e di tempi estremamente ristretti; all’epoca tutto viaggia a velocità impensabili oggi. Un bel paradosso se si pensa ai mezzi tecnologici attuali e alle velocità frenetiche imposte da web e social.
Spesso i dischi venivano registrati nell’arco di settimane, quando non di giorni, e i brani che uscivano erano centinaia; normale che anche band come Led Zeppelin e Deep Purple si ispirassero a pezzi validi ma che magari erano passati sotto silenzio.
Anche la band di Blackmore non è quindi immune da sospetti e somiglianze più o meno dichiarate; tuttavia, il numero di casi molto minore e un diverso atteggiamento generale, fanno sì che i presunti plagi dei Deep Purple facciano molto meno rumore di quelli dei colleghi.
Vi presentiamo comunque una selezione delle canzoni che – ancora oggi – fanno discutere gli appassionati. Ci sono sicuramente delle belle sorprese.
Black Night vs Summertime – Ricky Nelson
Black Night è un classico dei Deep Purple, registrato nel 1970, ai tempi di In Rock. Com’era usanza all’epoca, il brano esce come singolo e non trova posto nell’album, almeno fino all’edizione celebrativa per i venticinque anni del lavoro.
Il pezzo è basato su un riff accattivante e su una ritmica proto-metal incalzante, un classico che ha tutti gli ingredienti per figurare a buon titolo tra i cavalli di battaglia del gruppo.
Ritchie Blackmore, senza farne mai mistero, inventò piuttosto velocemente il riff, ricalcandolo nota per nota sul giro di basso di Summertime di Ricky Nelson, arrangiamento del 1962 del classico di George Gershwin.
Curiosamente, lo stesso riff era stato rubato già nel 1966 dai Blues Magoos per la loro misconosciuta We Ain’t Got Nothing Yet.
Child in Time vs Bombay Calling – It’s A Beautiful Day
Child in Time è forse uno dei pezzi più celebri dei Deep Purple, certamente la loro principale ballata, il lento d’atmosfera per eccellenza dell’intera discografia. La canzone rappresenta però anche il caso maggiormente noto di plagio.
Il brano è infatti ricalcato – pur con arrangiamenti e sviluppo totalmente differenti – su Bombay Calling degli It’s A Beautiful Day. Anche in questo caso, però, giova ricordare i tempi molto diversi in cui la storia si svolge: si dice infatti che Jon Lord, amico di alcuni componenti degli It’s A Beautiful Day, avesse chiesto il permesso di prendere in prestito il riff. La storia parrebbe credibile, se si considera che nel 1970 la band americana avrebbe restituito il favore con Don and Dewey, lungo strumentale basato su Wring That Neck proprio dei Deep Purple.
Fireball vs Rockstar – Warpig
Indubitabile anche l’ispirazione di Fireball verso Rock Star dei Warpig.
La title track dell’album del 1971 è una copia quasi carbone della canzone della rockband canadese. Certo, la voce del cantante Rick Donmoyer, nonostante un falsetto spregiudicato, non può certo rivaleggiare con quella di Ian Gillan e, anche a livello strumentale, la differenza di caratura dei complessi è ben evidente; tuttavia, il fatto che Fireball suoni molto meglio di Rock Star, non fa certo dimenticare l’appropriazione indebita di Blackmore e soci.
Smoke on the Water vs Maria Quiet – Astrud Gilberto e Gil Evans
Ebbene sì, anche il classico per antonomasia dei Deep Purple, il pezzo che ha indotto i venditori di strumenti di mezzo mondo ad affiggere cartelli che vietano di suonarne il riff, ovvero Smoke on the Water, vanta una paternità discussa.
Diciamolo, questo è un caso di cui scriviamo quasi col sorriso sulle labbra; è indiscutibile, infatti, che un passaggio di Maria Quiet, pezzo jazz in salsa bossa nova, sia nota per nota identico al riff in questione, e altrettanto probabile che Blackmore conoscesse il brano, tuttavia la differenza di genere e atmosfera è talmente grande da far dubitare anche il detrattore più agguerrito.
Lazy vs Steppin’ Out – John Mayall Bluesbreakers/Cream
Bisogna aspettare circa un minuto e quaranta secondi di Lazy, contenuta nel capolavoro Machine Head, prima che parta il riff dello strumentale. Il pezzo è un tour de force strumentale, tipico dei Deep Purple, dove la band si cimenta in uno dei numeri più affini al blues del repertorio. Per stessa ammissione di Blackmore, il riff deve molto a Steppin’ Out, brano attribuito a tale L.C. Frazier e registrato per la prima volta con la famosa introduzione di Eric Clapton nel seminale John Mayall Bluesbreakers. Una versione ben più muscolare, e più simile a Lazy, fu registrata coi Cream.
In questo caso si tratta più di affinità e ispirazione, che di vero plagio.
Burn vs Fascinating Rhythm – George Gershwin
Ancora una volta va in scena la passione di Ritchie Blackmore per il jazz e per George Gershwin in particolare. Innegabile la somiglianza tra una parte pianistica di Fascinating Rhythm, pezzo del 1928, e il riff portante di Burn, title track del primo album targato MK III. Anche in questo caso si parla di ispirazione, di furbo riadattamento, non certo di vero e proprio plagio.
Lay Down, Stay Down vs Blood of the Sun – Leslie West
Anche Lay Down, Stay Down è estratta da Burn; un pezzo funk-rock dal grande tiro, dove le voci di David Coverdale e di Glenn Hughes la fanno da padrona. Il faro è però puntato sul bellissimo riff opera dell’immancabile Ritchie Blackmore; cinque anni prima, nel 1969, il riff era già stato suonato nota per nota dal grande chitarrista Leslie West, in un suo album solista. Il brano si intitola Blood of the Sun, è molto bello ma – riff a parte – ha poco altro in comune con la canzone dei Deep Purple.
Mandrake Root vs Lost Soul vs Foxy Lady – Bill Parkinson e Jimi Hendrix
Nel primo album Shades of Deep Purple, Mandrake Root è forse il pezzo che più di ogni altro contiene i prodromi della futura grandezza della band. Un riff memorabile e un andamento sincopato che fa da base a una bella prestazione vocale di Rod Evans e ai primi duelli chitarra-tastiera tra Blackmore e Lord. Tutto bene, se non fosse che il riff è ricalcato nota per nota su una composizione di Bill Parkinson, oscuro chitarrista del periodo: Lost Soul. Il brano era stato composto da Bill quando suonava per P. J. Proby, come sigla d’apertura dei concerti. Quando Bill va a suonare con Lord Sutch & The Savages, Carlo Little – batterista originale dei Rolling Stones – gli chiede un tema che faccia da sfondo al suo assolo, ed è così che Lost Soul vive una seconda vita.
Con i Savages ha già suonato – e di lì a poco suonerà ancora – proprio Ritchie Blackmore che, sentito il riff, se ne innamora e lo ripropone pari pari in Mandrake Root. Bill avanzerà qualche pretesa, ma si accontenterà di un risarcimento di seicento sterline.
Non solo, la parte strumentale che supporta la strofa è molto simile a Foxy Lady di Jimi Hendrix.