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“I Beatles sono più popolari di Gesù Cristo”: la storica frase che condannò i Fab Four

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4 marzo 1966. Una data come un’altra per i Beatles secondo alcuni e un vero e proprio evento secondo altri.

Ogni amante dei Beatles, per esempio, sa benissimo quanto quella precisa combinazione di numeri rappresenti nient’altro che il giorno in cui John Lennon finì per trasformarsi nel membro più controverso del gruppo, agli occhi di un pubblico bigotto e scandalizzato. In una parola, tradizionalista. Proprio in quella giornata, infatti, il quotidiano inglese London Evening Standard pubblicò un virgolettato piuttosto controverso, proveniente da un’intervista fatta allo storico cantante.

Un virgolettato che recitava più o meno così:

I Beatles sono più popolari di Gesù Cristo adesso. Non so chi vedrà prima la morte. Se il rock and roll o il cristianesimo. Gesù era nel giusto, ma i suoi discepoli non erano nella stessa posizione.”

Quali potevano essere, dunque, le conseguenze di una dichiarazione di tale portata? La fama dei Fab Four fu praticamente infangata da attacchi di ogni genere: dalla condanna del Vaticano fino ai falò pubblici dei loro dischi, dall’interesse della politica fino a quello del Ku Klux Klan e via discorrendo. Il fatto più curioso, d’altronde, sarebbe un altro. Sì, perché, a dire il vero, i quattro talenti di Liverpool non risentirono di alcun contraccolpo mediatico al momento della pubblicazione della sopracitata intervista in Inghilterra.

I veri guai, infatti, cominciarono a partire dal 29 luglio dello stesso anno, quando la citazione fu ripubblicata su una rivista americana per adolescenti chiamata “Datebook”, all’interno di un articolo intitolato “The Ten Adults You Dig/Hate Most” – letteralmente “I dieci adulti che odi di più” – che provocò l’immediata reazione di diverse stazioni radio, le quali, soprattutto nel sud degli Stati Uniti, vietarono immediatamente la riproduzione di tutti i dischi della band. In seguito a questo avvenimento, come già detto, anche la risposta del Vaticano non si fece certo attendere, arrivando a denunciare Lennon nientepopodimeno che sul proprio giornale ufficiale. Insomma, gli inglesi erano diventati il nemico pubblico per eccellenza fra gli ambienti cattolici più radicali e non.

Senza contare le innumerevoli minacce di morte che giunsero non solo a John, ma a tutti i membri del gruppo. Anche se, a detta di ciascun componente, Lennon fu il membro che senza ombra di dubbio rimase maggiormente scosso da tali avvenimenti. “Ero spaventato a morte. Non volevo andare in tour. Brian, Paul e gli altri Beatles mi convinsero poi ad andare” avrebbe, infatti, rivelato più tardi. E in un clima così carico di tensione non poteva non mettere in chiaro le cose l’unico uomo in quel dato momento storico in grado di gestire una situazione così delicata: l’allora manager della band, Brian Epstein.

Brian Epstein aveva chiara la gravità della situazione

E aveva perfettamente individuato i modi per la sua ‘corretta’ gestione Per prima cosa, volò dritto in America e rilasciò una dichiarazione secondo la quale qualsiasi luogo che avesse desiderato annullare un concerto degli inglesi – da lui rappresentati – sarebbe stato autorizzato. Risultato? Nessuna cancellazione di alcun concerto dei Beatles. Il secondo passo riguardò il profondo rammarico espresso dal manager rispetto alle dichiarazioni di Lennon, descrivendo quelle stesse dichiarazioni come delle ‘parole male interpretate’.

Come risolvere il problema?

A quel punto, l’organizzazione di un autentico mea culpa in pubblico sembrò l’unica reale soluzione all’enorme controversia sollevata. Lennon in un primo momento si rifiutò di prendere parte ad un evento simile, ma avrebbe presto ceduto alle pressioni del vecchio Epstein e all’aumentare di minacce e contestazioni sempre più opprimenti. Le scuse, quindi, arrivarono l’11 agosto del 1966 a Chicago, dalla voce di un Lennon timido, quasi tremante, costretto a consegnarsi alle grinfie di un’opinione pubblica inviperita e più che mai vogliosa di pentimento.

Lennon: “Se avessi detto che la televisione è più popolare di Gesù, avrei potuto farla franca. Ho citato i Beatles semplicemente perché credo che oggi abbiano più influenza sui bambini di qualsiasi altra cosa, incluso Gesù. Ma l’ho detto nel modo sbagliato”.

Giornalista: “Alcuni adolescenti hanno ripetuto le sue affermazioni – ‘Mi piacciono i Beatles più di Gesù Cristo’ – cosa ne pensa?

Lennon: “Non sto dicendo che siamo migliori o più grandi di Gesù, inteso come persona. Né di Dio inteso come qualunque cosa sia. Ho appena detto che la mia affermazione era sbagliata o che, forse, è stata interpretata male. Non sono anti-Dio, anti-Cristo o anti-religione”.

Giornalista: “Ma è disposto a scusarsi?”

Lennon: “Mi dispiace di aver detto quelle parole, davvero. Non era un discorso anti-religioso. Mi scuso, se questo la renderà felice. Non so ancora bene che cosa ho fatto. Ho cercato di spiegare quello che ho fatto, ma se vuole che mi scusi – se è questo ciò che la renderebbe veramente felice – allora ok, mi dispiace.

Fine della gogna mediatica

Dopo un altro paio di domande – sullo stesso stile di quelle sin qui riportate –, si sarebbe conclusa la più grande ed indegna messinscena della storia del rock mondiale, che in compenso mise fine alla gogna mediatica avviata contro i quattro inglesi. I contraccolpi di quella vicenda, d’altro canto avrebbero continuato a farsi sentire anche nei mesi immediatamente successivi. Al concerto di Memphis, per esempio, lo scoppio di un petardo fece subito temere un nuovo tentativo di contestazione avviato da ignoti o da quel Ku Klux Klan che non a caso presenziò anche alla data in Alabama.

E se nel profondo sud americano si toccò il peggio, altre contestazioni non mancarono certo in luoghi ben più prestigiosi e altisonanti. La data allo Shea Stadium di New York (1966), infatti, registrava circa 10.000 pesantissimi posti vuoti.  E se è vero che di lì a poco i Fab Four avrebbero presto smesso di suonare dal vivo, c’è da dire che Gesù Cristo e il suo fan club furono, ahimè, tra i più accesi promotori dell’iniziativa. Dopo appena tre anni di ‘Beatlemania’.

 

— Onda Musicale

Tags: John Lennon/The Beatles/George Martin/Brian Epstein
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