Musica

Woodstock, la setlist: Arlo Guthrie

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Bethel e Woodstock sono due piccole cittadine molto simili tra loro. La prima dista circa 170 Km da New York City e 4500 Km da Los Angeles, dall’altra parte degli Stati Uniti.

Di suo non ha granché da offrire, se non bei paesaggi montani, tanto verde e, nelle stagioni migliori, un bel cielo azzurro. E in effetti non starebbe neanche in questa storia, se non fosse che ha ospitato il più importante festival del rock che sia mai stato realizzato. Woodstock è una cittadina che si trova poco più a nord di Bethel, ma a Bethel c’era lo spazio giusto e la giusta atmosfera.

È arrivato il momento del figlio di una figura leggendaria, che ha saputo stupire tutti nonostante il padre famosissimo: Arlo Guthrie.

Figli di un dio minore

Arlo Guthrie si porta dietro un’eredità pesante, già dalla nascita. Il padre Woody ha letteralmente inventato la canzone folk americana, ed è grazie a lui che la generazione successiva di cantori folk ha potuto godere di una fama imperitura, con mr. Bob da Duluth e lady Joan da New York fra tutti.

Portarsi dietro un cognome così importante, per uno che vuole ripercorrere le stesse orme di papà, non è facile. Per nulla. La storia della musica lo insegna: Cristiano De André, Damian Marley e l’immancabile Dj Francesco sono solo alcuni dei primi che mi vengono in mente, tra quelli che ci hanno provato con risultati più scadenti che altro. Ma ci sono anche figli illustri di personaggi altrettanto illustri: Norah Jones (figlia di Ravi Shankar), Jeff Buckley, Zak Starkey (figlio di Ringo Starr), hanno avuto tutti delle brillanti carriere, anche se, nel caso di Jeff, sono finite troppo presto.

Indubbiamente Arlo è stato tra quelli che ce l’hanno fatta. Forse anche grazie agli importanti amici del padre, tra cui Pete Seeger.

Una carriera fondata sulla risata

Ascoltando i primi dischi, Alice’s Restaurant (1967) e Running Down The Road (1969), quello che più risalta alle orecchie sono le risate del pubblico presente ai live. Sono molte, infatti, le registrazioni dei primi anni riprese durante concerti nei vari locali del Village (e dove, altrimenti?…) e i suoi brani, che indubbiamente devono molto alla musica del padre (prematuramente morto nel 1967), si discostano dal folk tradizionale, cercando un sound più originale ma che permetta, comunque, di trattare argomenti di protesta civile.

Il massacro del ristorante di Alice

Diventa famoso con un brano in particolare. Oddio, chiamarlo semplicemente brano può essere fuorviante. Alice’s Restaurant Massacree, è più un happening che una canzone; più il tentativo (riuscitissimo) di voler raccontare una storia di vita vera. La durata (lunghissima: più di 18 minuti) non ha frenato il pubblico, soprattutto quello dei giovani ragazzi universitari che amavano le canzoni di protesta, e in molti l’hanno imparata a memoria. La canzone è letteralmente diventata un inno da cantare durante il Giorno del Ringraziamento, perché tratta di un fatto accaduto proprio quel giorno lì. Provo a spiegarvelo in due righe.

Il 26 novembre del 1965, mentre si trovavano in college, a Stockbridge, Massachusetts, durante le vacanze per il Giorno del Ringraziamento, il diciottenne Guthrie e il suo amico Richard Robbins furono arrestati per aver scaricato illegalmente, su una proprietà privata, ciò che Guthrie descrisse come “mezza tonnellata di spazzatura” dalla casa dei suoi amici, gli insegnanti Ray e Alice Brock, dopo aver scoperto che la discarica locale era chiusa. Guthrie e Robbins sono comparsi in tribunale, si sono dichiarati colpevoli delle accuse, hanno ricevuto una multa e, durante il fine settimana hanno raccolto la spazzatura.

Il brano gli ha permesso di firmare il suo primo contratto, grazie soprattutto alle trasmissioni radiofoniche delle radio più indirizzate verso la controcultura, di partecipare al Festival di Newport del ’67, di firmare la colonna sonora di un omonimo film (regia di Arthur Penn, che, tra gli altri, ha diretto Bonny & Clyde) e di partecipare al Festival di Woodstock nel ’69.

It’s Woodstock time, baby!

In realtà la sua partecipazione è durata relativamente poco: circa 40 minuti. Inizia dopo la mezzanotte, all’1:45 del 17 agosto 1969. Con lui c’è la band al completo e insieme suonano sette brani, tra cui una versione di Amazing Grace. La performance non è ottima, complice l’alto tasso di stupefacenti assunti prima di salire sul palco, ma indubbiamente lo lancia sull’altare degli dei del folk. Le sue versioni di brani gospel e di Walking Down the Line di Dylan vengono accolte con entusiasmo, così come con entusiasmo viene ascoltata un suo divertente monologo (di ben 10 minuti!) di ciò che Mosè e gli ebrei fuggiti dall’Egitto passarono per attraversare il Mar Rosso. Divertente perché la storia è condita dagli allucinogeni. Vi faccio immaginare…

Una vita per il sociale

Oggi Arlo Guthrie non suona più per problemi fisici. Nel 2020 decide, con un messaggio social, di lasciare il palcoscenico per dedicarsi alla famiglia e alla fondazione che porta il nome del padre Woody Guthrie. Prima, però, ha ovviamente continuato ad esibirsi e a registrare dischi. Gli album degli anni ’70, ’80 e ’90 sono di qualità altalenante e nessuno è riuscito ad arrivare ai vertici toccati con Alice’s Restaurant. Ma è sempre la canzone di protesta che la fa da padrona. Collabora con diversi attivisti e poeti, oltre che con Pete Seeger. Nel 1991 compra una chiesa (che è stata anche la sede del ristorante di Alice, quello della canzone) per creare una fondazione umanitaria che si occupa di emarginati, donando cibo e ospitalità e occupandosi delle famiglie dei malati di AIDS e della malattia di Huntington (malattia neurodegenerativa), organizzando concerti i cui utili sarebbero andati per la ricerca e per l’ospitalità di queste persone.

Trovo sia una scelta coraggiosa, quella di rimanere legati alle proprie scelte artistiche per non seguire la corrente. Arlo Guthrie ha saputo essere coerente fino alla fine, senza mai cadere in quella facile piaga di essere “cover band di se stessi”.

Una cosa riuscita anche alla prossima artista in cartellone, Joan Baez.

— Onda Musicale

Tags: Bob Dylan/Woodstock/Woody Guthrie
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