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Il “primo quadro” dei Roxy Music

Kari-Ann Muller giace su un materasso, vestita in un grazioso completino da boudoir, con un’espressione che forse è sensuale e forse è arrabbiata. È il 1972, e quella foto è la copertina dell’album di debutto autotitolato dei Roxy Music.

Muller sarebbe stata solo la prima delle modelle a posare sulle copertine degli album del gruppo di Brian Eno, che avrebbero incluso anche nomi di spicco come Amanda Lear e Jerry Hall (quest’ultima vestita da sirena), e che avrebbero rappresentato una rivoluzione nel linguaggio comunicativo della musica quanto le canzoni al suo interno. Una bella donna in abiti boudoir vintage, in un servizio ispirato dalla posa ai capelli dalle dive della vecchia Hollywood come Rita Hayworth, è l’ultima cosa che ci si poteva aspettare sulla copertina di un disco dell’epoca anche solo adiacente al genere rock. Anziché astrazione, bellezza concreta; anziché ansia e timore, piaceri carnali serviti in colori pastello. Eppure, allo stesso tempo, nulla è lasciato al caso.

Nella poetica di Bryan Ferry, prevedibilmente appassionato di cultura pop retro, l’artificio e il glam sono una fuga dalla noia

In Roxy Music ogni racconto è estetizzato, elevato all’ennesima potenza e filtrato attraverso uno sguardo di artificio e intangibilità. La passione per il mezzo visivo, dopotutto, è qualcosa che fa parte del nucleo della band: Bryan Ferry, il cantante e tastierista, ispira il nome della band alla propria passione per il cinema. Il tassello “Music” viene aggiunto successivamente, per distinguersi da un’altra band di nome Roxy presente sulle scene statunitensi.

Musica da cinema: così si può riassumere il sound cui Roxy Music avrebbe dato vita

C’è tutto: l’attrazione per il mondo patinato di media, teatro e apparenza, la fascinazione per l’artificiale (Ladytron, che sarebbe stato poi adottato da un gruppo di connazionali nel 1999 per il loro collettivo synthpop), e una voglia di ballare e divertirsi non per il gusto di stare bene o godersi il momento, ma come forma di passione verso l’arte stessa. Ma anche pezzi più tradizionali e “di alta levatura”, come Bitters End, il trionfo del barocco, a metà tra improvvisazione lounge jazz e dragone opera rock, che si apre con immagini da sogno febbrile come cancelli di cioccolata, fontane di gin rosa e cori di veglia cantati da contadini. È la chiusura del disco come del sipario, in cui il mondo dello spettacolo ridiscende al mondano, e si presenta di conseguenza, come un commiato agli spettatori. Manca solo l’inchino finale, ma è facile immaginarselo.

Le prime tracce di quello che sarà

È però in tracce come Re-Make/Re-Model, Would You Believe? e Virginia Plain, in cui la band alza il tempo del metronomo, che si comincia a vedere il germe della band che i Roxy Music sarebbero diventati. Perché se le emozioni negative – come nella struggente Sea Breezes, che annovera tra i suoi strumenti un’effettiva brezza marina – sono qualcosa in cui Ferry e compagnia si sente sufficientemente a suo agio, è in quelle più accorate che può davvero dare fondo al proprio carattere e diventare lui stesso la musa sovrumana, plastica e intoccabile delle sue copertine-

Portami su un ottovolante/portami in un giro in aereoplano/portami per una passeggiata lunga sei giorni,” richiede il narratore di Virginia Plain. Tutta la meraviglia dello sguardo di un europeo sul mondo dell’America, corredato da un assolo di sintetizzatore – allora ancora ai primi anni di vita – che suonerebbe al passo con i tempi anche al giorno d’oggi. 

Dal disco parte un percorso meraviglioso

Roxy Music, l’album, è il seme dal quale sarebbe germogliato un intero quadro artistico, e dal quale la musica stessa avrebbe attinto frutti copiosi. Lo sguardo di Bryan Ferry e dei suoi compagni sul mondo e sulle cose trasforma ogni cosa, allo stesso tempo, in una ballata e un’opera assieme. Sarebbe stato solo l’inizio, ma già da allora il loro percorso era segnato. La dama che sarebbe apparsa sulla copertina dell’album seguente, Amanda Lear, sarebbe uscita con Brian Jones dei Rolling Stones e avrebbe lavorato a tu per tu con Salvador Dalí. Non si poteva trovare portavoce più azzeccata per i nascenti Roxy Music. 

— Onda Musicale

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