Il secondo lavoro solista di Peter Green esce a quasi un decennio dal capolavoro "The End of the Game", da molti ritenuto il canto del cigno del grande chitarrista londinese per via della lunga assenza dalle scene musicali dovuta alla malattia mentale che ha lo afflitto per anni.
Costringendolo fra l'altro ad un lungo ricovero in ospedale psichiatrico dal quale esce apparentemente ristabilito, salvo essere arrestato nel '77 per aver minacciato il suo amministratore con una pistola…… Nello stesso anno però ricomincia a comporre ed il risultato sarà questo "In the Skies" uscito però solo nel '79 con la collaborazione di esperti musicisti fra i qualli Snowy White quale chitarra di spalla, l'amico Peter Bardens già nei primi Fleetwood Mac ed allora in forza ai Camel alle tastiere ed il povero Reg Isidore alla batteria.
L'album pur non essendo rivoluzionario o al livello del suo primo lavoro, venne accolto favorevolmente dalla critica e presenta luci ed ombre per lo meno per un grande estimatore di Green come chi scrive, ma vado per ordine, L'apertura è lasciata alla title track "In the Skies", argomento ampiamente sottolineato anche dalla copertina, quasi a volerne "spingere" il successo commerciale di cui il brano ha in effetti tutti gli ingredienti, salvo il fatto che è troppo simile ad un altro brano di Green ovvero quella "Black Magic Woman" portata però al successo planetario da Santana e quindi arma ormai spuntata nelle corde del nostro eroe, anche se prodotto di ottima fattura, al pari della sucessiva "Slabo Day" un rif da cui emerge l'indiscutibile qualità di Green. A dimostrazione di ciò, lo stesso Snowy includerà questi due brani in una raccolta di suoi grandi successi uscita diversi anni dopo.
Dopo le buone maniere finalmente si entra nel vivo con "A Fool No More" blues molto intimistico, come già emerge dal titolo: "Non (sarò) più Pazzo" (per te), che rinverdisce le migliori qualità psichedeliche di Green con la sua chitarra inquieta in secondo piano come ai tempi di "And then Play on" e del successivo Concerto di Boston, un pezzo che vale il prezzo dell'album! Lo riascoltere.
A spezzare la malinconica voce di Peter è poi la veloce "Tribal Dance" anche questa evidente riminescenza della favolosa "Rattlesnake Shake" suonata nel citato concerto dei Fleetwood Mac in Boston, sempre con l'intercalare della chitarra di Green in secondo piano a dettare il tema portante. Decisamente più commerciale è "Seven Stars" scritta a quattro mani con la moglie Jane e che risente influenze claptoniane, di cui Green è uno dei numi tutelari fin dai tempi di quel fatidico concerto di ormai dieci anni prima quando lo volle inserire in una particina ben svolta….."Funky Chunk" non ha bisogno di grandi presentazioni, che stanno già nel titolo, salvo che iniziano la discesa verso la parte più scialba di "In the Skies", infatti "Just for You" è un blues onesto, ma non tale da far accapponare la pelle……. che si trascina (stancamente) verso "Proud Pinto" ed "Apostole", un classico da west coast il primo con la chitarra di Green in piena evidenza, capace di suscitare rispetto per la tecnica, ma difficilmente trascinare con gli argomenti proposti.
Viceversa molto romantico ed appasionante è il brano di chiusura, emblematico della bravura di Green e della sua spalla Snowy; qui posto, giusto per lasciarci un ricordo malinconico non solo di questo lavoro, quanto dello splendore che il genio di Green fu.
(fonte: link)
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