È una mattina di fine estate, sulla Tiburtina non c’è anima viva. Anche il cocomeraro all’angolo con via di Tor Cervara se ne sta sbracato sulla sdraia con una gamba ciondolante e la radio a palla. Tanto non passerà nessuno, almeno fino a una certa. È domenica 27 agosto 1972.
A Roma ci sarebbero migliaia di luoghi più invitanti per trascorrere la giornata festiva ma un gruppo di giovani musicisti ha un appuntamento di lavoro. Tra pochi minuti saranno all’interno di uno studio di registrazione. Arrivano alla spicciolata e una volta all’ingresso dovranno comunicare le generalità al portiere per farsi aprire il cancello. C’è un aspirante cantautore che è riuscito a farsi mettere sotto contratto dalla RCA già da un annetto ma di successo e di soldi, per Claudio Enrico Paolo Baglioni, ancora non se ne parla. Hanno deciso di dargli ancora fiducia ma intanto, prudenzialmente, la RCA ha fatto ritirare dalla distribuzione qualche migliaio di copie dei due primi LP. Sono rimasti invenduti sia Claudio Baglioni che Un cantastorie dei giorni nostri.
“Il ragazzo è valido ma c’è qualcosa che non va”
E’ questo che usano dire dalle parti del Km 12 della Tiburtina per descrivere il giovane e compito Claudio Baglioni ai dirigenti più scettici. Per questo lo hanno affidato alle cure di una ragazza che sta dimostrando di saperci fare con la comunicazione. È una biondina intraprendente tosta quanto basta. Si chiama Donatella Raffai, proviene dal cinema, ha lavorato con Lattuada ma ha subito virato sul posto fisso, trovandolo alla RCA come responsabile delle pubbliche relazioni e curatrice dell’immagine dei cantanti emergenti. C’è anche lei quella mattina. A Claudio ha già parlato chiaro: dovrà adottare una nuova pettinatura ma soprattutto dovrà cambiare la montatura agli occhiali. Quella attuale lo invecchia, messo così è una via di mezzo tra Gino Paoli e Roy Orbison.
A soli ventott’anni Donatella è già un sergente di ferro
Sembra la maestra che fa l’appello alla classe quando inizia a contare i presenti: oltre a Claudio c’è tutta una corte che deve guadagnarsi il suo spazio all’interno dello studio C: Luciano Brigidi suonerà il basso, Massimo Buzzi la batteria, Silvano Chimenti il banjo e la chitarra, Alvaro Capanni il contrabbasso, Ciro Cicco le percussioni, Franco Carli la chitarra classica, Toto Torquati le tastiere, Alessandro Centofanti le percussioni e Antonio Coggio il pianoforte e il clavicembalo.
Claudio ha una voce rotonda, è dotato di grande estensione e palesa una notevole capacità nell’elaborare testi complessi in tempi brevi
Si è presentato con una cartellina ricca di canzoni. È un vulcano, sta progettando di realizzare nientemeno che un doppio album. Alla RCA gli bocciano l’idea sul nascere, perché pur avendo pubblicato già due album non lo conosce praticamente nessuno: uscire con un doppio LP risulterebbe quantomeno pretestuoso. La RCA gli concede un mese di tempo e una ventina di sessioni a disposizione che dovranno concludersi entro il 30 settembre. Da ottobre in avanti tutti gli studi saranno impegnati su altre produzioni, la RCA non può permettersi di fare “esperimenti” con il Natale alle porte.
Claudio e gli altri musicisti si conoscono bene
La prima giornata è filata liscia e l’appuntamento successivo sarà due giorni più tardi. Viene subito definita la lista delle canzoni. Baglioni non ne ha ancora deciso l’ordine esatto, il disco sarà un concept-album che ruoterà intorno ad una storia d’amore tra due ragazzi di vent’anni. I loro luoghi, le speranze, i problemi piccoli e grandi condivisi da tutta una generazione: il servizio militare obbligatorio, lontano dalla fidanzata e dalla famiglia, i pochi spiccioli in tasca, la quotidianità più o meno ordinaria di un ventenne qualsiasi all’inizio degli Anni Settanta. Verso il dieci settembre viene stabilita la scaletta definitiva.
Il lato A inizierà con Piazza del Popolo, cui seguirà Una faccia pulita, Battibecco, Con tutto l’amore che posso, Che begli amici!.., Mia libertà e si chiuderà con La prima volta.
Sul lato B andranno Quel giorno, Io ti prendo come mia sposa, Cartolina rosa, Questo piccolo grande amore, Porta Portese, Quanto ti voglio, Sembra il primo giorno. La seconda facciata si chiuderà con la versione orchestrale di Con tutto l’amore che posso.
Prova d’orchestra
La RCA sforna continuamente dischi di tutti generi, compreso quello classico e non fa una piega quando il ventunenne Baglioni dichiara di voler utilizzare un’orchestra intera. L’elenco degli artisti, già molto nutrito il giorno della prima sessione, diventa lunghissimo: si alterneranno nelle sessioni successive i seguenti strumentisti: Teresa Temperilli all’arpa, Tino Fornai al violino, Adalberto Cerbara al violino e alla viola, Luciano Madami al violino e violoncello, Gerardo Abate, Aurelio Albini, Fernando Baratta, Silvestro Catacchio, Montserrat Cervera, Rolando Cristifani, Eraldo D’Angelo, Sandrino Franceschini, Margherita Gabrici, Paolo Mezzaroma, Guido Mozzato, Marcello Palombi, Alberto Pini e Mario Tucci ai violini, Angelo Gentile, Antonio Miscia, Alessandro Nadin e Luigi Sagrati alle viole.
E poi ancora, Enrico Colonnese, Salvatore De Girolamo, Alberto Francolini, Ilicio Perugia e Vito Vallini ai violoncelli, Cicci Santucci, Giuseppe Cuccaro, Giovanni Culasso, Martino Di Fulvio e Alvise Verzella alle trombe, Giancarlo Becattini, Gennaro Baldino, Franco Vinciguerra ed Ernesto Pumpo ai tromboni, Sal Genovese, Antonio Russo, Giuseppe Taurino ai sax, Temistocle Colloridi, Marianna Gazzani, Nicola Samale ai flauti, Paolo Falco e Domenico Sebastiano al corno, Italo Tagliagambe alla tuba, Roberto Davini e I Cantori Moderni di Alessandroni ai cori.
Si direbbe una super produzione ed invece il tutto avviene in economia. Ma nulla è lasciato al caso: sta per accadere un fatto nuovo, di quelli che fanno la differenza. Ennio Melis, la mente della RCA conosce molto bene Pompeo De Angelis, scrittore, storico e fine documentarista. Collabora da tempo con la RCA, è un osservatore molto attento ed è abilissimo nel sintetizzare e a spiegare fatti e situazioni complicate, sviscerando questioni geopolitiche che vanno dalla Battaglia d’Algeri alla Rivoluzione dei Garofani dei capitani democratici portoghesi.

Pompeo De Angelis sa anche disegnare
Dopo averci spiegato la “sindrome cilena” tra Eduardo Frei e Salvator Allende, attraverso il linguaggio del fumetto, sta per spiegarci chi è e cosa diventerà Claudio Baglioni. I disegni sulla copertina del nuovo disco, realizzati da Pompeo De Angelis, descrivono il giovane Baglioni nel disincanto di una Roma assopita e svogliata, popolana e provinciale, piccole storie molto lontane dai fatti che stanno per piombare – è proprio il caso di dirlo – sull’intera società italiana.

Perfino gli stilemi utilizzati ricordano di più uno schizzo mentre la grafia e il tratto del disegno sembrano l’opera di un liceale che pregusta la dolcezza imminente del prossimo sabato pomeriggio.
Sul retro della copertina la frase di Claudio suona sincera:

il “tutto” è stato registrato tra l’incredulità generale nello studio C della RCA a Roma dal 27 agosto e il 30 settembre del 1972.”
Sembra ieri invece è passato mezzo secolo
Potremmo dire, per convenienza, che la musica suona ancora nuova, ma vi faremmo un torto. Perché i testi, dal taglio tardo adolescenziale, suonano datati, riportandoci irrimediabilmente all’ingenuità di quei tempi andati. Nella magnificente luminescenza dei suoi ultimi concerti, il suo autore ha preferito riservagli uno spazio proprio, come a volerli isolare – con un medley al solo pianoforte – dalla complessità profonda delle sue ultime produzioni. Questo Piccolo Grande Amore è l’album che ha rivelato la grandezza, acerba e futuribile, della musicalità e della cifra poetica di Claudio Baglioni.
Possiamo tranquillamente affermare che Claudio Baglioni fa parte della nostra vita
Ci sta accompagnando da cinque decenni, rinnovandosi disco dopo disco, raccontandosi e raccontandoci chi siamo e cosa facciamo, con l’introspezione profonda dello psicologo unita alla capacità di osservazione tipica del sociologo. I cinquant’anni di Piccolo grande amore vanno salutati con ottimismo e fiducia. Li abbiamo cantati e vissuti nelle varie fasi della nostra esistenza, dai primi timidi baci, all’innamoramento consapevole, all’esperienza genitoriale ed infine, con la serenità di nonni felici.

E, come direbbe Baglioni, oggi siamo qui, come in quei giorni d’agosto di cinquant’anni fa.