Nel trailer di The Dirt: Mötley Crüe, una delle prime scene con il batterista Tommy Lee – interpretato da Machine Gun Kelly – lo vede scandalizzare i propri genitori indossando i pantaloni (leopardati) della sorella minore.
Alle rimostranze della ragazza, e sotto lo sguardo disgustato risponde, con regale indifferenza, “stanno meglio a me”. Così si apre “l’incredibile storia della band più ribelle del mondo”, raccontata su Netflix dal regista Jeff Tremaine, la mente dietro i film della saga di Jackass. Assieme a Kelly anche Douglas Booth (Nikki Sixx), Iwan Rheon (Mick Mars) e Daniel Webber (Vince Neil).
L’inizio del film
The Dirt si apre con immagini di telefoni enormi, una performance di aerobica, e Nancy Reagan che si rivolge ai tossicodipendenti con la condiscendente richiesta di “dire di no e basta”. Come da tradizione si presenta il cattivo prima dei protagonisti, introdotti uno dietro l’altro con problemi famigliari, medici, mentali e un sacco di parolacce. L’obbiettivo? Fare spettacolo, fare scandalo e far parlare di sé. Al punto da aprire il primo concerto con una rissa con il pubblico, colpevole di non aver apprezzato il loro abbigliamento. La ribellione rock e adolescenziale mostrata in The Dirt non è solo liberazione, ma aperta belligeranza.
La natura selvatica dei protagonisti, che fanno del linguaggio volgare e dell’edonismo più sfrenato un cavallo di battaglia, non esiste mai nel vuoto, ma sempre in relazione (o in conflitto) con qualcuno o qualcosa. A differenza di un Freddie Mercury o David Bowie non c’è messaggio di giustizia sociale o di autoespressione contro un sistema soffocante nei loro sfoghi selvaggi e nel loro abbigliamento androgino. Per i Mötley Crüe, provocare è una vera e propria guerra aperta, un grido di battaglia per sfogare un istinto selvatico. La terra la lanciano negli occhi di chi guarda, per poi ridere di qualunque lamento.
Il parere di un critico cinematografico
Il critico cinematografico Roger Ebert, parlando di Mamma Ho Preso Il Morbillo – secondo sequel di Mamma Ho Perso l’Aereo, distribuito nelle sale nel 1997 – afferma che il film “dà potere ai bambini” offrendo loro una fantasia in cui sono a comando e possono vincere contro gli adulti, vittimizzati e umiliati nella tradizionale commedia fisica della saga. Si può considerare The Dirt un’estensione di tale fantasia per i giovani adulti, in cui persino antagonisti più simpatizzanti – come la mamma dell’ancora non Nikki Sixx, che lui incastra da bambino per un omicidio non commesso – vengono spianati a terra ed eliminati all’alta ombra di un pollice verso. Chitarre e macchine spaccate, corse da nudi nei corridoi, sesso sfrenato con donne sempre vogliose e sempre bellissime – oltre che inseguimenti con la polizia mostrati come una scenetta comica da commedia muta anziché come il pericolo che sono (e sono stati) nella vita reale. “Non ho mai dovuto sopportare quello che ho sopportato con i Mötley Crüe”, dichiara il loro agente.
Un cliché superato
La rockstar ribelle, sboccata e sessualmente libera contro i conservatori bigotti, abbottonati e in pieno panico satanico: una parabola vecchia come il mondo, sempre funzionante e mai dimenticata (basti pensare al successo dell’Eddie Munson di Stranger Things, che riporta frammenti di quel conflitto in scala ridotta e cittadina). Questo il conflitto principe di The Dirt: ma se la decisione di non idealizzare il lato ribelle del fronte appare sulle prime una presa di posizione realistica, consapevole dei rischi della dissolutezza e delle droghe pesanti.
Anche quando si manifesta la possibilità per un momento significativo, come quando la fidanzata di Tommy Lee subisce slut shaming dai genitori dello stesso, né Lee né il resto della band prendono la sua posizione, ed è piuttosto quest’ultima ad essere mostrata in modo negativo con le sue uscite sulla psiche di Lee – al punto da trascurare completamente il pugno in faccia ricevuto dalla donna poco dopo. O le battute a sfondo omofobo su Boy George e la sua “esperienza” a letto: come se quest’ultimo non fosse, allo stesso modo, agente di provocazione. “Sono ragazzi, che ci vuoi fare”, sembra dichiarare la regia, finché anche lo spettatore stesso non comincia a sentirsi vittima dei continui scherzi di quattro giovanotti esaltati e ubriachi.
Prospettive differenti
Tutto quello che non è casino – inclusa la musica e la visione che c’è dietro, mostrata solamente nella forma di concerti frenetici e corredati sempre da parolacce e donne poco vestite – giace elegantemente in secondo piano. Nikki Sixx si ripulisce dalla droga in un paio di minuti, solo perché decide di farlo, un attimo dopo essere salvato da morte certa in un intervento miracoloso che gli è dovuto solo perché è “Nikki Sixx del c***o”.
Persino la morte di Skyler (Camryn Ragsdale), l’idealisticamente dolce figlioletta di Vince Neil, dura meno di un minuto, e il personaggio più rumoroso al momento del lutto non è nemmeno Neil stesso. Non che ci si aspettasse che il regista di Jackass raccontasse un tormento emotivo genuino – ma viene da chiedersi, allora, perché provare senza finire.
Una pellicola vietata ai minori
The Dirt è vietato ai minori – si apre con un’orgia nel Sunset Boulevard, con tanto di copioso orgasmo femminile – e alcune scene, soprattutto (come da programma) con il principe delle tenebre Ozzy Osbourne, non vanno guardate a stomaco pieno. Il film si crogiola nella sua volgarità e non indirizza alcuna delle fallacie morali e comportamentali degli artisti: quello che conta è continuare a suonare, vivere emozioni forti e tirare un sospiro di sollievo perché non è finita male. Non può finire male: sono i f*****i Mötley Crüe!
Il nostro giudizio finale
Quantomeno, di The Dirt non si può eccepire la vicinanza allo spirito della band della quale racconta le peripezie: è volgare, straniante, arrabbiato col mondo intero e non ha interesse per l’opinione di nessuno eccetto la propria. Una gigantesca frat-party indietro di quarant’anni: ma dove si va quando la festa è finita?
E soprattutto, come può un film risultare troppo indietro con i tempi anche per l’epoca in cui è ambientato?