Nel maggio del 1976 esce Bufalo Bill, quinto album di Francesco De Gregori e uno dei suoi massimi esiti. Anzi, per qualcuno, Bufalo Bill è il capolavoro del Principe, il suo disco più completo.
Quando esce Bufalo Bill, però, gli stati d’animo che deve provare De Gregori sono contrastanti. Solo l’anno prima Rimmel ne ha decretato il grande successo, dopo una serie di album che ne avevano tracciato i contorni di giovane promessa. Rimmel vende benissimo ed è accolto trionfalmente anche dalla critica.
Chi non prende bene il successo di Francesco sono certi ambienti della sinistra extra-parlamentare. Un mese prima dell’uscita di Bufalo Bill, alla seconda data della tournée partita da Pavia, De Gregori si esibisce al Palalido di Milano in un concerto doppio. Durante quello della sera, il cantautore è vittima prima della contestazione di un gruppo di estremisti di sinistra, tra i cui militanti figurano Gianni Muciaccia, leader del gruppo musicale Kaos Rock, e Nicoletta Bocca, figlia del giornalista Giorgio Bocca.
I giovani lo accusano di fare i soldi cavalcando i temi della sinistra, ma di praticare poi uno stile di vita lussuoso e reazionario. De Gregori incassa e continua svogliatamente un concerto nato male, ma il peggio deve ancora arrivare. Al termine dell’esibizione, infatti, i contestatori minacciano tumulti e – per alcuni brandendo una pistola – costringono l’artista a tornare sul palco.
Quello a cui è sottoposto De Gregori non è solo un vero e proprio interrogatorio, ma un sequestro di persona di stampo fascista e un atto intimidatorio nei confronti di tutto il mondo musicale. Dopo una ventina di minuti di delirante farsa, interviene la polizia che disperde i manifestanti con l’aiuto dei fumogeni. De Gregori decide di non cantare più in pubblico e definisce “fascista” l’aggressione. Fortunatamente, già in autunno, il cantautore tornerà sulle proprie idee e sul palco, seppure tenendo inizialmente un basso profilo.
È quindi in questo clima quasi surreale che esce Bufalo Bill, album che ha l’ingrato compito di dare un seguito al bestseller Rimmel. De Gregori è dubbioso sulla strada da seguire e cambia quasi del tutto le carte in tavola, sentendosi quasi in colpa per il grande successo.
Anni dopo, francesco dichiarerà: “Bufalo Bill è questa mia croce e delizia: ecco, se potessi probabilmente lo rifarei curando meglio i suoni e gli arrangiamenti. Lo feci in quel modo, scarno ed essenziale, per punirmi di aver fatto Rimmel che aveva venduto troppo… roba da matti!”
Tant’è, pur scarno e con arrangiamenti ricercati ma ridotti all’osso, Bufalo Bill finisce per essere un altro capolavoro. Dieci canzoni, cinque per lato, di media durata, ma che di medio hanno solo la lunghezza. Metafore azzeccate e non sempre criptiche, come la critica gli ha sempre rimproverato, suoni classicamente folk ma non derivativi; le canzoni di Bufalo Bill sono forse quelle che smarcano definitivamente De Gregori dai suoi modelli e idoli.

La formazione vede Roberto Rosati alla chitarra, Mario Scotti al basso, Toto Torquati alle tastiere e Carlo Felice Marcovecchio alla batteria. De Gregori canta, con un timbro nasale rinnovato rispetto ai primi lavori, e suona l’acustica. Misterioso è l’apporto di Ivan Graziani nel brano che dà il titolo al disco, mentre le Baba Yaga introducono coi loro cori Disastro aereo sul canale di Sicilia.
La copertina, divenuta iconica nel tempo quanto il disco stesso, è tratta da un calendario del 1948 di Gil Elvgren, pittore famoso per le sue pin up. De Gregori avrebbe preferito la stampa a puntasecca American Riding Act di Otto Dix, ma non se ne fece nulla per questioni di diritto d’autore. Il disegno era stato tra le ispirazioni per il brano Bufalo Bill.
Ed è proprio Bufalo Bill ad aprire l’album.
Oltre che dalla stampa di Dix, la canzone trae spunto dal film di Sam Peckinpah La ballata di Cable Hogue, oltre che dalla vita di William Cody, in arte Buffalo Bill. Il pezzo, privo del canonico ritornello, si apre con una cascata di note di pianoforte, per poi avere come sfondo la più classica chitarra acustica.
Come spesso nelle canzoni di De Gregori, si procede per immagini quasi cinematografiche; narrando i grandi spazi del west, Francesco inchioda il coperchio alla bara del grande Sogno Americano. Bufalo Bill, che rivela la sua identità in un irresistibile crescendo, viene superato dal progresso, simboleggiato dall’amico meccanico Culodigomma, e dal tempo.
“Mi sono messo un po’ nel linguaggio di questi americani che vedevano il mondo probabilmente diviso tra quelli che andavano a cavallo e quelli che non ci andavano. Chi non ci andava probabilmente aveva il culo più molle, e il meccanico che si intende di pistoni e cilindri, perciò, viene definito culo di gomma; quindi, una specie di sottoprodotto umano agli occhi di Bufalo Bill.”
Francesco De Gregori
L’andamento è dolente e malinconico, grazie soprattutto al grande lavoro del pianoforte. Una canzone che – a ragione – viene considerata uno dei capolavori di De Gregori.
Il brano successivo, Giovane esploratore Tobia, vede la collaborazione di Lucio Dalla, che poco dopo sarà protagonista con Francesco del tour Banana Republic. La canzone si muove sulle coordinate di un folk rock acustico, con una melodia immediata. Il protagonista Tobia è un giovane boy-scout che compie continuamente buone azioni. Tuttavia, la metafora è polemica verso il buon borghese che, compiendo banali buone azioni alla portata di tutti, si sente a posto con la coscienza.
La musica cita brevemente In the summertime dei Mungo Jerry e insegue qualche suggestione sudamericana, specie nel finale, opera di Dalla.
L’uccisione di Babbo Natale è un delicato bozzetto folk suonato dallo stesso De Gregori alla chitarra acustica. Il pezzo, definito amorale dal cantautore, descrive metaforicamente, attraverso l’uccisione della figura simbolica di Santa Claus, la fine del sogno di pace e amore degli anni Sessanta. Il figlio del figlio dei fiori, in questo senso, è emblematico del passaggio dall’Estate dell’amore agli Anni di Piombo.
Una canzone breve, ma efficacissima sia nelle liriche che nel profondo significato e anche nella riuscita a livello musicale. In una parola, un altro capolavoro.
La successiva Disastro aereo sul canale di Sicilia è più criptica nel raccontare una sciagura aerea con implicazioni politiche. Inquietante pensare alla strage di Ustica, avvenuta qualche anno dopo, oltre alla citazione di Mauro De Mauro, giornalista fatto sparire da Cosa Nostra.
La canzone è però da ricordare anche per la parte musicale, con un De Gregori in grande spolvero nella parte vocale e una melodia che lascia il segno.
Chiude il primo lato un brano più sostenuto nel beat e solo in apparenza dal testo criptico, Ninetto e la colonia. Con uno stile quasi declamatorio e una serie di immagini che ricordano il Bob Dylan più visionario, De Gregori prende in realtà spunto da una storia vera. Il Masacre de las bananeras del 5 dicembre 1928 nella città di Ciénaga, vicino a Santa Marta, in Colombia; i lavoratori in sciopero della United Fruit Company furono sterminati a colpi di mitragliatrice.
Così la descrive lo stesso De Gregori: “Racconta la triste storia di un bambino che si trova in un cinema al momento in cui entrano dei marines, che mettono tutti al muro e li fucilano, anche Ninetto. Dopo i marines arrivano i signori della Chiquita che raccolgono le banane che prima erano di Ninetto e dei suoi amici.”
La seconda facciata si apre con un pezzo enigmatico e perfetto, Atlantide. La musica e l’arrangiamento risentono pesantemente dell’influenza di Three Angels, pezzo poco conosciuto di Bob Dylan, da New Morning. Il testo, che si dipana sul delicato tappeto musicale, presenta immagini spiazzanti di una storia d’amore finita.
Atlantide rappresenta un luogo distaccato dal mondo reale, mentre alcune immagini tratteggiate sono rimaste celebri tra le liriche di Francesco.
Conoscete per caso una ragazza di Roma/La cui faccia ricorda il crollo di una diga? o Nasconde sotto il letto barattoli di birra disperata/E a volte ritiene di essere un eroe sono obiettivamente parole che non si ascoltano spesso.
Ipercarmela narra la storia di una famiglia del sud, citando la melodia della celebre Passion Flower. La canzone doveva essere compresa tra quelle di Rimmel, ma fu esclusa all’ultimo momento. Poco male, forse, perché in Bufalo Bill risulta perfettamente organica.
Ultimo Discorso Registrato, su un tappeto musicale che ricorda un po’ il Lou Reed di Transformer, rievoca attraverso una serie di domande assurde l’episodio dell’interrogatorio del Palalido.
Rimane ancora lo spazio per la chiusura, e Bufalo Bill finisce decisamente bene, con due canzoni che entreranno nel novero delle migliori del cantautore.
Festival rievoca il suicidio di Luigi Tenco, avvenuta all’epoca da poco meno di dieci anni. Uno splendido folk che pare uscito dal canzoniere di Bob Dylan, con tanto di armonica, fa da sfondo a un testo lontanissimo dal patetico e che rende forse il più bell’omaggio al grande Tenco.
E l’uomo della televisione disse
Nessuna lacrima vada sprecata, in fin dei conti cosa
C’è di più bello della vita, la primavera è quasi cominciata
Qualcuno ricordò che aveva dei debiti
Mormorò sottobanco che quello era il motivo
Era pieno di tranquillanti, ma non era un ragazzo cattivo
La notte che presero le sue mani
E le usarono per un applauso più forte
Chi ha ucciso il piccolo principe che non credeva nella morte?
L’assurda presa di posizione di Mike Bongiorno a condannare il gesto di Tenco; i pettegolezzi della gente e della stampa; lo sfruttamento di un cantautore da sempre messo ai margini; la fretta di andare avanti con lo spettacolo: tutto viene condannato nel testo di De Gregori.
“Tenco non è un personaggio vincente, non è una persona che ha agito bene ed io non ho voluto fare una canzone per difenderlo, ho voluto parlare di Tenco perché è esistito. Oggi o non se ne parla mai o si fanno delle commemorazioni macabre.”
Francesco De Gregori
L’ultimo pezzo di Bufalo Bill è anche uno dei più belli dell’intera carriera di De Gregori. Per Lucio Dalla, addirittura, il migliore: Santa Lucia.
Sorta di preghiera laica per i perdenti e per chi non ce la fa, Santa Lucia si irradia in poco più di tre minuti di autentica magia.
Santa Lucia per chi beve di notte
E di notte muore e di notte legge
E cade sul suo ultimo metro
Per gli amici che vanno e ritornano indietro
E hanno perduto l’anima e le ali
Per chi vive all’incrocio dei venti
Ed è bruciato vivo
Per le persone facili che non hanno dubbi mai
Per la nostra corona di stelle e di spine
E la nostra paura del buio e della fantasia
Pochi hanno cantato con tanta poesia e sincera commozione il mondo degli ultimi, forse neanche De André.
Con Bufalo Bill, Francesco De Gregori consegna alla storia il secondo capolavoro consecutivo. Uno stato di grazia che continuerà ancora coi dischi successivi, almeno fino a Titanic. Una serie di album che codificano il nuovo cantautorato italiano, e di cui Bufalo Bill è forse la gemma più scintillante.