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Woodstock, la setlist: Santana

Woodstock è stato il più grande festival del rock. Nella sua seconda giornata ha portato sul palco alcuni dei nomi più importanti di tutti i tempi. È il momento di Carlos Santana, fino a quel momento un quasi sconosciuto.

Un po’ di biografia

Carlos Santana è nato ad Autlán, in Messico, uno di sette figli. Suo padre José era un musicista, suonava il violino ovunque potesse trovare lavoro. Sua madre, Josefina, trasferì la famiglia a Tijuana, dove lavorava José, quando Santana aveva otto anni. Suo padre insegnò a Carlos come suonare il violino e lui iniziò ad esibirsi per i turisti, per qualche spicciolo. Ha rinunciato al violino per la chitarra e ha iniziato a frequentare le band che suonavano nei nightclub di Tijuana.

Quando Carlos Santana raggiunse l’adolescenza la famiglia si trasferì di nuovo, questa volta a nord del confine, a San Francisco, dove coltivò il suo amore per il blues e perfezionò la sua arte con la chitarra. Lui e il tastierista/cantante Gregg Rolie hanno formato la Santana Blues Band nel 1966 con un elenco mutevole di altri musicisti.

Nel giugno 1968, la band, ora conosciuta semplicemente come Santana, suonò per la prima volta al Fillmore West di Bill Graham. Il pubblico ha risposto alla loro esibizione con una standing ovation e, successivamente, la band ha firmato un contratto discografico con la Columbia Records.

La band iniziò a registrare il loro album di debutto nel maggio 1969, completandolo in un mese, ma le loro vite e carriere cambiarono prima che la Columbia potesse pubblicarlo.

A Woodstock

Gli organizzatori del festival di Woodstock, che ovviamente volevano i Jefferson Airplane e i Grateful Dead in cartellone, dovettero prendere accordi con il manager Bill Graham che gestiva entrambe le band. La sua richiesta fu quella di inserire anche i Santana. Fatto l’accordo, fatta la storia.

Ecco come il batterista Michael Shrieve racconta la vicenda:

Non avevamo ancora inciso un disco ma andavamo in tour e suonavamo con tutti i grandi gruppi… Chicago, The Airplane e Janis and the Big Brother e altri. Tenevamo botta e alla gente piaceva. Quindi è arrivato l’ingaggio a Woodstock e abbiamo affittato una casa da quelle parti, perché noi eravamo sulla costa orientale.

Andando al festival abbiamo iniziato a sentire i servizi televisivi e radiofonici sul traffico… sentivi che il traffico sull’interstatale era incontrollato. E poi alla fine hanno chiuso tutto e non saremmo potuti entrare a meno che non fossimo saliti in elicottero. Quindi, aspettavamo il nostro momento per suonare, ma John Roberts e Michael Lang si sono avvicinati e hanno detto: ‘Dovete salire ora, c’è stato un cambio di programma’. Ci ha sconvolto un po’, ma sai, non potevamo farci nulla. Ricordo che è stato come stare in piedi sull’oceano. C’era davvero un oceano di persone.”

Sul palco

Quando i Santana sono saliti sul palco, alcuni tra il pubblico ne avevano già sentito parlare e altri li avevano effettivamente visti esibirsi, ma la maggior parte del mezzo milione di persone presente non aveva idea di cosa aspettarsi. Hanno aperto con uno strumentale, “Waiting”, e già dall’inizio la tastiera di Gregg Rolie ha messo su un po’ di groove. Carlos Santana lo ha seguito a ruota con un po’ di pennate, prima di irrompere in un potente assolo.

Aneddoto carino: prima di iniziare il brano successivo Rolie è riuscito a dire: “È fantastico essere qui a New York!”. Queste cose erano ancora un po’ da sistemare…

La canzone successiva, “Evil Ways“, fu suonata sotto gli effetti dell’acido preso poco prima di salire sul palco. L’allucinogeno (o forse la mezcalina, secondo altre testimonianze) ha trasformato la chitarra di Santana in un serpente, cosa che gli ha dato non pochi problemi. Il pubblico deve aver capito qualcosa e ha risposto con un educato ma freddo applauso, mentre la band si è sintonizzata per la canzone successiva, “You Just Don’t Care“.

La voce di Rolie si incrinava sulle note alte, ma il pubblico venne letteralmente travolto dall’esibizione della band. La band ha poi suonato un altro strumentale, “Savor“, che presenta una presenza importante dell’organo e delle percussioni, condite da un lungo assolo di batteria. Un rapido “Grazie da San Francisco” di Rolie prima di “Jingo“: organo con un bel po’ di leslie e un ritmo trascinante.

E poi ancora

Durante il set, la band si è esibita nutrendosi l’uno dell’energia dell’altro. I brani successivi sono stati uno più memorabile dell’altro. Qualunque problema ci fosse prima di salire sul palco, di nervi o chimico, era scomparso e la musica salì alle stelle.

Man mano che ogni membro della band suonava il proprio assolo, i ritmi hanno fatto alzare da terra le persone, che si sono messe a ballare perdendosi nella musica. Il pubblico chiese il bis e la band tornò sul palco per suonare l’unica canzone che non sarebbe apparsa nel loro primo album, “Fried Neck Bones and Some Home Fries“.

Dopo Woodstock

Pochi giorni dopo la loro esibizione, i Santana pubblicarono l’omonimo album di debutto. Il loro set fu memorabile e il disco si piazzò diritto al quarto posto nella classifica di Billboard, con il singolo “Evil Ways” nella Top 10.

E il resto è storia. Alla prossima con John Sebastian.

— Onda Musicale

Tags: Carlos Santana, Woodstock
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