In primo pianoMusica

Sonic Youth: quarant’anni fa nasceva la libertà sonica

“Cosa sono per te i Sonic Youth? Libertà espressiva del rock” . Così, un caro amico, mi ha risposto a questa fatidica domanda. In effetti, le risposte potrebbero essere tante, ma nessuna come questa li può definire meglio.

Sono le 17:00, metto “Evol” sullo stereo e inizio anche io a pensare a cosa sono per me i Sonic Youth. Nati nel 1981, nel pieno del movimento artistico newyorkese No Wave sotto l’influenza di uno dei padri di tale movimento Glenn Branca, i Sonic Youth, in tre decenni di carriera, hanno saputo evolversi e stare al passo con i tempi mantenendo il proprio stile inalterato, infischiandosene delle mode e contemporaneamente influenzando il rock.

Tutto partì proprio grazie a Glenn Branca

Il chitarrista Thurston Moore, ragazzone di quasi due metri di altezza, incontrò – anch’esso chitarrista – Lee Ranaldo proprio in una delle band di Glenn. Da li a poco i due formarono i Sonic Youth insieme alla ragazza di Moore – e sua futura moglie – la bassista Kim Gordon e al primo di una lunga serie di batteristi, Richard Edson (divenuto poi attore caratterista). Solo nell’85 troveranno in Steve Shelley il batterista definitivo.

Il primo decennio è passato – secondo molti – con i loro migliori album; dall’Omonimo a “Confusion is Sex”, passando per  il concept album “Bad Moon Rising” (che include la violenta Death Valley ‘69 con la partecipazione di Lydia Lunch), fino a “Sister” ed “Evol”. Infiniti feedback, impetuose schitarrate e fulminee melodie faranno da contorno sonico a questi album fino alla consacrazione ai più con il capolavoro in assoluto: è il 1988, l’anno di “Daydream Nation”.

Con “Daydream Nation” si giunge ad un perfetto equilibrio tra rumore e la forma-canzone classica, con i sempre presenti ritmi Post-Punk di Shelley. Silver Rocket divenne una canzone simbolo della band: “Gotta heart injection that you got yourself a line. You got it, yeh ride the silver rocket”.

Questo è l’album che li fece approdare ad una major

La Geffen Records, fresca del successo planetario con “Appetite For Destruction” dei Guns N’ Roses, decise – attraverso la sussidiaria DGC – di abbracciare la causa sonica e far approdare al mainstream anche il noise. Questo portò un cambiamento nel suono dei nostri? Manco per idea, anche grazie ad un accordo con la Geffen, che si impegnava ad interferire il meno possibile con la loro musica. Beh, con i quasi 10.000.000 di copie vendute di “Appetite For Destruction” i vari Aerosmith e Elton John sotto contratto, potevano permettersi tranquillamente di lasciare – quasi – carta bianca a Moore & company.

La Geffen da lì a poco tempo si sarebbe resa conto di averci visto bene

Nel 1990 i Sonic Youth pubblicarono “Goo” che vendette oltre 200.000 copie nei soli Stati Uniti. Questi numeri li portarono nei migliori festival europei accompagnati nientepopodimeno che dai Nirvana il cui  tour è raccontato nel film “The Year The Punk Brooke”. I Nirvana, persuasi proprio dai Sonic Youth, approdarono alla Geffen e ciò che successe dopo avrebbe cambiato le sorti di tutti. “Nervermind” uscì quel 24 settembre del 1991 e fece sfracelli.

È il 1992, il mondo è impazzito

Tutti sono alla disperata ricerca dei nuovi Nirvana, intanto i Sonic Youth pubblicano l’album più pesante della loro discografia: “Dirty”, prodotto – guarda caso – da Butch Vig. Severamente influenzato dal Seattle Sound, “Dirty” suona per l’appunto sporco, cattivo ed è il loro disco più politico: “Yeah, the president sucks, he’s a war pig fu** “ recita Youth Against Fascism. Grazie alla regia di Vig, gli angoli vengono smussati e le chitarre tirate a lucido con il risultato di un suono fresco e ringiovanito.

Cobain, intanto, è passato a miglior vita e la metà degli anni ‘90 ha inizio con un decadimento musicale

Il Grunge è morto con quello sparo, le case discografiche, in tilt, iniziarono a disinteressarsi di tutti questi capelloni con la camicia in flanella e molti gruppi cominciarono  a sciogliersi o a perdere il proprio contratto. I Sonic Youth, che involontariamente erano una delle cause dell’esplosione del grunge, non curanti della sua fine, continuarono per la loro strada. Addolcendo e sperimentando maggiormente il suono, tirarono fuori perle come “Experimental Jet Set, Trash & No Star”, “Washing Machine” – contenente la sublime The Diamond Sea – e  “A Thousand Leaves”.

Il peso degli anni iniziarono a farsi sentire anche per loro e dopo il deludente (per una certa stampa) ma seppur buono “NYC Ghosts & Flowers”,  provarono a lustrare le chitarre con gli album “Murray Street” e “Sonic Nurse” dove intrecci chitarristici, lampi di melodia, rumori alla vecchia maniera e suoni un po’ più ricercati si sposano alla perfezioni. Stanchi di quasi 30 anni di carriera, i nostri si congederanno con “Rather Ripped” del 2006 ed “Eternal” del 2009. In questi ultimi due album si possono apprezzare sperimentazioni Post-Rock, proprio – sembra fatto apposta – a passo con i tempi e con ciò che il rock stava offrendo in quei anni.

“Thurston continued to carry on this double life with her. He was truly a lost soul”. Così Kim Gordon a proposito della rottura con Moore (si erano sposati nel 1984). È il 2011, e con la separazione tra la Gordon e Moore è la fine dei Sonic Youth.

Come sarebbe stata la musica senza la Gioventù Sonica?

C’è chi gli ha definiti New Wave, chi Rock Alternativo, chi Post-Punk, chi addirittura Grunge (si, sono arrivato a leggere anche questo), chi tra gli artefici del Noise Rock, chi – semplicemente – libertà. Il totale disinteresse di essere etichettati per forza in qualcosa era il loro punto forte, che gli permise di rimanere fedeli al loro stile e a sé stessi anche davanti al passaggio delle mode e nonostante il fortunato approdo alla Geffen.

Il loro suono, il loro stile hanno influenzato e sono stati fondamentali per una miriade di gruppi

Dai Dinosaur Jr agli Strokes, fino ai nostrani Marlene Kuntz (Godano non ha mai negato, anzi). Tutti devono qualcosa ai Sonic Youth è per questo che sono e saranno per sempre una delle band peculiari per la storia del rock, uno di quei gruppi che – come pochi – possono insegnare qualcosa.  

Lo stile chitarristico inconfondibile di Ranaldo e di Moore (tra i pionieri nell’utilizzo delle così dette accordature alternative che negli anni gli hanno fatto avere uno stand invidiabile di chitarre sul palco) ha fatto scuola. Il magazine Rolling Stone li posiziona al 33° e al 34° posto nella classifica dei 100 migliori chitarristi di tutti i tempi e la Fender stessa ha prodotto una serie particolare di Fender Jazzmaster – chitarra da loro maggiormente utilizzata – dedicata ai due. La loro popolarità gli valse addirittura una comparsata in una puntata della serie animata i Simpsons (Homerpalooza, 7° stagione, 24° episodio), interpretando, per l’occasione, la celebre sigla della Serie.

Cercavamo di fare i Nirvana, ma ci uscivano i Sonic Youth” mi raccontava sempre il mio amico, e come biasimarlo? Anche involontariamente si passa davanti a quei muri sonici fatti di feedback, batterie martellanti e violente schitarrate.

Grazie Gioventù Sonica.

Articolo scritto da Giulio Ardau

— Onda Musicale

Tags: Aerosmith, Nirvana, Elton John, Guns N' Roses, sonic youth
Sponsorizzato
Leggi anche
Sidney Charles @ Bolgia – Bergamo il 15 ottobre
Legnago Film Festival 2022 ricordando Ennio Morricone