Johnny Ace è stato uno dei più apprezzati musicisti di rhythm and blues, ma era completamente pazzo. Così pazzo da spararsi a metà di un concerto, la notte di Natale del 1954.
Il ragazzo da un milione di dollari
Quando si parla di rock è necessario partire dalle origini, affinché lo si possa capire bene. E le origini del rock sono nel rock and roll (e prima nel blues), che, negli anni ’50, era sinonimo di rhythm and blues. I neri erano talmente messi da parte che il mercato aveva un’etichetta dedicata a loro: race music, la musica per la “razza”. Dentro questa etichetta c’era tutto il mercato discografico che girava tra i neri d’America.
Non solo blues ma anche gospel e, soprattutto, rhythm and blues, che è il blues portato alla potenza delle orchestre, che con le loro sezioni di fiati facevano scatenare tutti. Anche i bianchi, ma questa è un’altra storia. Johnny Ace era uno di quelli che, più di altri, faceva impazzire le folle. Voce meravigliosa, corpo aitante e una bravura senza uguali.
Pronti, via!
Pseudonimo di John Marshall Alexander Jr., Johnny nasce a Memphis il 9 giugno del 1929. Si fa notare come pianista nel giro di Memphis e suona con gente tipo B.B. King, Junior Parker e Roscoe Gordon. Poi si fa notare da un certo David James Mattis, che era il direttore di un noto programma radiofonico della WDIA, con sede a Memphis.
E da qui prende il volo la sua carriera solista. Il suo primo 45 giri resta nelle classifiche rhythm and blues per nove settimane. La sua bravura lo porterà a suonare anche per 350 date in un anno. La sua è una vita costantemente in tour.
Amava le macchine, Johnny, e amava le pistole. Due amori che lo porteranno letteralmente alla pazzia, o forse alla troppa sicurezza di sé. Tra il 1952 e il 1954, incide 8 dischi con la Duke, l’etichetta di Big Mama Thornton, una delle signore del blues. Saranno tutti dei successi giganteschi.
Regali di Natale
Specializzato in ballade, Johnny Ace aveva una voce da far scendere le lacrime. I ragazzi lo ascoltavano durante le loro serate romantiche, come mostra molto bene John Carpenter in “Christine – La macchina infernale” (1983), quando Arnie si innamora letteralmente della macchina. In quel momento ascolta un brano: “Pledging My Love”.
Le parole sono “My heart’s at your command dear, to keep, love and to hold, making you happy is my desire, keeping you is my goal” che significa: il mio cuore è ai tuoi ordini, per mantenerti, amarti e trattenerti. Farti felice è il mio desiderio, il mio obiettivo e restare con te.
Ovvio che ci si innamorasse facilmente! Ed è proprio per queste sue parole e per la sua voce (e i meravigliosi arrangiamenti della Otis Orchestra) che Johnny viene invitato a suonare a Houston la notte di Natale. Si regala una macchina (una Oldsmobile, per i fanatici di motori) e una calibro 22. Il concerto va alla grande, come sempre. Tra gli ospiti c’è anche Big Mama, che lo adorava.
A metà concerto la scommessa con il destino
E, esattamente a metà concerto, quando gli artisti si prendono una pausa per rinfrescarsi dal sudore, decide di fare un gioco. Prende in mano la sua pistola (o forse una calibro 35) e la punta alla sua tempia. “Tanto è scarica”, dice. Dentro c’è una sola pallottola, quella sbagliata.
Si spara alla testa, così, boom. Big Mama, che spaventata entra di corsa nel camerino, scappa via urlando che “Johnny è morto!”. Johnny si è suicidato per uno stupido gioco. È la notte di natale del 1954 e Johnny aveva soltanto 25 anni.
Paul Simon
Alla morte di Johnny Ace “Pledging My Love” balza in testa alle classifiche. Al suo funerale parteciparono 5000 persone. Anche molti anni dopo si sente parlare di lui. Innanzitutto i film. La sua voce compare in Ritorno al futuro, in Christine – La macchina infernale, Marylin e in First man – Il primo uomo.
E poi non si contano gli omaggi. Il più noto è forse quello di Paul Simon che lo ricorda in “The Late Great Johnny Ace”. Johnny Ace era una vera e propria rock star ante litteram.