In primo pianoMusica

Eye in the Sky, ovvero l’occhio che ti penetra l’anima

Nel 1982, un occhio si apre nel cielo e ci guarda tutti. È l’occhio di Iside. È l’Eye in the Sky dell’Alan Parsons Project.

Eye in the sky

E’ il sesto disco in studio dell’Alan Parsons Project, il gruppo nato dalla mente di Alan Parson, appunto, e di Eric Woolfson. Alan Parson, che aveva lavorato come ingegnere del suono durante le registrazioni di “Abbey Road” dei Beatles e “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd (giusto per citarne un paio), aveva decisamente le idee molto chiare su cosa fosse un suono e come si potesse gestire.

Inoltre le sue orchestrazioni gli arrangiamenti per i dischi del Project sono di livello altissimo, a conferma che lavorare con band di quel calibro è stato utile alla sua formazione musicale. D’altronde, con la collaborazione del fido Eric Woolfson, il successo del duo arriva immediatamente e non si ferma mai. I primi cinque dischi si piazzano sempre in posizioni piuttosto alte, sia in Europa che negli USA. E con Eye in the Sky fanno il botto.

Un po’ di tecnicismi

Eye in the Sky è il primo album del Project ad essere registrato direttamente su traccia digitale, partendo da una strumentazione (ovviamente) analogica.

Giusto per i feticisti: sintetizzatore Fairlight CMI, drum machine LinnDrum, pianoforte elettrico Wurlitze 200A. Questi gli strumenti elettronici. Poi, come sempre, chitarre, bassi, batterie, un’intera orchestra… La particolarità dell’Alan Parsons Project sta proprio nel non avere una band fissa, ma nel chiamare amici musicisti che potessero suonare gli arrangiamenti di Parson e Woolfson. Che poi alla fine rimangono.

Il chitarrista Iain Bairson, per esempio, suona in tutti i dischi del duo.

I primi vagiti

si hanno già all’inizio del 1981, quando Eric e Alan iniziano a registrare i primi brani. In quel periodo vivevano nel principato di Monaco, per sfuggire all’enorme peso di tasse che avrebbero dovuto sostenere a casa propria.

L’idea di fondo, a differenza di quanto si pensi, non è legata solo ed esclusivamente al romanzo 1984 di George Orwell, bensì ad un concetto più generico: la fede.

Scrivono sul loro sito:

Il concetto alla base di questo album era legato ai sistemi di credenze, siano esse religiose, politiche o nella fortuna (come nel gioco d’azzardo). Generalmente il concetto è legato all’idea universale che esista qualcuno che guarda tutti noi dall’alto. L’espressione è usata anche in contesti militari e di sorveglianza.”

In effetti, leggendo i testi, i riferimenti ad Orwell non sono poi così tanti.

I brani – Lato A

Sirius è lo strumentale che apre il disco. Di per sé nasce come introduzione al brano successivo, Eye in the Sky, ma le radio hanno sempre trasmesso la title track senza introduzione, quindi i due pezzi sono stati definitivamente divisi. È stata la colonna sonora dei Chicago Bulls dal 1984 al 2004.

Eye in the Sky è probabilmente il titolo più conosciuto del Project. La canzone, che prende spunto dal romanzo di Orwell, è stata concepita da Woolfson quando, in giro per supermercati, si è accorto delle telecamere di sorveglianza. Esce come singolo per Arista (l’etichetta di ogni loro lavoro) con Mammagamma nel lato B.La cantante israeliana Noah ne canterà, nel 2003, una versione meravigliosa.

Children of the moon ci porta in spiagge bagnate dalla polemica politica. Figli della Luna, accecati dalla luce nei loro occhi che vengono accompagnati da guide cieche. Il brano è piuttosto rock e le trombe che si sentono durante il ritornello ringraziano da non troppo lontano il periodo passato a lavorare con i Beatles.

Gemini, cantata quasi interamente a cappella, è un brano che cerca di dare una risposta all’unione fra le persone. Dice la canzone: “Anche se provassi a scrivere un milione di parole al giorno, non so perché ci possiamo definire gemelli”. Molto poetica.

Silence and I è forse il brano più epico di tutto il disco. Il duo, forte delle proprie capacità musicali, ha concepito questo brano come un collage di pezzi. L’inizio è una ballad ma poi questa sfocia in un interludio orchestrale ricchissimo di sonorità per poi chiudere con un elegante assolo di chitarra. Il testo è piuttosto criptico, ma è chiaro il dualismo tra silenzio e rumore. Sento il suono delle foglie che si staccano dall’albero, sento una voce echeggiare ma non capisco chi ne sia il proprietario, si legge nel brano.

I brani – Lato B

You’re Gonna Get Your Fingers Burned è il classico brano rock dal ritmo divertente, con il bel solo in mezzo. Cantato da Lenny Zakatek, colui che è stato definito il cantante prog per eccellenza, per le qualità funk e bluesy portate al genere (nella voce).

Psychobabble è un brano piuttosto interessante, soprattutto nella sua parte centrale. Effetti sonori che si incastrano gli uni agli altri, in un crescendo di tensione che ci riporta poi ad una risoluzione naturale del brano.

Mammagamma è l’altro strumentale del disco. Forse un po’ meno famoso, ma sono sicuro che l’abbiate già ascoltato almeno una volta perché viene (è venuto) molto spesso usato come sigla di programmi radiofonici o televisivi.

Step by Step, nuovamente cantata da Zakatek, tratta invece l’argomento del gioco d’azzardo e della forza di volontà di agire nonostante tutto. Altro pezzo accattivante.

Old and Wise chiude il disco. Il brano, struggente, è meraviglioso. La melodia, pensata in termini non canonici, è in continuo cambiamento, fino al climax del ritornello. La ciliegina sulla torta è il sax di Mel Collins (già nei King Crimson agli inizi degli anni ’70) che permetterà al brano di essere molto apprezzato.

Eye in the sky porterà l’Alan Parsons Project a livelli di vendite che mai più raggiungeranno, nonostante i lavori successivi siano comunque gradevolissimi, a partire da Gaudì.

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, The Beatles, Alan Parsons
Sponsorizzato
Leggi anche
David Gilmour: “E’ vero, per il dopo Barrett la prima scelta dei Pink Floyd era Jeff Beck”
Stefano Bertozzi torna con “Taking Stock”: l’intervista