Mosso da una passione viscerale per il pop e il punk rock, Morrissey tenta di tutto per formare una band che lo legittimi a usare la sua voce.
La voce in questione non è solo uno strumento musicale, è uno strumento di rivoluzione: figlio di irlandesi immigrati e acuto osservatore dei bassifondi della città di Manchester, Steven Patrick Morrissey si fa portavoce di sentimenti pienamente condivisibili dall’Inghilterra ingabbiata nel thatcherismo.
Prima entra nei Sulky Young, che si sciolgono dopo due concerti, poi ci riprova con i Nosebleeds, tutto pur di lasciare il lavoro all’ufficio esattoriale. Ma quando si separano anche loro e la band del suo amico Billy Duffy (futuro fondatore dei Cult) lo rifiuta, scrivere per il giornale di musica «Record Mirror» non gli basta più.
Morrissey vuole conquistare la scena e sconvolgere il panorama musicale dall’interno, occasione che si presenta nell’82 quando riceve una visita a casa da Johnny Marr, giovane chitarrista appassionato di Rory Gallagher e Keith Richards, che ha sentito i suoi brani e lo vuole disperatamente nella band.
Nascono così gli Smiths, l’equivalente dei nostri Signori Rossi: quattro ragazzi della working class, ordinari come tanti altri, che però sono in grado di mescolare letteratura, melodramma e spudoratezza, incarnando lo spirito di un’intera generazione insofferente verso il conformismo e le convenzioni sociali. Una contrapposizione geniale, condita da un’ironia neanche tanto sottile e da un romanticismo a tratti sconveniente.
The Smiths (1984)
Nel mondo del vacuo edonismo espresso dall’electropop, dal glam e dal pop falsamente ottimista viveva una giovane maggioranza di introversi e controversi. A loro si rivolge Morrissey con le sue liriche stravaganti ed eccessivamente intimistiche.
Reel Around The Fountain
Già con il primo brano gli Smiths suscitano scandalo nell’Inghilterra degli anni Ottanta. Si tratta infatti, come del resto tutto l’album, di un manifesto di problematiche sessuali ed è scambiata subito per una «canzone sul sesso minorile» – come si legge sul «Sun». In realtà Morrissey è un grande appassionato di Oscar Wilde e ha semplicemente giocato con il concetto di “amore greco” caro agli Estetisti. In più, in un’intervista a «Rolling Stone» ha tentato di chiarire che il vero tema del brano è la perdita dell’innocenza, la crescita e la scoperta di se stessi. Inutile dire che la spiegazione è stata considerata una mera giustificazione.
You’ve Got Everything Now
Continuano i tabù. Questa canzone è un invito a riconsiderare l’intero sistema su cui si basa la società odierna, ed è interessante che un testo così feroce e critico sia accompagnato da una melodia semplicissima, orecchiabile, quasi banale.
No, I’ve never had a job / Because I’m too shy / I’ve seen you smile / But I’ve never really heard you laugh / So who is rich and who is poor? / I cannot say”
(No, non ho mai avuto un lavoro / Perché sono troppo timido / Ti ho visto sorridere / Ma non ti ho mai sentito ridere / Quindi chi è il ricco e chi il povero? / Non so dirlo)
È come se Morrissey stesse invitando gli ascoltatori a una sorta di resistenza: rinunciate al lavoro e rinuncerete a tutti quei piaceri moderni, quelle cose materiali che non desideriamo veramente e che ci tengono solo intrappolati in un mondo di eccessi e iperproduzione, senza darci nulla se non piaceri momentanei e inutili. Effimeri.
Pretty Girls Make Graves
L’astinenza è il tema di questo brano, e anche qui si potrebbe fare un interessante osservazione: quanto è impopolare parlare di astinenza sessuale in un brano pop? Soprattutto nell’epoca in cui il corpo viene esibito in ogni modo e con qualsiasi scusa, soprattutto nell’epoca dei videoclip e dell’esaltazione del fisico atletico.
She wants it now / And she will not wait / But she’s too rough / And I’m too delicate”
(Lei lo vuole adesso / E non aspetterà / Ma lei è troppo rude / E io troppo delicato)
È sempre più chiaro, quindi, il pubblico di riferimento degli Smiths: gli strani, gli emarginati, i depressi, tutti coloro che si sentono diversi, sempre imbarazzati. Morrissey stesso esibisce questo lato di sé, quello poco virile e quasi disturbante, con i suoi abiti strani, floreali, gli occhiali e il ballo tutt’altro che sensuale.
Hand in Glove
Difficile dire chi siano i protagonisti di questa storia d’amore. Morrissey dichiara nelle interviste che odia ogni tipo di segregazione sessuale, ecco perché i suoi testi sono spesso asessuati, nessuno deve sentirsi escluso. Un atteggiamento che può considerarsi moderno, poiché sfumato e lontano dalle classificazioni.
Still Ill
I decree today that life / Is simply taking and not giving / England is mine, it owes me a living”
(Oggi stabilisco che la vita / Si limita a prendere senza dare nulla / L’Inghilterra mi appartiene e mi deve una vita)
Morrissey e Marr continuano a stravolgere i capisaldi conservatori della englishness (uno dei quali l’etica del lavoro che abbiamo già analizzato). Qui mettono in atto una vera e propria demolizione di un tema fin troppo abusato, ovvero l’idea di aggrapparsi a un passato idealizzato. Si tratta di un processo iniziato col punk, grazie ai Sex Pistols e alle loro critiche violente alla Corona, in primis per l’eccessivo conformismo e nazionalismo.
Anche in Still Ill quindi leggiamo il rifiuto dell’Inghilterra come paradiso consumistico copiato agli americani e riproposto dal thatcherismo: «And if you must go to work tomorrow / Well, if I were you I wouldn’t bother / For there are brighter sides to life», E se domani devi andare a lavorare / Beh, se fossi in te non mi scomoderei / Perché ci sono cose più belle nella vita.
Conclusioni
Sono questi i brani più rappresentativi della poetica degli Smiths, una band che ha stravolto e travolto tutto, quando si credeva che fosse impossibile perché già in tanti ci avevano provato, quando al mondo dilagava il pop festoso dei Duran Duran e degli Wham, quando sembrava che fossero finiti gli argomenti importanti.
Ma non si finisce mai di raccontare qualcosa di significativo, come i sentimenti che Morrissey esprime a cuore aperto e che si aggrappano ancora oggi alle anime di quei giovani che sono emarginati perché non banali, strani perché interessanti, soli perché diversi. Un’altra generazione che trova nei testi degli Smiths una sorta di salvezza dal conformismo e dalla banalità quotidiana, una nuova generazione che siamo sicuri ci sarà sempre. Anche tra vent’anni.
(Fonte: THE SMITHS. A murderous desire, Diego Ballani)