Meat is Murder è il mio album preferito. The Smiths è spettacolare, The Queen is Dead è probabilmente il migliore, ma Meat is Murder è quello che mi ha colpita di più.
Le liriche di Morrissey si intrecciano perfettamente ai riff di Marr, rendendo ogni brano elettrizzante, pieno di rabbia e di voglia di esprimere la propria opinione su un mondo e una società opprimenti e repressivi.
The Headmaster Ritual
Il brano apripista ha una grinta tutta diversa rispetto ai precedenti, quasi stessimo ascoltando un’altra band. È una scelta ragionata dalla band, che voleva allontanarsi dal passato. Morrissey era stanco di essere intervistato solo per parlare del suo orientamento sessuale, preferisce dirigere l’attenzione verso altre questioni, decisamente più interessanti per il suo pubblico. E ci riesce benissimo, fin dal principio.
The Headmaster Ritual inizia infatti con un riff ben definito, che già dalle prime note fa venir voglia di alzarsi in piedi e ballare. Con il testo, invece, restiamo ben ancorati a terra e comincia la prima critica: «Belligerent ghouls / Run Manchester schools / Spineless swines / Cemented minds», Mostri belligeranti dirigono le scuole di Manchester, porci senza spina dorsale, menti cementate.
Morrissey e gli Smiths hanno voluto osare, e la loro audacia ha prodotto musiche e testi che ancora oggi ci stupiscono. Il risultato è un album di denuncia sulla violenza, quella verso gli animali ma anche quella nascosta nelle istituzioni, nella scuola e la famiglia.
Così racconta la sua esperienza alla Scuola Cattolica Romana di St Mary, dov’erano ancora in atto i metodi violenti della tradizione vittoriana. Dove le lezioni di religione e le messe domenicali costituivano la principale attività, e gli insegnanti si assicuravano durante le interrogazioni che gli studenti avessero compiuto il proprio dovere religioso. Dove il preside era un ex ufficiale dell’esercito che instillava terrore negli studenti con il “rituale del preside”: ogni giorno, dopo l’assemblea mattutina, uno studente qualsiasi che non aveva la divisa in ordine veniva schernito davanti a tutti e picchiato.
Mid-week on the playing fields / Sir thwacks you on the knees / Knees you in the groin / Elbows in the face / Bruises bigger than dinner plates”
(A metà della settimana sui campi sportivi / Il signor preside ti colpisce sulle ginocchia / Ti dà ginocchiate nell’inguine / Gomitate in faccia / Lividi più grandi di piatti da portata)
L’insegnante di educazione fisica, invece, prendeva a pallonate gli studenti e li costringeva a sfidarsi nella corsa. L’ultimo era poi punito con sadici metodi, purtroppo allora legali. Si tratta di una descrizione davvero minuziosa delle cattiverie a cui Morrissey ha assistito o che ha vissuto sulla sua pelle, un inizio molto forte e deciso. Quasi una dichiarazione d’intenti.
Rusholme Ruffians
Questo brano racconta un momento preciso della routine della classe operaia, una fiera in cui non manca violenza ingiustificata.
The last night of the fair / By the big wheel generator / A boy is stabbed / And his money is grabbed / L’ultima notte della fiera”
(Vicino al generatore della ruota panoramica / Un ragazzo viene accoltellato / E il suo denaro rubato)
Il titolo infatti si traduce come “i criminali di Rusholme”, una zona di Manchester all’epoca molto violenta, racconta Morrissey. In questo scenario ambienta diverse storie: chi viene derubato, chi si innamora e chi pensa al suicidio.
I Want the One I Can’t Have
A double bed / And a stalwart lover, for sure / These are the riches of the poor”
(Un letto a due piazze / E un amante focoso, senza dubbio / Queste sono le ricchezze dei poveri)
Versi potenti come questi non possono essere reclamati da molte altre band. Questo è un brano dall’animo punk, incentrato su un desiderio di ribellione che porta quasi all’autodistruzione, ma allo stesso tempo può definirsi una canzone d’amore. O meglio, una canzone sull’amore che non possiamo avere.
In questi versi, e nei prossimi, risuona la solita angoscia che sentiremo in How Soon Is Now e che abbiamo già ascoltato. Risuona la stessa disillusione verso un futuro soddisfacente e il disprezzo verso il conformismo borghese.
What She Said
Quello che mi ha sempre colpito degli Smiths è la loro capacità di intrecciare testi e musiche del tutto all’opposto di come mi aspetterei. A parte qualche eccezione come Asleep, in cui non c’è alcun dubbio sulla tristezza che vuole trasmettere, la particolarità di questa band è proprio di sostenere temi seri, angoscianti e deprimenti con un apparato strumentale movimentato, energico, che scuote sotto ogni punto di vista.
What she said / How come someone hasn’t noticed that I’m dead / And decided to bury me? / God knows I’m ready”
(Quello che lei diceva / Come mai nessuno si è accorto che sono morta / E ha deciso di seppellirmi? / Dio sa che sono pronta)
What She Said parla di solitudine, di inquietudine, di suicidio. Parla di una ragazza che si rifugia nella lettura perché non ha altro a parte un mondo fittizio in cui nascondere la sua insoddisfazione. Perché la sua non è una solitudine che poggia le fondamenta su qualcosa di concreto, è semplicemente il suo modo di essere. E da questo non si può scappare.
Dal punto di vista strumentale, quindi, si tratta di un brano graffiante, molto più duro di qualsiasi altro abbiano scritto, forse simile soltanto a The Queen Is Dead. È un contrasto che ho sempre trovato affascinante. Perché suonare l’opposto di ciò che si canta? Suppongo sia una strategia: scuotere, come dicevo prima, gli animi da più fronti per svegliarli.
Morrissey è stato spesso criticato per la sua opinione sul suicidio, accusato di presentarlo in una veste romantica pericolosa per il pubblico che pendeva dalla sua bocca. Naturalmente non era così, Morrissey sosteneva semplicemente che il suicidio è un atto di autocontrollo, ovvero che l’uomo ha il controllo sul suo destino, sul suo corpo e sul suo cervello. È in grado di prendere decisioni e di scegliere come affermare la propria libertà di individuo. Nella sua frase «Penso che nell’autodistruzione ci sia qualcosa di onorevole» leggo soltanto la solita tendenza a ribaltare le leggi convenzionali della società e della cultura anni ’80 per affermare, appunto, la sua individualità e libera opinione.
That Joke Isn’t Funny Anymore
Nonostante Morrissey e Marr lo ritengano uno dei loro capolavori (mi trovo d’accordo), è il singolo che ha avuto meno successo, forse proprio perché poco radiofonico.
Torniamo un po’ indietro, ripercorriamo i temi sentimentali a cui era affezionato Morrissey in principio. Il significato di questo brano è aperto a varie interpretazioni: potrebbe trattarsi di un amore non ricambiato, o della disperazione di una persona sola, o di qualcuno che assiste alla vita di altri e spera anche lui in un happy ending.
I’ve seen this happen in other people’s lives / And now it’s happening in mine”
(L’ho visto succedere nelle vite degli altri / E ora sta accadendo nella mia)
Nowhere Fast
Con un ritmo rockabilly viene introdotto questo brano, in cui Morrissey approfondisce la sua opinione riguardo alla libertà di scelta dell’individuo, in particolare se vivere o morire. Sostiene infatti di aver sempre lottato col principio religioso della vita eterna, perché non può immaginare di vivere per sempre.
Ma il brano inizia con la solita ironia che accompagna le critiche ai costumi britannici: «I’d like to drop my trousers to the Queen / Every sensible child will know what this means / The poor and the needy / Are selfish and greedy on her terms», Mi piacerebbe abbassarmi i calzoni davanti alla Regina, ogni bambino di buon senso ne capirebbe il significato, i poveri e i bisognosi, sono egoisti e avidi ai suoi occhi.
È solo sul finale che si rende conto, analizzando la monotona routine della provincia, che non ci sarebbe differenza tra vivere o morire. E ogni intento di provocazione muore nell’apatia.
And when I’m lying in my bed / I think about life and I think about death / And neither one particularly appeals to me / And if the day came when I felt a natural emotion / I’d get such a shock I’d probably lie / In the middle of the street and die”
(E quando sono disteso nel mio letto / Penso alla vita e penso alla morte / Ma nessuna delle due mi attira particolarmente / E se venisse il giorno in cui provassi un’emozione autentica / Mi verrebbe un tale colpo che probabilmente mi stenderei / In mezzo alla strada e morirei)
Well I Wonder
Si tratta di un’altra ballata basata su sentimenti non corrisposti e sulla solitudine. Il sound è insolitamente delicato per il resto dell’album, il riff del basso è accompagnato da una chitarra acustica e dal suono della pioggia battente in apertura e chiusura del brano. Sarebbe il suono della zona industriale del Nord, molto fredda e piovosa, dice Morrissey.
Well I wonder / Do you hear me when you sleep? / I hoarsely cry”
(Allora mi chiedo / Mi senti mentre dormi? / Io grido con voce rauca)
Barbarism Begins At Home
Unruly boys who will not grow up / Must be taken in hand / Unruly girls who will not settle down / They must be taken in hand”
(I ragazzi indisciplinati che non vogliono crescere / Devono essere messi in riga / Le ragazze indisciplinate che non vogliono sistemarsi / Devono essere messe in riga)
Il sound funky introduce un’altra denuncia dell’educazione britannica. Il focus si sposta dalla violenza perpetrata nelle scuole all’interno delle mura domestiche.
A crack on the head / Is what you get for not asking / And a crack on the head / Is what you get for asking”
(Una botta in testa / È quello che ottieni se non fai domande / E una botta in testa / È quello che ottieni se fai domande)
Sebbene la situazione familiare di Morrissey fosse abbastanza serena, purtroppo non si può dire la stessa cosa del bassista Andy Rourke. La madre aveva abbandonato la famiglia per raggiungere un milionario sull’isola di Maiorca, il padre lavorava molto e lasciava il figlio al fratello maggiore, che consumava assiduamente marijuana. Negli anni ’80 Andy era sprofondato nelle droghe e solo con la promessa di non ricaderci più Marr lo ha fatto entrare nella band.
Meat Is Murder
Morrissey è vegetariano da quando, a undici anni, ha visto un documentario sugli animali da fattoria. I suoi saldi principi lo spingono a chiedere alla band di seguirlo nella causa e così rinunciano tutti alla carne, almeno per un po’.
Heifer whines could be human cries / Closer comes the screaming knife”
(I gemiti di giovenca potrebbero essere grida umane / La lama urlante si fa più vicina)
L’immagine in copertina è tratta dal film In The Year Of The Pig di Emile de Antonio: per Morrissey non c’è differenza tra la guerra, la società britannica repressiva e l’uccisione di animali. Morrissey è triste e arrabbiato e per questo stavolta non ci troviamo davanti a liriche eleganti e poetiche, ma dure e totalmente prive di ironia.
This beautiful creature must die / A death for no reason / And death for no reason is murder”
Una semplice constatazione, un assioma: Questa bellissima creatura deve morire / Una morte senza ragione / E la morte senza ragione è assassinio. Parole un po’ macabre, come il rumore dei macchinari in sottofondo e i lamenti degli animali maltrattati e in procinto di morire.
Ecco l’ultima provocazione dell’album, l’ultima critica che potrebbe allontanarlo dal favore del pubblico o relegarlo a una nicchia di fan adoranti e intransigenti come lui. Ma Morrissey vuole soltanto fare quello che ha sempre fatto, influenzare chi lo ascolta per migliorare la società. Solo che adesso è maturato, ha adottato nuovi principi e combatte battaglie più solenni.
Conclusioni
Con il secondo album, gli Smiths dimostrano di essere cresciuti, e con loro la rabbia che provano per le ingiustizie sociali. Questo non vuol dire che le emozioni sono state soppiantate da un manifesto politico, tutt’altro. La loro critica si intreccia sempre con la fragilità umana, si rivolge con delicatezza a tutti coloro che si identificano in quelle storie, a chi è stato maltrattato, a chi ha subìto abusi, a chi è stato vittima di bullismo, a chi ha amato e non è stato ricambiato, a chi si sente solo. Sono sentimenti universali che loro sanno esprimere perfettamente, e per questo sono The Smiths.
Combattenti di un’altra epoca, popstar che sperano di cambiare la vita delle persone. Anche la musica ha uno scopo, dopotutto, non è arte fine a se stessa. Può esserlo, come qualsiasi forma di arte, ma non deve esserlo sempre. Può essere un inno politico, può scuotere gli animi e spingere a cambiare abitudini.
Quando hanno chiesto a Morrissey cosa gli dava il diritto di esprimersi su questioni politiche e sociali lui ha risposto che la musica pop non è una forma d’arte minore ed è giusto che si comporti come ogni altra forma d’arte: ha quindi il diritto e il dovere di schierarsi in prima linea per qualsiasi questione degna di attenzione. Ha aggiunto che sente di avere degli obblighi nei confronti del pubblico, per questo deve essere onesto ed esprimersi liberamente.
Con quest’album ci è riuscito egregiamente.