Ci sono momenti in cui nella musica basta poco per diventare un mito e altri in cui serve tutta una vita per raccontarsi.
Oggi parleremo dei The Jam che nei loro soli sei anni di attività musicale sono rimasti nella storia per sempre
Una manciata di anni per diventare leggenda e uno dei punti di riferimento del Punk Rock Inglese. La band nasce dalla mente brillante di Paul Weller, nel 1976, gli anni d’oro del punk made in England. Influenzati sicuramente dalla scia dei Beatles e The Who non sdegnarono le linee guida anche dei Clash, soprattutto nella fase primordiale, quindi sonorità decise ma al tempo stesso morbide.
I The Jam hanno avuto la fortuna di non modificare mai la loro formazione in questi anni di attività, composta dal sopracitato Weller, voce e chitarra, a cui è attribuita la totale stesura delle canzoni, Bruce Foxtone al basso, plasmato molto da Paul McCartney e John Entwistle, e Rick Buckler alle pelli, caratterizzato da un mood più complesso rispetto ai suoi colleghi da cui attingeva influenze stilistiche.
La band fu attiva tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80
Da considerarsi uno dei periodi più proliferi per la musica, mai nella storia musicale si è concentrato tanto estro in un frammento temporale così breve, e in questo oceano infinito di arte i The Jam rappresentano un’altra perla rara. Fu uno dei gruppi più popolari del periodo anche per la fruibilità del loro sound, piazzarono ben 18 singoli tra le prime 40 posizioni delle classifiche inglesi, raggiunsero poco successo negli Stati Uniti ma furono considerati nel tempo una band di culto. Le loro direzioni musicali variarono molto durante questi sei anni di carriera, sicuramente il punk rock e la british invasion furono una base forte, ma c’è da ricercare anche molto soul americano e psichedelia inglese nel loro stile eclettico.
Gli esordi
Il gruppo si formò nel 1972 a Working nel Surrey, Inghilterra, ma la formazione si stabilizzò definitivamente intorno alla metà degli anni settanta. Inizialmente tutto girava intorno a cover dei classici del rock and roll americano come quelli di Chuck Berry e Little Richard, solo dopo l’ascolto da parte di Weller del brano “My Generation “ dei The Who si ebbe la svolta. Fu un brano che modellò completamente la mente del fondatore dei Jam. Da qui in poi la storia cambiò, si iniziò ad approcciare l’intero progetto alla musica inedita. Una nuova ispirazione stilistica si ebbe nel 1976 dopo aver visto i Sex Pistols, fu grazie a questa esperienza che il gruppo si avvicinò al punk rock, e in seguito con i loro concerti una delle band più seguite della scena. Nonostante avessero uno stile vicino al punk con tempi veloci , volumi altissimi, capelli corti e attitudine, si staccavano da quel mondo presentandosi sempre sul palco con vestiti confezionati in sartoria, un antagonismo totale nei confronti di pantaloni, maglie stracciate, spille e toppe.
LA STESURA DEL PRIMO ALBUM “ IN THE CITY “ E L’INGRESSO NEL PARADISO DEL PUNK ROCK
La band venne seguita da John Weller padre di Paul, che rimase con lui anche dopo, durante la sua carriera personale. Nel 1977 firmarono il loro primo contratto discografico per la Polydor Records che ebbe il piacere di pubblicare il primo singolo di esordio “ In the City “. Lo stesso titolo fu destinato al loro primo album che si presentò subito molto deciso e potente rispecchiando a pieno quel carattere punk tipico dei Clash e Sex Pistols ma la differenza con questi grandi mostri sacri era la brillante influenza con il rock and roll tipico degli anni settanta.
Tematiche non politiche ma contemporanee
Un altro abisso che contraddistingueva i Jam dalla scena Punk erano le tematiche non politiche ma legate alla gioventù britannica, spirito di conservazione e amore per la patria, l’unica canzone con un carattere politico fu “ Time for Truth “ che parlava del declino dell’impero britannico, temi nostalgici che avvicinarono molto l’opinione pubblica alla band, ma che nel tempo crearono molti problemi alla carriera. Le loro posizioni erano ostentatamente a favore della bandiera e non critica come per i Sex Pistols, si ricorda un messaggio sarcastico inviato da Joe Strummer in cui scriveva: “ Margaret Thatcher vi aspetta per la messa a punto degli obiettivi la prossima settimana “. Successivamente gli orientamenti cambiarono decisamente, lo stesso Weller fu uno dei fondatori, nel 1985, del Red Wedge, un collettivo temporaneo di musicisti critico nei confronti della Thatcher.
DAL FLOP DI “ THIS IS THE MODERN WORLD “ ALLA RINASCIATA CON “ ALL MOD CONS “
Con il singolo “ All Around the World “ ,che li catapultò quasi in top 10, aumentò il seguito, sempre più presente anche nei live, da qui la necessità celerissima di ritornare in studio. A fine 1977 ecco pronta la pubblicazione del secondo album: This Is the Modern World, che nonostante le nuove influenze stilistiche non riuscì a migliorare il tiro rispetto al primo lavoro più incisivo. Fu un album molto criticato per i pochi dettagli, la scelta troppo pop e l’esecuzione dei brani per nulla ispirata, gli stessi membri della band negli anni a venire persero interesse verso questa produzione a dir poco fallimentare.
Nel 1978 il ritono in studio
Dopo due anni di tour, in America con poco seguito e in Inghilterra incredibilmente perfetti, nel 1978 la band decise di ritornare in studio per la stesura del terzo album, ma la produzione decise di aspettare l’estro ritrovato di Weller, perché i primi brani proposti dal bassista Bruce Foxtone risultarono scarni e privi di carattere.
Con All Mod Cons c’è un ritorno agli albori
Il disco fu apprezzato tantissimo dalla critica e fu una conferma dello status dei Jam, i due singoli scelti “ David Watts “ e “ A Bomb in Wardour Street “ furono accolti dalla critica a braccia aperte, ma la pubblicazione del brano “ Down in the tube station at Midnight “ cancellò ogni dubbio sulla grandezza di questa incredibile band. Non solo brani da grande impatto ma anche da tematiche concrete e attuali per l’epoca come le violenze degli Skinhead e dei bulli che cominciavano a preoccupare la società. La capacità compositiva di Weller diventava sempre più sofisticata e inevitabilmente il suono dei Jam , come stava accadendo per le altre band del panorama punk rock britannico, stava evolvendo. Mentre i Clash cominciarono ad orientarsi su ritmi giamaicani e i Sex Pistols iniziarono la loro fase finale di autodistruzione, i Jam iniziarono a destreggiarsi nel panorama Beat e Soul.
Nel 1979 venne fuori Setting Sons il quarto album in studio, un lavoro di alta fattura
L’album per la prima volta portò i Jam anche nelle classifiche americane e con il singolo “ The Eton rifles “ giunsero finalmente e meritatamente in terza posizione nelle classifiche inglesi. Questo nuovo progetto fu realizzato partendo da un concept che prevedeva la storia di tre amici di infanzia ma in pratica la maggior parte dei brani fu di stampo politico, lo stesso singolo, prima citato, raccontava le sommosse degli studenti del College di Eton durante la dimostrazione chiamata RIGHT TO WORK MARCH. Il vero grande successo si ebbe nel 1980 con la pubblicazione del brano “ Going to Underground “ che catapultò i Jam in prima posizione, fu un trionfo senza tempo considerando anche il fatto che la canzone doveva essere il lato B di “ The Dreams of Children“.
Negli anni 80 il cambiamento
Gli anni ’80 furono una linea inesorabile di cambiamento per la musica, quegli anni furono un trampolino per le nuove sperimentazioni, non da meno i Jam che sempre nel 1980 pubblicarono “ Sound Affects “, un altro capolavoro che toccò il primo posto nelle classifiche inglesi. Le influenze di artisti R&B e funky, soprattutto sulle linee di basso, cominciavano a bussare alla porta, ma all’interno erano evidenti anche molte influenze del post-punk, questo nuovo stile fu denominato brit-funk. L’album dalla critica fu considerato più semplice del precedente, lo stesso Weller ammise che era proprio così, voleva essere un lavoro che potesse sintetizzare Revolver dei The Beatles e Off The Wall di Michael Jackson. Nell’album è presente l’acustica “ That’s Entertainment “ che entrò a far parte della lista delle 500 migliori canzoni secondo Rolling Stone.
ARRIVANO GLI ANNI’80 CON IL CAPOLAVORO “ THE GIFT “ E LA FINE DEI JAM
The Gift , ultimo album in studio dei Jam, verrà pubblicato nel 1982 e segnerà la fine definitiva di questa fantastica avventura. Fu un altro capolavoro indiscusso, da molti considerato una delle migliori realizzazioni mai concepite. Anche qui il pop e la psichedelia vengono ormai lasciati nell’angolo per dare sempre più spazio al funky e al soul. Tra i singoli migliori da citare ci sono “ The Bitterest Pill ( I Ever Had to Swallow ) “ e “ Beat Surrender “ , brano molto amato dal pubblico e dallo stesso Weller, non a caso fu quello che raggiunse la vetta nelle classifiche inglesi spopolando nelle radio di tutte le case. Proprio questo singolo preludeva al futuro di Weller, vista anche la presenza delle tastiere di Mick Talbot che lo accompagnerà nella sua carriera e alla formazione degli Style Concil.
Nonostante il tempo trascorso e le metamorfosi della musica i Jam restano ben radicati nella cultura mondiale
Bastano pochi anni per lasciare un segno significativo ed evidente e la popolarità dei Jam non è mai diminuita negli anni a venire. Nel 2002 la Virgin Radio del Regno Unito lanciò un sondaggio agli ascoltatori per concretizzare una classifica dei maggiori 100 artisti inglesi di tutti i tempi e guarda caso i Jam si piazzarono al 5° posto! La loro influenza si è fatta sentire tantissimo sia negli anni ‘80 che ’90, dando uno slancio a band come Oasis e Smiths, tutto questo fa subito pensare a come questa band sia stata capace in poco tempo di connettersi in maniera viscerale con tutto il mondo.