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The Alchemy Project. Grande ritorno su piccola scala per gli Epica

The Alchemy Project

Più di nove album alle spalle, vent’anni di onorata carriera: riusciranno gli Epica a continuare a conquistare il loro pubblico? The Alchemy Project, il loro ultimo mini-album, sfoggia il loro lato sperimentale.

The Alchemy Project: un pazzo esperimento

Li abbiamo lasciati solo l’anno scorso con Epica, un album imponente come solo loro sanno fare. E li ritroviamo un anno dopo, in perfetta forma, come se non fosse accaduto niente, per un album altrettanto ricco nonostante sia molto più compatto. The Alchemy Project dura trentacinque minuti, ma dopo averlo concluso vi sembrerà di aver portato a termine una battaglia degna di Tolkien contro un wall of sound imponente e incrollabile. Perché per buona misura, stavolta, i ragazzi olandesi hanno portato con sé un’intera guarnigione di ospiti. Dal gruppo electro-rock degli Shining alla voce dei Soilwork Bjorn “Speed” Strid, passando per i Fleshgod Apocalypse, Charlotte Wessels dei Delain e Phil Lanzon, tastierista degli Uriah Heep

Il risultato è che The Alchemy Project condensa tutti punti forti della band in un lavoro non solo più compatto, ma anche più variegato: un vero best of. Gli elementi distinti degli Epica ci sono tutti. La voce di Simone Simons, squillante e carismatica, rimane un baluardo di qualità capace di spiccare anche nella vera e propria armata di ospiti che accompagnano gli Epica nella loro nuova impresa. Già dalla prima traccia, The Great Tribulation, si viene trasportati in un altro universo dove le varie parti strumentali, le voci del coro e tutte le piccole chicche extra circondano da tutti i fronti come un’armata in arrivo. Ma questo è quello che ci si aspetta: è il dopo che sorprende.

Le nuove influenze  

In The Alchemy Project ci sono anche influenze elettroniche – l’autotune in The Final Lullaby, molto marcato e robotico, non è che l’esempio più calzante. Ma anche melodie orecchiabili, un assolo di sassofono  e una ballata macabra, Sirens (Of Blood and Water) che dimostra che a volte anche pochi elementi ma buoni possono funzionare. Pochi per gli Epica, almeno. Rimane che la ballata struggente di una sirena – una sorella della famosa Sirenetta, nell’atto di porgerle il pugnale che nella favola originale doveva uccidere il principe amato per restituirle il suo posto nel mondo sottomarino – può essere forte e atroce come una delle grandi battaglie che tanto sono abituati a narrare. 

Esaminare il portfolio passato degli Epica può lasciare perplessi

Il loro campo d’azione va dalle ballate da musical alla musica cristiana passando per i temi di Star Wars. Tutto filtrato attraverso la sapiente lente del symphonic metal, in cui ogni emozione e inflessione colpisce dieci volte più forte. Senza mai però abbandonare il mondo reale: la teatralità fantasy è unicamente una lente attraverso quale vederlo. The Alchemy Project rappresenta in questo senso la conclusione di un percorso musicale che attraversa già ambiti di quali si possa pensare. Spicca su tutti Wake The World, tributo alla musica come forma d’arte liberatrice ed elevatrice. “Una semplice melodia, una canzone/per svegliare il mondo”. Non si ha mai l’impressione, ascoltandola, che quel potere sia limitato unicamente al symphonic metal o anche solo ai generi hard. È la musica tutta, e quella fatta da chi ama farla. 

Questo conclude il viaggio nel profondo di The Alchemy Project, ma certo non la storia degli Epica. Dimostra però che è una storia che vale la pena raccontare, e che forse non ci sarà fine ai colpi di scena. 

— Onda Musicale

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