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Incontro con Francesco Guccini: gli aneddoti, gli intorti e gli spoiler 

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Il cantautore italiano Francesco Guccini

Abbiamo avuto la fortuna di poter assistere e vedere per la prima volta il gigante del cantautorato italiano: Francesco Guccini.  

Dopo più di dieci anni dal suo ultimo album, infatti, Francesco Guccini è tornato, ed è tornato a Roma per presentare “Canzoni da intorto”, uscito il 18 novembre, contenente la sua versione di undici canzoni per lui molto importanti. 

L’idea dell’incontro, con scopo principale la promozione del disco, era quella di una chiacchierata a due con un giornalista e con il pubblico ad assistere. Francesco Guccini e il giornalista Federico Guglielmi avrebbero dovuto sedersi e chiacchierare nella libreria “La Feltrinelli” di Via Appia Nuova ma, viste le molte richieste per il pass, l’evento era stato spostato al teatro Quirino, storico teatro alle spalle della Fontana di Trevi, dalla capienza quadrupla, ad occhio e croce, rispetto alla libreria. 

Vista la gran richiesta, si comprenderà, l’aspettativa non era da meno e non è stata tradita

Francesco Guccini è ancora ironico, ancora un “gran chiacchierone” (come ammette a fine evento), ancora uno schietto narratore di persone, realtà umane e di sé stesso. 

Gli anni passano, ma non per la sua mente brillante. Se l’evento era stato organizzato al fine ovvio della vendita del disco (uscito solo in formato fisico e non in digitale), Francesco Guccini sembrava essere lì esclusivamente per parlare di musica e per omaggiare le canzoni presenti nella track-list dell’album. Alle trovate promozionali per il suo stesso lavoro sembrava essere poco interessato e soprattutto poco attento: questo è ciò che più ci ha fatto amare la serata. 

L’omaggio era quindi dedicato alle canzoni presenti nell’album, canzoni storiche della canzone italiana o canzoni più antiche, canzoni nel cassetto “che io colleziono, mi sono reso conto, da tutta la vita”. “Ho collezionato tutti i tipi di canzoni, belle, brutte, alcune ignobili” ride “molte canzoni ignobili!”. Alla domanda del giornalista, se non si fosse smentito rispetto a quando, circa dieci anni fa, aveva detto -basta canzoni-, risponde:

“Basta canzoni mie! Mi sono reso conto, a un certo punto della mia carriera, che non so più scrivere musica: quello che dovevo dire io l’ho scritto e diversamente da alcuni colleghi ho preferito smettere quando avevo finito quello che dovevo dire”

Non ha tuttavia smesso di scrivere, si ricorderà in seguito, ha solo smesso di scrivere musica, ma continua con la narrativa e sta completando un altro romanzo giallo insieme al Loriano Macchiavelli, storico collaboratore con cui scrive romanzi da anni. 

Tra le undici canzoni presenti nella track-list, Guglielmi richiama l’attenzione sulla dodicesima canzone, quella non scritta e non annunciata, una ghost track a sorpresa, cantata in ucraino: è un’idea, risponde l’artista, che gli era venuta vedendo un video in cui l’attuale presidente ucraino Zelens’kyj cantava una canzone ai tempi in cui faceva ancora l’attore.

“Ho sentito questo brano e ho preso ispirazione – come in seconda media quando studiavo la guerra di Troia…mentre quasi tutti i miei compagni tifavano per i Greci, io ero tra i pochi a tifare per i poveri Troiani invasi, ancora adesso, nel mio piccolo, parteggio per i troiani: gli ucraini”

La chiacchierata si sofferma poi ovviamente su cosa si intende per “intorto”, il secondo termine del titolo dell’album

È in questo momento che Francesco Guccini ci regala un dettagliato e divertente aneddoto su cosa è l’intorto, raccontando di altri tempi, quando alcun musicisti di strada che aveva incontrato vendevano il loro disco musicale arricchendolo di gadget preziosi: pura e originale acqua di Lourdes, una collana “non proprio d’oro, ma quasi”  e il loro disco “venduto solo alle persone oneste -dicevano-” ma in cui, al primo brano, il cantante era costretto a fermarsi poiché essendo padre  “non era vero, non aveva figli!” non riusciva a sopportare il tema delle canzone incentrata sulla morte di un bambino. E l’album terminava lì. “Il disco di fatto non c’era e quello sì che era un intorto magnifico!” 

Ma “Canzoni da intorto” non intende quelle truffe a cui, spiega, è difficile far cascare un reggio-emiliano, l’intorto del suo album è piuttosto l’atmosfera per far innamorare, tentativi di creare una seduzione; le canzoni con cui si tentava, falsandola, di creare un’atmosfera magica. Le canzoni da intorto sono per Francesco Guccini le canzoni che suonava e cantava per presentarsi agli altri come “un fighettino”, uno con una gran cultura musicale.  

Insomma, la chiacchierata continua e scorre velocemente, Guccini parla al pubblico e il pubblico risponde, interagendo fin da subito come se fosse a tavola con lo zio simpatico, quello acculturato e divertente che conosce un sacco di aneddoti

In nemmeno un’ora ricrea il panorama della sua infanzia e delle sue esperienze musicali e non: dalle prime incisioni con grandi macchinari di registrazione, a quest’ultimo album dove per registrare sono bastati un computer, un microfono e il tavolo della cucina di casa sua; alle  prime atmosfere da intorto sperimentate nelle feste da ragazzini, in cui si mettevano sul piatto i 78 giri per ballare il tango: “ma non il tango latino-americano che ha bisogno di una certa agilità” racconta “ma il tango all’italiana, che era più che altro una scusa per avvicinarsi un po’ alle mine”, alle ragazze; fino al fatto di trovarsi in classifica accanto a tale Ernia “ai miei tempi sceglievamo meglio i soprannomi!” 

Immancabilmente il cantautore parla anche dell’amata Pavana

Il paesino di Reggio Emilia da cui proviene e in cui tutt’ora vive, la confronta a Roma: “Quando sono venuto qua mi è stata affidata una macchina con un autista che mi dice che avendo l’hotel a tre chilometri dal teatro ci avremmo messo un’ora ad arrivare…” afferma, e il pubblico ride “Questa non è una città a misura d’uomo! A Pavana tre chilometri in macchina si fanno in cinque minuti”. Alla domanda di una persona dal pubblico che chiede quindi se lo si può venire a trovare, risponde schietto: “Puoi venire, ho un cancello verde e se ci sono in caso ti apro pure, ma se non ci sono vuol dire che ho altro da fare e non ti apro!” e ancora “Poi a Pavana non ci sono mica solo io! Il paese ha un paesaggio, un ristorante molto buono con prezzi onesti, il pavanese medio è tendenzialmente ospitale” e così scherzando tenta di distogliere l’attenzione dalla più famosa attrattiva di Pavana: lui stesso. 

Ma certo, il momento apicale di tutto l’evento è stato quello in cui Francesco Guccini ha mostrato chi è Francesco Guccini

Al di sopra di qualsiasi logica di mercato, di qualsiasi strategia di marketing, parlando di chi, tra i suoi storici musicisti, ha contribuito o non contribuito all’album, il cantautore parla di musicisti che attualmente non sono però accreditati: una piccola gaffe, ma da lì scopre tutte le carte. Le canzoni incise sono già ventidue e questo album non è solo che il primo di due. Non contento dell’anticipazione a sorpresa, va avanti noncurante e entra anche nei dettagli. Nel prossimo album lo ascolteremo cantare in dialetto emiliano, in catalano, di nuovo in inglese e persino in greco.

La dichiarazione, come è prevedibile, scompone parecchio la sala

Il pubblico è divertito da come tutto sia stato detto serenamente, senza troppi misteri né preziosismi, lo stesso Guccini si diverte, prima accenna al fatto che non si vorrebbe che si svelasse tutto, tenta quasi di frenarsi, ma poi va avanti e svela con nonchalance. I responsabili dell’ufficio stampa sono pietrificati, si mettono le mani nei capelli, il pubblico intanto ride e ascolta: la rivelazione porterà i suoi frutti e, probabilmente, aumenterà l’attesa anziché spegnerla. 

L’incontro è stato un vero show del grande (in tutti i sensi) Francesco Guccini e l’unico dispiacere è che sia durato troppo poco. 

— Onda Musicale

Tags: Francesco Guccini
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