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Pink Floyd, storia delle copertine: “The Piper at the Gates of Dawn”

Abbiamo deciso di raccontare la storia delle copertine dei dischi dei Pink Floyd, iniziando dal loro disco di debutto “The Piper at the Gates of Dawn” del 1967.

Premessa

Fino agli 40 le copertine dei dischi (che erano eslusivamente a 78 giri) erano tutte uguali e anonime, delle semplici buste marroncine come la nostra carta da pacco e, al massimo, riportavano la scritta dell’orchestra e il titolo dell’opera. O il logo della casa discografica. Certamente l’unico scopo era prevenire eventuali graffi al vinile e proteggere i suoi delicati solchi dalla polvere. L’idea di creare qualcosa di diverso viene nel 1939 ad un giovane americano di nome Alex Steinweiss che lavora per la Columbia Records.

L’intuizione di un giovane americano

I dischi di quel periodo erano quindi tutti uguali fra loro (almeno all’esterno) così qualcuno ha pensato che sarebbe stato bello sfruttare quella superficie per mandare qualche messaggio. Non dimentichiamo che siamo alla fine degli anni 30 e che il concetto di marketing (e di pubblicità) è davvero molto differente rispetto ai giorni nostri.

“Il modo in cui vendevano i dischi era ridicolo. Le copertine erano di carta marrone, marroncina, o verde.
Non erano attraenti, non ti facevano venire voglia di comprarle”

Alex Steinweiss
La Columbia decide di fare un tentativo

Nonostante i primi dubbi legati ad un incremento dei costi, la Columbia gli da il via libera e nel 1940 Steinweiss, in qualità di direttore artistico, disegna la prima copertina illustrata. Si tratta di un 78 giri con una collezione di canzoni di Rodgers e Hart, e la copertina raffigura il tendone di un teatro dai titoli illuminati stagliato sul fondo di un vinile. Il disegno è reso più acceso dal contrasto dei colori usati, il nero, il bianco e l’arancione. L’idea di Steinweiss ha un enorme successo e in pochi mesi la Columbia aumenta di otto volte le vendite di dischi.

La svolta arriva a metà degli anni 60

Negli anni 60 le copertine dei dischi diventano un’importante risorsa per la riuscita commerciale del lavoro discografico. Non è un caso se molti dischi “storici” sono legati in maniera molto iconica proprio alla loro copertina che, in parecchi casi, è una vera e propria opera d’arte. Sono moltissimi, infatti, i dischi che vengono ricordati (anche) per la bellezza o la stravaganza della loro copertina. Basti pensare a Two Virgins, in cui John Lennon e Yoko Ono appaiono completamente nudi in copertina o “The Velvet Underground & Nico” con la celebre banana in primo piano, per altro di Andy Warhol.

Il debutto dei Pink Floyd

The Piper at the Gates of Dawn”, uscito ufficialmente nell’agosto del 1967 in Inghilterra, la prima fatica dei Pink Floyd, richiamava essenzialmente i primi due singoli, “Arnold Layne” del marzo 1967 e “See Emily Play” del giugno 1967, che già dal primo periodo furono un successo di vendita.

Registrato agli Abbey Road Studios di Londra quasi nello stesso momento di “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles, il disco fu sottovalutato all’inizio dai fans, tranne che per due canzoni, “Interstellar Overdrive” e “Astronomy Domine”, considerate invece ‘underground’, in linea con il periodo.

Il titolo di questo LP (The Piper at the Gates of Dawn) viene dal titolo del settimo capitolo del libro di Kenneth Graham “Wind in the Willows”, dove Ratty e Molly cercano un animale perduto, e hanno una specie di esperienza religiosa quando incontrano, appunto, “The Piper At The Gates Of Dawn” (che molti identificano in Pan). Il titolo per l’album-tributo a Syd Barrett “Beyond the Wildwood” è anch’esso preso dal nome del settimo capitolo di quel libro.

La nascita della prima copertina

Il fotografo Vic Singh – un amico del produttore Norman Smith – viene incaricato di realizzare la copertina del disco. Sul retro è raffigurata una silhouette del gruppo, disegnata da Syd Barrett. Il fotografo chiede al gruppo se ha qualche idea in proposito ma la risposta è “lasciamo a te la scelta“. Vic decide di conoscere meglio la band ascoltando molte volte il disco (che, ovviamente non è ancora stato pubblicato) in cerca di ispirazione e alla fine decide di usare delle lenti prismatiche che gli ha regalato George Harrison. Per l’occasione chiede ai Floyd di portare dei vestiti molto colorati e variopinti. Syd Barrett, che all’epoca è il frontman e l’anima della band, è entusiasta della richiesta. Dopo diversi cambi d’abito, e con l’aiuto di Barrett nella scelta di come posizionare il gruppo sullo sfondo, vengono scattate diverse foto con varie Polaroid prima di usare una fotocamera a colori Hasselblad con la quale viene realizzato la foto poi impiegata.

Per quanto riguarda il retro della copertina, Syd Barrett è il principale responsabile della scelta del motivo, dato che è un suo disegno, anch’esso ispirato dalla session di foto che i Floyd fanno in un parco di Londra.

— Onda Musicale

Tags: Pink Floyd, John Lennon, The Beatles, Syd Barrett, George Harrison, Yoko Ono
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