Gli anni novanta rappresentano, nella storia del rock, un periodo tra i più rivoluzionari. Il crollo degli ideali jingoisti del doppio mandato Reagan accompagna la nascita di un sottogenere – il grunge – che riassume in sé l’inquietudine, la rabbia e lo spaesamento di una nuova generazione che non ha più legame con i valori del passato e il loro stile espressivo.
Niente più leggings di pelle e capelli cotonati, niente voglia di fare festa e rimorchiare belle ragazze: via libera all’esplorazione dell’alienazione e del conflitto generazionale, in un’ottica cinica e realistica che riporta il rock – e le rockstar – nel difficile mondo reale.
Naturalmente possiamo immaginare chi ottenesse i grandi successi sulla scena pop
In conclusione della nostra retrospettiva sui più discutibili successi del passato scopriamo il lato oscuro degli anni novanta e delle sue hit dimenticate. Mettiamo da parte, dunque, il dolore senza filtri di Kurt Cobain e Layne Staley – ma anche la dolcezza di Mariah Carey, il carisma dei gangsta rapper e la simpatia dell’eurodance. Perché nei successi più tristi degli anni novanta domina la noia, e si può capire a che livelli arrivasse solo guardandola da vicino.
1990:
Ice Ice Baby – Vanilla Ice
[Picco sulla Billboard Hot 100: 1
Posizione sulla Billboard Year-End List: 45]
Perdonate il bersaglio facile, ma certe cose sono ovvie perché sono vere. L’esperimento Vanilla Ice è una reliquia di tempi passati, ed elencare le cose che non vanno in questa canzone richiederebbe un articolo a parte. Si potrebbe partire dalle tirate dell’artista protagonista, che promettono un fascino che non è minimamente in grado di sfoggiare. O dai suoi giochi di parole privi di senso, o il suo flow traballante.
Poi c’è il beat, l’elemento più famigerato della canzone
Il rap anni novanta è famoso per il suo forte uso del sampling, e l’idea di riprendere una linea di basso dei Queen – nel caso Under Pressure – poteva essere quell’equilibrio tra provocante e musicalmente ispirato per rivoluzionare una scena rap ancora agli inizi. Tutto quello che portò all’uomo dei ghiacci, invece, è una causa per plagio. Complimenti.
1991:
Rico Suave – Gerardo
[Picco sulla Billboard Hot 100: 7
Posizione sulla Billboard Year-End List: 89]
“La mia unica dipendenza ha a che fare con la specie femminile/me le mangio crude come il sushi” – se si può dire qualcosa di buono su Rico Suave è che non inganna, parte subito all’attacco col cringe. L’unica hit di Gerardo Mejía, presenta un elenco di vanterie di tipo romantico che sono poco credibili anche senza vedere da vicino chi le canta.
Il credito meritato per essere uno dei primi rapper a cantare in spagnolo non basta a salvare il triste debutto di Gerardo. Monotona, datata, colma di battute opinabili (“sono le dieci di notte e sono in ritardo di due ore/non ho mai detto di volerci essere/ma continuavi a persistere perché conoscessi i tuoi”), è però priva di un elemento abbastanza importante: il sex appeal.
One More Try – Timmy T
[Picco sulla Billboard Hot 100: 1
Posizione sulla Billboard Year-End List: 5]
Non c’è nulla di più irritante di una canzone di scuse che non funziona. One More Try è oggi completamente dimenticata, ma compatiamo il pubblico radio del 1991, perché è uno dei più grandi successi del decennio ed è arrivata in prima posizione sulla Billboard Hot 100. La storia di One More Try parte già male: il narratore ha fatto qualcosa di brutto alla donna amate e chiede scusa implorando un’ultima chance.
Cosa abbia fatto per meritarsi tale scorno non è chiaro – Timmy T elenca di tutto, dall’averla fatta piangere alle bugie, il che non depone esattamente a suo favore – ma bisogna essere degli ingenui per credere che sia un’argomentazione capace di riconquistare qualcuno. Ciliegina sulla torta: questo è solo l’inizio di una serie disarmante di ballate noiose come sei ore in sala d’attesa che caratterizzeranno la musica brutta anni novanta.
1992
Please Don’t Go – KWS
[Picco sulla Billboard Hot 100: 6
Posizione sulla Billboard Year-End List: 47]
Il bello dell’Eurodance è la sua semplicità: qualunque cosa può diventare una hit da locali con il supporto giusto. Ogni tanto questo dà alla luce esperimenti divertenti come Cotton Eye Joe o Scatman, o centri al bersaglio semplici ed efficaci come Rhythm Of The Night e What Is Love. Altre volte ti trovavi Please Don’t Go. Remix di una canzone di KC and the Sunshine Band, suona come probabilmente tutta la musica elettronica suona alle orecchie di chi la odia.
Troppo spenta per essere ballabile, troppo ripetitiva per essere ascoltata a lungo, e ben poco assimilabile all’ottima originale. L’unica cosa interessante di questo remix è la sua genesi: “ti prego, non te ne andare” è intesa come supplica al calciatore Des Walker, in procinto di lasciare il suo Nottingham Forest per la nostra Sampdoria in uno dei momenti più bassi della sua carriera. Se fosse stata una canzone migliore avrebbe accolto l’invito?
1993
Three Little Pigs – Green Jelly
[Picco sulla Billboard Hot 100: 17
Posizione sulla Billboard Year-End List: 93]
Ecco un’altra idea approvata non si sa da chi: una traccia “comica” basata su un retelling moderno e sboccato della storia dei Tre Porcellini. La linea della battuta qui si appoggia sulla modernizzazione degli archetipi presenti nella storia: i porcellini sono un bifolco di campagna, un hippy tossicodipendente e un ricco ereditiere, e quest’ultimo si libera del Lupo Cattivo chiamando Rambo al 911. Qualcuno l’ha capita?
Se anche fosse divertente non potreste accorgervene: la performance urlata e gli strumenti, straziati al massimo in distorsioni immature e forzate, soffocano qualunque senso di interesse possibile. Nella scena metal, Three Little Pigs è ricordata soprattutto come una novelty assurda, ed è tutto quello che merita.
1994:
Please Forgive Me – Bryan Adams
[Picco sulla Billboard Hot 100: 7
Posizione sulla Billboard Year-End List: 27]
Le zuppose ballate d’amore di Bryan Adams hanno infestato gli anni novanta dall’inizio alla fine. Buona parte della critica preterisce prendersela con Everything I Do (I Do It For You), colonna sonora del discusso Robin Hood Principe dei Ladri. Nulla, però, in confronto a Please Forgive Me, una supplica di perdono che merita una sola risposta: ma neanche per sogno!
Come per Timmy T, neanche qua ci viene dato sapere cosa abbia fatto Adams per chiedere perdono o per meritarlo. Il suo metodo per chiedere scusa lo vede piuttosto prosternarsi dalla persona amata (“non negarmi/questo dolore che sto attraversando”) e portare alla luce i vecchi ricordi, legati unicamente alle bollenti notti a letto (“sento ancora il primo tocco […] ricordo l’odore della tua pelle […] una cosa di cui sono certo è come facciamo l’amore”). A qualcuno sembra una relazione che vale la pena conservare?
1995:
Short Dick Man – 20 Fingers ft. Gillette
[Picco sulla Billboard Hot 100: 14
Posizione sulla Billboard Year-End List: 76]
Nelle parole di Gillette, la cantante dietro questo minore successo europop, lo scopo della traccia era rispondere apertamente al sessismo diffuso nella scena rap. Intento che deve essere rimasto dimenticato durante i preparativi, perché il risultato è una penosa canzonetta demenziale in cui la suddetta Gillette passa tre minuti a insultare gli uomini… poco dotati.
Ci sono tre sottosezioni in Short Dick Man: la dichiarazione d’intenti di Gillette sui sui gusti in fatto di uomini, risate (tante risate) e frecciatine sminuenti come “che carino, un secondo ombelico” e “per caso ti servono le pinzette?”. Una cosa del genere merita di essere chiamata canzone?
Total Eclipse of The Heart – Nicki French
[Picco sulla Billboard Hot 100: 2
Posizione sulla Billboard Year-End List: 19]
Chi, e dove, ha deciso di pubblicare una cover eurodance di Total Eclipse Of The Heart di Bonnie Tyler – cantata da una vocalist di vari livelli inferiore?
Cosa, durante il processo creativo, gli ha fatto pensare che questa idea avrebbe mantenuto il carico emotivo dell’originale e si sarebbe combinata bene con il materiale di partenza?
E perché è ancora a piede libero?
1997:
Truly Madly Deeply – Savage Garden
[Picco sulla Billboard Hot 100: 1
Posizione sulla Billboard Year-End List: 4]
Truly Madly Deeply ha due modalità: la noia e l’inquietudine. Si apre lentamente, con una serie di promesse romantiche che virano sul territorio del cliché. “Sarò il tuo sogno, il tuo desiderio, la tua fantasia/sarò la tua speranza il tuo amore, tutto quello di cui hai bisogno”. Se la canzone fosse stata tutta così forse non dovremmo parlarne qui, ma va avanti.
Il tono romantico scompare infatti a metà strada, sostituito da un discorso sui massimi sistemi più adatto a una ballata dei Within Temptation che a una canzoncina d’amore. “Siamo circondati dal conforto e dalla protezione/dei poteri più alti nelle ore solitarie/le lacrime ti divorano”. Se c’è qualcuno al mondo che trova tutto questo romantico si faccia avanti.
Go The Distance – Michael Bolton
[Picco sulla Billboard Hot 100: 24
Posizione sulla Billboard Year-End List: 89]
Durante gli anni novanta, le cover pop-easy listening delle canzoni dei film d’animazione erano un business redditizio, al quale hanno partecipato star di primo piano come Whitney Houston, Mariah Carey, Elton John e Celine Dion. Questa cover di Michael Bolton, proveniente dal classico Disney Hercules, ne è forse l’esempio peggiore.
Per vedere come Go The Distance non funziona basta confrontarla con la versione italiana, tradotta come Ce La Posso Fare e cantata dal compianto Alex Baroni. È trionfante, energica, e comunica sonoramente la sensazione di speranza espressa nel testo. Michael Bolton non ha alcuna quelle qualità, e la sua cover risulta invece fangosa, straziata e deprimente. I vocalizzi eccessivi, intesi per sfoggiare la potenza vocale, risultano invece tediosi, e qualunque fascino cinematografico si spegne per sempre.