Musica

Pattie Boyd: musa senza tempo “contesa” fra due amici

|

Pattie Boyd è la donna che ha ispirato George Harrison (prima) ed Eric Clapton (dopo). Per lei i due amici hanno scritto le canzoni d’amore più belle. Ex modella e fotografa, Pattie racconta l’epoca che ha cambiato la storia della musica. E la sua vita.

In un tempo lontano, Pattie Boyd ha vissuto in una casa che si chiamava Kinfauns, un cottage restaurato nella campagna fuori Londra

L’esterno era stato decorato da un collettivo artistico con disegni psichedelici, in giardino c’era una piscina a forma di chitarra. L’alto muro che proteggeva la privacy degli abitanti dai curiosi si riempì presto di scritte adoranti, firme, graffiti spontanei. Dentro, Pattie Boyd, regina della casa, ci stava bene. Innamorata, felicemente sposata con George Harrison dal 1966, riceveva spesso. C’era un gran via vai di musicisti, amici, fidanzate degli amici. Via vai anche di amore, di droghe e di idee che cambiano la storia della musica.

Testimone e protagonista di un’epoca, solo negli ultimi anni Pattie ha raccontato la verità sulla sua vita sentimentale

Durante il matrimonio con George, iniziò una relazione con uno dei migliori amici del marito, Eric Clapton, altro chitarrista. Lui era ossessionato da lei e l’andazzo generale sembrava consentire relazioni multiple. Infatti, anche George tradiva Pattie: con Maureen, moglie di Ringo Starr, il batterista dei Beatles.

Pattie sposa Eric in seconde nozze ma altre droghe, molto alcol e troppi tradimenti sciupano anche questo matrimonio. La coppia cerca di avere figli, non ci riesce e un giorno Eric dice a Pattie che aspetta un figlio da un’altra donna, un’italiana, è Lory Del Santo. Il bambino morirà a New York a soli quattro anni di vita, precipitato da una finestra lasciata aperta.

Anche oggi Pattie Boyd, 78 anni, abita in una casa di campagna non lontano da Londra

È sposata con un signore del ramo immobiliare. Nella tenuta gironzolano due alpaca, un cane e un cigno nero. Il cigno non le piace: «Non vedo l’ora che se ne vada, lo detesto, appena mi avvicino mi aggredisce», dice Pattie. Difficile riconoscere oggi in questa signora in maglione giallo pallido e una sciarpa rosa intorno al collo, la musa di canzoni famosissime e struggenti (Something di George HarrisonLayla e Wonderful Tonight di Clapton). Solo quando si toglie per un attimo gli occhiali, un lampo dello sguardo azzurro fa pensare alla ragazza che è stata e che si racconta nel libro fotografico My Life in Pictures (Reel Art Press), ricco di immagini in parte scattate da lei, in parte da grandi fotografi degli anni Sessanta, da David Bailey a Terence Donovan, che l’hanno ritratta quando lavorava come modella.

Come era entrata nel mondo della moda?
«Facevo la commessa, vivevo con un’amica e lo stipendio bastava appena per la mia metà d’affitto. Quando mi hanno proposto di posare per un fotografo mi sono precipitata. In quel momento, la moda era un mondo incredibile. Fino a pochi anni prima, i vestiti erano brutti, tristi. Improvvisamente, la rivoluzione. Le gonne corte di Mary Quant, certo. Ma soprattutto i tagli di sbieco di Ossie Clark, di cui diventai amica, che stavano bene a tutte».

Prima di conoscere George Harrison che cosa pensava che avrebbe fatto «da grande»?
«Non lo sapevo. Ero stata a scuola dalle suore, che certo non ci incoraggiavano allo studio o alla carriera, ma solo al matrimonio. Ero uscita di casa presto, la situazione con mia madre e il mio patrigno era pessima e volevo fuggire».

L’agenzia la manda a un provino e conosce i Beatles.
«Non sapevo che li avrei trovati lì, pensavo fosse per uno spot pubblicitario, invece era per A HardDay’s Night, il loro primo film. George mi puntò subito, gli risposi che ero fidanzata. La sera stessa raccontai al mio ragazzo che avrei lavorato con i Beatles e lui mi disse: “Scommetto che perderai la testa per Paul”. Due settimane dopo, sul set, George tornò da me, mi chiese notizie del fidanzato, gli risposi che non lo avevo più».

Lei ha vissuto con George e i Beatles in un momento cruciale della loro storia. Nel 1969 George lascia brevemente il gruppo e dopoLet It Beavviene lo scioglimento. Come fu quel periodo?
«Deve pensare che erano amici, che avevano lavorato insieme per anni in una condizione molto, molto intensa, pensando a che cosa significasse “essere i Beatles” giorno e notte. Prima o poi doveva finire, quell’intensità li bruciava. Ad accelerare la fine c’era il fatto che tutti e quattro volevano rendersi indipendenti. George scriveva canzoni di continuo, ma Paul e John permettevano che ci fossero solo due pezzi suoi in ogni album. Era frustrato, così come era frustrato Paul, anche lui non vedeva l’ora di fare cose solo sue. Comunque, credo che il primo a verbalizzare l’idea dello scioglimento sia stato Ringo».

I Beatles erano consapevoli della loro rilevanza, del segno che avrebbero lasciato?
«Lo era John Lennon, gli altri molto meno».

Voi ragazze dei Beatles, come venivate trattate dal management del gruppo?
«Ci proibivano di parlare con la stampa. Le nostre relazioni sono state tenute nascoste finché è stato possibile: i Beatles dovevano essere liberi per consentire alle fan di sognare».

Riusciva ad avere una vita normale, essendo la moglie di George?
«Se per normale si intende andare al ristorante, no. Non uscivamo mai, eravamo sempre in casa, per evitare assalti. Io ricevevo lettere di odio dalle fan. Gli haters non sono un’invenzione di Instagram».

Lei è stata testimone di un’esperienza della fama come non si era mai vista prima.
«Essere famosi a quel modo è come indossare uno strato in più di vestiti. C’è chi ci riesce e chi no. Se sei molto timido, ti puoi sbriciolare».

George com’era?
«Non si è mai abituato davvero a quella vita, veniva da una famiglia semplice, non capiva perché lo idolatrassero. La fama lo confondeva e credo che, fino alla fine, abbia cercato delle risposte a questo corto circuito esistenziale. Siamo stati insieme in India, in quegli anni, la sua è sempre stata una ricerca interiore molto sentita».

Pattie e George Harrison

Solo pochi anni fa lei ha scritto un’autobiografia in cui ha raccontato il suo triangolo amoroso. Perché?
«Per ventitré anni sono stata prima la signora Harrison e poi la signora Clapton. Ero conosciuta ma, di fatto, sempre all’ombra di qualcuno. Se entravamo in un negozio – spiega Pattie Boyd – il commesso spalancava la porta a George e poi la sbatteva in faccia a me. Mi sono chiesta chi fossi, per la prima volta, in profondità, anche grazie a lunghe sedute di psicoterapia».

Nostalgie? Rimpianti?
«Né le une né gli altri. Mi piace pensare alla straordinaria fortuna di essere stata ragazza in quel periodo magico, ma se avessi rimpianti, non sarei qui. Certo, avrei voluto essere più forte, meno influenzabile. Magari avrei dovuto studiare, diventare medico o insegnante. O almeno avrei dovuto prendere più sul serio il lavoro come fotografa».

Avrebbe voluto essere più indipendente economicamente?
«Forse. La verità è che negli anni Sessanta non si parlava mai di soldi. Nessuno scriveva canzoni o scattava fotografie con l’idea di diventare ricco. Era altro che ci muoveva».

In compenso si parlava tanto di coppia aperta, lei era gelosa?
«Molto. Come si fa a stare con uomini belli, ricchi e famosi e non provare gelosia? Gli uomini sono talmente lusingati dalle donne che li venerano che finiscono per innamorarsene». 

George, Eric sono stati gelosi di lei?
«Credo di sì, anche se per gli uomini è difficile ammetterlo. La gelosia è vista come una debolezza e, del resto, lo è. È la peggiore delle nostre emozioni, ci manda fuori controllo».

Si considera femminista?
«Vorrei che le donne sapessero di essere più forti di quanto credono. È una frase abbastanza femminista, secondo lei?».

Direi di sì. Ultima domanda: con Eric Clapton, che rapporti ha oggi?
«Io esco, frequento ancora gli amici, vado a teatro. Lui vive quasi recluso, quindi non so neanche dire se i nostri si possano definire rapporti. Ci mandiamo dei messaggi, sul telefono – racconta Pattie Boyd – Di solito io gli scrivo per dargli la notizia della morte di qualcuno che conoscevamo, lui mi ringrazia. Fino al prossimo necrologio».

(articolo di Paola Jacobbi pubblicato su vanityfair.it)

— Onda Musicale

Tags: Eric Clapton/The Beatles/Ringo Starr/George Harrison
Segui la pagina Facebook di Onda Musicale
Leggi anche

Altri articoli