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Cover all’italiana. Un viaggio tra le (stesse) canzoni di due continenti

Gli anni ’60 ci hanno regalato molte cose: il pacifismo, l’ideale di uguaglianza e la consapevolezza che nel nostro Paese ci sono stati dei grandissimi interpreti. Di seguito alcune cover di alcuni di loro, scelte tra le centinaia che si possono trovare.

Datemi Un Martello, Rita Pavone, 1964 – If I Had A Hammer, Pete Seeger, 1949

La storia di questa canzone è bella lunga (così come la lista delle sue cover), ma qui mi limiterò a dire che Pete Seeger (uno dei più importanti folk-singer-songwriter degli Stati Uniti) depositò il brano solo nel 1958, cioè quando morì il senatore McCarthy, il più grande cacciatore di comunisti della storia. Siccome Pete Seeger scrisse questa canzone a sostegno del movimento progressista americano, il rischio di essere accusato di essere un “rosso” era altissimo.

Detto ciò, comunque, il brano ebbe un successo incredibile quando a cantarla non fu Pete con i suoi Weavers, ma un trio folk che andava alla grandissima, Peter, Paul and Mary. Pubblicata nel 1962, entrò direttamente nella Billboard Hot 100 e il successo divenne planetario. A cantarla furono, tra gli altri, Harry Belafonte e Odetta. Ma a noi interessa la cover di Rita Pavone.

Scritta da Sergio Bardotti (quello che ha aiutato De Andrè a scrivere i testi di Non Al Denaro Non All’Amore Né Al Cielo, oltre che alcuni brani di Lucio Dalla), la canzone è stata del tutto modificata per eliminare i riferimenti politici originali. Ciò nonostante il successo fu comunque grandissimo, tale da essere riconoscibilissima ancora oggi.

Tutto Nero, Caterina Caselli, 1966 – Paint It Black, Rolling Stones, 1966

Quando Mick Jagger e Keith Richards scrivono questa canzone (pare insieme a tutti gli altri elementi della band, anche se non accreditati), non si potevano certo aspettare il successo che ha avuto. Nata da un giro di accordi suonati con un organo hammond, cui si sono pian piano aggiunti gli altri strumenti, la canzone unisce un riff semplice dalla vena pop ad un sound accattivante e orientaleggiante, sulla coda di ciò che i Beatles hanno realizzato con il sitar.

In Italia viene ricantata da Caterina Caselli, già in classifica con Perdono, su testo di Luciano Beretta. Personaggio interessante, Luciano Beretta, perché oltre all’attività di paroliere per il Clan Celentano (suoi i testi di alcune delle canzoni più famose di Adriano), si dedica anche al teatro e alla danza, diventando persino primo ballerino del Teatro della Scala di Milano. Ed era un ragioniere.

Pregherò, Adriano Celentano e I Ribelli, 1962 – Stand By Me, Ben E. King, 1961

Stand By Me è forse una delle canzoni più famose che siano mai state scritte. Le versioni alternative a quella originale sono centinaia, tra cui alcune di grandissimo prestigio, come quella di John Lennon, o la cover di Otis Redding.

Leiber e Stroller (il duo di autori che ha contribuito a scrivere il brano insieme a King), sono altrettanto famosi per aver composto decine di altre hit che hanno letteralmente dettato le sorti della musica rock, come Hound Dog (prima nella versione di Big Mama, poi in quella di Elvis) e Jailhouse Rock.

Per noi la canta Adriano Celentano, che nel 1962, insieme ai Ribelli, incide questa canzone in una versione memorabile scritta dall’altrettanto memorabile Don Backy. Ovviamente tutto all’interno del Clan.

Sognando La California, Dik Dik, 1966 – California Dreamin’, Mamas And Papas, 1965

I Mamas And Papas sono la quintessenza della summer of love. Se vi piace ascoltare il rock dei ’60 e dei ’70, loro sono imprescindibili. Hanno inventato il festival di Monterey, quello in cui Jimi Hendrix immola la sua chitarra!

I Mamas And Papas sono una delle band più influenti di tutto il panorama musicale degli Stati Uniti e con California Dreamin’ toccano l’apice assoluto di tutto ciò che significava vivere nell’Ovest durante la metà degli anni Sessanta. Interessante notare come la canzone sia stata scritta a New York per Berry McGuire, ma è solo grazie alla versione degli autori che viene raggiunto il meritato successo. È talmente importante che ha segnato per anni uno stile e un sound che sono diventati tipici della California.

Per quanto riguarda la cover italiana, dobbiamo la sua fama ai Dik Dik e a Mogol, autore della versione nostrana. Tra l’autore e la band scorre un ottimo rapporto, tanto che Mogol realizza altri adattamenti come A Wither Shade Of Pale dei Procol Harum, che diventa Senza Luce.

La Risposta È Caduta Nel Vento, Luigi Tenco, 1972 – Blowin’ In The Wind, Bob Dylan, 1962

Blowin’ In The Wind vanta, oltre alla bellezza di almeno dieci cover in italiano, due in afrikaans (la lingua del Sud Africa), una in albanese, una in arabo e una in azero (Azerbaijan), solo per citare quelle nei linguaggi che iniziano con la lettera “A” (nonché una cantata da Angelino Alfano, altrettanto memorabile).

Insieme ad Imagine è l’inno pacifista per eccellenza, assunta a canzone di un’intera generazione che, a colpi di parole prima e fiori poi, ha voluto fortemente che i grandi Stati Uniti fossero davvero uniti. Possibilmente sotto il grande ombrello dell’uguaglianza tra tutte le persone del mondo, in modo democratico ed equo.

Ce ne regala una versione il solito Mogol, cantata prima dai Kings e poi da Tenco, la canzone perde un po’ di mordente rispetto all’originale, anche se è stata tradotta quasi fedelmente. O forse proprio per questo, chissà.

— Onda Musicale

Tags: Mogol, John Lennon, The Beatles, Jimi Hendrix, Lucio Dalla, Pete Seeger, Mick Jagger, Dik Dik
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