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Bruce Springsteen, Jane e quello splendido incidente

Il terzo millennio ci ha rubato una libertà cruciale: possedere e gestire il nostro tempo. Tutto riguarda il tuo tempo libero e come viene assegnato da altri sistemi in vere e proprie trappole.

Non riesci più a concentrarti, non puoi più fermarti e goderti qualcosa per davvero. Una canzone della durata superiore ai cinque minuti spaventa, lascia basiti, nessuno se la sente più di affrontarla, con tutte le notifiche a cui dobbiamo dar retta. Conseguentemente ho paura che storie come quella di Jane la portoricana non verranno mai più raccontate e, mancandone la domanda, neanche mai più scritte. la narrazione appare come una chimera ormai. La bellezza di frasi che strabordano la metrica con parole accuratamente selezionate, ricordi ampi in veloci cornici… rischiamo di perdere tutto questo, proprio dove le parole baciano la musica

Jane la portoricana? E chi diavolo sarebbe?

Certo. Il brano è “Incident on 57th Street” di Bruce Springsteen e qui con noi abbiamo l’unica, inimitabile, ma mai abbastanza celebrata Puerto Rican Jane! Applausi in sala! Prego Jane, accomodati. Ti prego, non iniziare con quel sorriso, altrimenti quest’articolo mi diventa l’Ulisse di Joyce, e perdo il filo, perdo tutto.

Per chi non sapesse di chi stiamo parlando e quindi con chi abbiamo il piacere di scambiare due chiacchiere in questa preziosa occasione, il brano è “Incident on 57th Street” e proviene dall’album “The wild, the innocent and the E-street shuffle” del 1973. Esattamente cinquant’anni fa, ma come vediamo Puerto Rican Jane è rimasta, grazie a precisi vocaboli e incrollabili sonorità, esattamente come l’abbiamo immaginata la prima volta, che sia stato cinquant’anni fa o la settimana scorsa. Il tempo si ferma quando la bellezza si manifesta.

Jane, Puerto Rican Jane

Insomma avresti mai pensato di diventare quel che sei? (Sorride, e mi sciolgo). Possiamo dire che sei la coprotagonista di Incident, un filmone di chitarre, pianoforti e parole, una pellicola di soli sette minuti che gira e rigira nella testa degli ascoltatori da decenni, ognuno la interpreta come vuole e tutti ne traggono la versione perfetta, adatta alle proprie esistenze. Chi in California, chi nel New Jersey, chi in Puglia, chi in Lombardia, a Parigi, nel Venezuela, ovunque. Basta che la Jane di turno abbia i capelli neri. Se fosse bionda la chiameremmo probabilmente Sandy… a proposito: hai mai parlato con Sandy? Qualche forma di gelosia? Me lo sono sempre chiesto… e con Rosalita? Scherzo ovviamente, scherzo. Sono davvero emozionato, e ho come la sensazione che tu non sia mai stata consapevole di quel che hai combinato. Spanish Johnny, tutto figo, tutto bello proprio come noi ci vediamo allo specchio prima di uscire la sera, ma noi fighi senza esserlo mai. Sale la musica, stacca la batteria, fischia e ride la chitarra, parte la pellicola.

Spanish Johnny gironzola nei bassifondi, vestito come un dio (come dinamite! – che meraviglia) ma sappiamo che non è lì per divertirsi, almeno non apparentemente. È invitato ad allontanarsi, sembra. Sembra meglio che vada altrove, meglio per lui. Ognuno ha le sue dipendenze e il proprio modo di placarle. Erano davvero malconce le braccia per quel motivo lì?

Jane. eccoti. La tua bellezza irradiata dall’organo della band, raggi di luce fino al soffitto, fino ai lampioni in strada

Chi avrebbe resistito al chiederti di andare da un’altra parte, in una serata così incerta? Non puoi dirmi di no, non puoi dirgli di no, magari aspettando il sorgere del sole, tra puttane, poliziotti e un casino di mondo attorno a noi che non ha mai fine? Jane, ehi Jane, ma stai piangendo? Ti sei commossa al ricordo di quella sera?

Beh, e insomma la canzone continua così, la conosciamo, e non vorrei che finissi a piagnucolare anche io al ricordo, OK rallentiamo un attimo i battiti cardiaci e l’entusiasmo.

Hai un sorrisone ora, te ne sei accorto?” mi chiede Jane

Sì, lo sento, le rispondo. Sento gli zigomi che quasi mi fanno male per quanto sono felice di riparlarti Jane, a nome mio e a nome di tutti gli Spanish Johnny del pianeta Terra e delle loro immaginarie reali portoricane.

Io e Jane ci abbracciamo, e usciamo di scena. Il resto della canzone suona attorno a noi, sono il vero Spanish Johnny ora, la polizia è andata via e io Spanish Johnny so che comunque sto per tornare in strada in cerca di soldi, soluzioni e altri guai ma ti rassicuro, rassicuro Jane a nome di tutti, che va tutte bene (It’s alright, Jane). Che possiamo camminare, se ci va, fino al mattino (we may have to walk until the daylight), staremo comunque attenti per strada, o ci daremo la buonanotte ora che in ogni caso tutto sta andando bene, va tutto bene (goodnight it’s alright Jane) fino ai prossimi guai, forse solo romantici sì ma che tolgono comunque il sonno, in ogni caso, come quel basso elettrico e quella batteria, come le voci angeliche dai bassifondi in sottofondo, le voci delle tue amiche e di chi ci conosce, e finisce il pianoforte, chiude proprio come ha aperto lui, questo scrigno sempre pronto.

A nome di tutti gli Spanish Johnny, grazie Jane. (e grazie a Bruce, per aver scritto e diretto)

— Onda Musicale

Tags: Bruce Springsteen, The Boss
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