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Definitely Maybe, il debutto “a metà strada” degli Oasis

Copertina di Definitely Maybe

C’è un cliché che si aggira nei circoli della musica: il rock degli eccessi e dell’edonismo è morto nel 1991 col successo di Smells Like Teen Spirit.

Una volta che i Nirvana sono diventati artisti di fama mondiale si è spento un interruttore nel mondo del rock. Addio alla festa, alle gare di bevuta e alle sperimentazioni stilistiche, benvenuti male di vivere e nichilismo esistenziale. Sarebbe inappropriato, tuttavia, cercare di tagliare le ere della musica con un’accetta. Il cambiamento è stato drastico, e ha lasciato molte band del decennio passato in stato confusionale, ma l’ethos del grande rock è rimasto a galla. È solo evoluto, come accade ad ogni organismo, e trovato nuove form in cui sbocciare. Nel 1994, per esempio, avrebbero debuttato gli Oasis con Definitely Maybe

Il mondo degli Oasis tra terra e cielo

Gli Oasis, basta guardarli, non sono i Mötley Crüe. Non gli servono pantaloni di pelle, trucco pesante e lattine di lacca per incarnare il rock and roll nella sua forma più basilare. Non ne sarebbero capaci, e non ce n’è bisogno. Gli basta sentirlo, e raccontarlo. Ed è così Definitely Maybe diventa uno di quei rari album che riescono a lanciare un gruppo classico sin dal primo tentativo. I fratelli Gallagher non partono dal basso, o almeno non danno l’impressione di farlo: l’album si apre in potenza, con l’inno allo stile di vita dello show business Rock And Roll Star, e mantiene la medesima carica di energia durante tutta la sua durata – che si tratti di canzoni d’amore o satira al conservatorismo britannico.

Liam Gallagher sfoggia una voce cantante distante, nasale, priva di empatia; un narratore freddo il cui lato emotivo, seppur presente, non è inteso come un elemento prominente. Lo accompagna un sound altrettanto acre, che riprende dalla secchezza delle vecchie stelle britanniche, dai gruppi della British invasion degli anni sessanta al primo punk, per combinarla con la magniloquenza ereditata dal rock presente e appena superato.

Gli eccessi di un gruppo nuovo

Un sound pesante per uno stile di vita pesante, che racconta di guizzi emotivi e “colpi di testa” che non hanno nulla di quotidiano. Per poi abbandonarsi agli eccessi per raccontarli ancora. A volte letteralmente, come Colombia, dedicata a una notte in cui la band, in un hotel con tale nome, ha assunto copiose quantità di acidi. Tale distacco, paradossalmente, dona ai momenti più sinceri di Definitely Maybe un ulteriore strato di efficacia. E ancor più alla traccia di critica al conservatorismo Up In The Sky: cantato così il conservatorismo non è un male che colpisce direttamente gli Oasis (e li colpirà ancor meno quando saranno famosi ad album finito), ma è sbagliato e fa male, e non c’è nottata di acidi che può allontanare quel pensiero. 

Persino una canzone d’amore vecchio stile, come Slide Away, poteva risultare una sorpresa gradita proprio perché così poco convenzionale con le mode di allora. Live Forever – pubblicata sfortunatamente nel 1994 poco dopo il suicidio di Kurt Cobain – venne scelta all’epoca come “messaggio di risposta” contro la cultura e l’ethos del grunge: un grido di vita, di ambizione, di eternità ubriaco, sgarbato, sicuro. Oppure gli Oasis possono prendere una delle canzoni più plastiche, zuccherose e tremende degli anni settanta, I’d Like to Teach the World to Sing (In Perfect Harmony), e trasformarla nel ritornello della cinica, disillusa Shakermaker. Senza permesso, peraltro, beccandosi una causa legale.

Tra realismo e possibilità

Ma se c’è qualcosa che accomuna i primi Oasis ai Nirvana, e li colloca sicuramente e comodamente nello spettro degli anni novanta, è il senso di universalità delle esperienze che raccontano. L’edonismo da rockstar dei fratelli Gallagher e compagnia non è un mondo distante, un cosmo di stelle intoccabile: è un’esperienza in cui ci si sente parte ascoltando Definitely Maybe. È il mondo della terra – semplice e graffiante come le chitarre dei suoi esecutori, che ne possedevano solo una a testa quando hanno cominciato – che si solleva alle stelle e ne imita i colori. Non tutti possono diventare rockstar, ma tutti possono trovare divertente un riff su una canzonetta (im)popolare come quello di Shakermaker. E per il gruppo che avrebbe poi trovato la più grande hit in uno dei successi da chitarra acustica più replicati del mondo non poteva essere che così.  

Definitely Maybe è stato un fulmine a ciel sereno

E si è scavato una nicchia nella musica che, in pieno stile Oasis, non ha mai voluto condividere con nessun altro. Anche quando i Gallagher abbracciano l’antipatia appieno – e proprio con la traccia di chiusura, Married With Children, chiudono una relazione con una supponenza e un ripudio della colpa che non passerebbero nemmeno per la mente di Cobain – mantengono una fedeltà al proprio stile e alla propria dialettica, all’ambizione e all’ottimismo di fondo, che riescono a rendere contagiosa e più di tutto necessaria.

Ecco, quindi, come la leggenda degli Oasis persiste dopo anni di fallimenti con la critica e atteggiamenti fuori dalle righe in pubblico. Abbiamo tutti un po’ dei Gallagher dentro di noi; la sfrontatezza, la mancanza di peli sulla lingua, il desiderio anche sopito di sentirci, se non proprio essere, in cima al mondo. E Definitely Maybe, in un ambiente musicale che ci insegnava ad accettare di stare chiusi in noi stessi, offriva una portata in più da assaggiare. 

— Onda Musicale

Tags: Noel Gallagher, Liam Gallagher, Oasis, Gallagher
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