In genere si è sempre molti interessati a “le migliori canzoni di …”, naturalmente frutto di opinioni personali e non sempre condivise. Oggi vogliamo proporvi un articolo differente e lo faremo con “le peggiori canzoni di … Sir Paul McCartney”.
I puristi dei Beatles probabilmente sosterranno che i Fab Four non hanno mai scritto una brutta canzone
Naturalmente bisogna riconoscere che la produzione del quartetto di Liverpool è stata effettivamente eccellente. Nel corso di quasi un decennio, hanno creato infiniti singoli di successo e una vasta gamma di brani tratti da album innovativi, destinati ad essere apprezzati anche dalle generazioni a venire. Il bassista della band, Paul McCartney, sarà sempre celebrato per il suo ruolo abbinato a John Lennon, che ha creato uno dei binomi più prolifici e apprezzatti in campo musicale. Tuttavia, durante il suo notevole percorso compositivo (prima con i Beatles e poi da solista) qualche volta è inciampato in canzoni che non sono state particolarmente amate, per non dire che non sono affatto piaciute.
I critici spesso lo accusano di essere troppo stravagante o a tratti banale, caratteristiche ulteriormente evidenziate rispetto alla tipica aggressività musicale e natura cruda di John Lennon.
Quindi quali sono le peggiori canzoni dei Beatles di Paul McCartney?
Hold Me Tight
“Hold Me Tight” compare come traccia dell’album With The Beatles del 1963, ma in realtà è stato registrato durante le sessioni di Please Please Me prima dell’uscita del loro album di debutto. Composta da McCartney nel 1961, la canzone faceva parte dei loro spettacoli dal vivo durante i primi anni Sessanta prima che i Beatles firmassero un contratto discografico. Lennon ha spesso affermato che il brano appartiene a Paul, anche se lui vi ha aggiunto qualcosa. Non lo ha mai amato particolarmente.
Venne scritto a casa del futuro bassista, a Forthlin Road, Liverpool. McCartney ha ricordato come un fallito tentativo di singolo diventato un accettabile riempitivo di un album. I Beatles eseguirono la canzone dal vivo dal 1961 al 1963. Il brano, in generale, presenta molti punti d’incontri con Eight Days a Week dell’anno seguente, e la melodia è simile a quella della successiva All My Loving; i bridge delle future You Won’t See Me e The Night Before ricordano quello di Hold Me Tight. Il pezzo, per il suo schema vocale chiamata-risposta, ricorda altre composizione di Lennon. Invece, le parti di chitarra non ricordano altri pezzi dei Beatles, ma quelli di Carl Perkins.
La registrazione però presenta molti errori: ci sono frequenti stonature, tre volte McCartney e Lennon cantano cose diverse, in una quarta anche Harrison si confonde, in un momento Paul ride per un errore di John ed, alla fine, qualcuno batte le mani fuori tempo. Il mixaggio, inoltre, non presenta suoni bassi. “Era una canzone piuttosto scadente“, dichiarò Lennon durante un’intervista nel 1980. “Non mi è mai veramente interessato“.
Maxwell’s Silver Hammer
E’ la terza traccia dell’album Abbey Road del 1969. La canzone è stata scritta e cantata da Paul McCartney, anche se venne firmata, come di consueto, sia da John che da Paul. Manca l’apporto di John Lennon, poiché ricoverato in ospedale a causa di un lieve incidente stradale che lo aveva interessato in Scozia. John Lennon, George Harrison e Ringo Starr espressero tutti e tre parere negativo nei confronti della canzone. Il critico musicale Ian MacDonald la descrisse come “la singola incisione [che] spiega perché i Beatles si sciolsero“. Il brano venne in realtà composto già nel 1968, di poco in ritardo per poter essere inserito nel White Album.
Maxwell’s Silver Hammer cominciò ad essere registrata il 9 luglio 1969 negli studi di Abbey Road. Harrison e Starr registrarono prima 16 volte la canzone per poi aggiungere ulteriori parti di chitarra. Nei due giorni successivi i Beatles registrarono le parti vocali, la traccia del pianoforte e l’organo. Il 6 agosto Paul McCartney ultimò la registrazione con una traccia suonata con un sintetizzatore Moog.
Paul McCartney era convinto che potesse essere un singolo di successo e per questo impiegò numerosi giorni di registrazione per migliorare il pezzo. John Lennon invece non fu mai entusiasta di questa canzone, sottolineando il fatto che spesero più denaro per registrare questo pezzo che per tutti gli altri contenuti in Abbey Road. Ringo Starr in una intervista ha dichiarato che la sessione di registrazione peggiore mai fatta fu quella di Maxwell’s Silver Hammer che andò avanti per settimane. Probabilmente queste dichiarazioni furono frutto del pedante perfezionismo di McCartney perché in realtà la registrazione non durò più di tre giorni (un tempo medio) e non costò più di altri brani, poiché l’apporto di turnisti non fu elevato.
Alla sua uscita, alcuni critici attaccarono McCartney dicendo che la canzone era di fatto una parodia degli omicidi di Charles Manson; questo non era tuttavia possibile perché la canzone fu scritta da McCartney nel 1968, un anno prima delle carneficine perpetrate dalla sua setta chiamata The Family.
Nonostante fosse odiata dagli altri membri dei Beatles, e le critiche negative ricevute da gran parte della stampa specializzata, questa canzone rimane un’icona dell’irriverente umorismo inglese: infatti il testo (che racconta di morte) e la musica (pacata e felice) cozzano tra di loro, dando all’ascoltatore quel sapore agrodolce tipico dello humour britannico.
Mother Nature’s Son
E’ un brano dei Beatles contenuto nell’album The Beatles (meglio noto come White Album o Album Bianco) del 1968. Scritto da Paul McCartney sotto l’influsso di una conferenza del Maharishi Mahesh Yogi, la canzone è una piena e semplice evocazione della pace della campagna.
Fu registrata dal solo autore che si accompagna con la chitarra acustica in stile finger-picking. Dei venticinque nastri, il migliore e perciò destinato a essere la base, risultò il penultimo, che rispetto a quelli iniziali aveva una introduzione acustica più breve. Dopo dieci giorni il brano fu completato con le sovraincisioni di una linea di batteria – suonata da Paul – e di quattro ottoni. Prima di chiudere e andarsene, McCartney registrò due brani supplementari: Wild Honey Pie e una misteriosa canzone intitolata Etcetera, della quale non si seppe più niente.
Paul McCartney, che negli anni ottanta ha sposato la causa ambientalista delle organizzazioni internazionali Friends of the Earth e Greenpeace, ha riproposto questo delicato omaggio alle meraviglie della natura anche nel corso del suo tour mondiale del 2003.
Ob-La-Di, Ob-La-Da
È la quarta traccia del White Album ed è una classica filastrocca in stile McCartney (per alcuni uno dei primi esempi di reggae “bianco”) dal ritmo incalzante, scandito da un pianoforte suonato da Lennon. Nonostante la sua spontaneità e il successo che l’anno seguente il pezzo ottenne nell’interpretazione dei Marmalade, Ob-La-Di, Ob-La-Da è stata eletta una delle peggiori canzoni dei Beatles di tutti i tempi in un sondaggio online organizzato dalla BBC.
Al pari di quanto avvenne con Maxwell’s Silver Hammer, McCartney costrinse i suoi compagni a estenuanti e infinite sovrincisioni, in quanto il brano mancava di ritmo. Lennon, esasperato, scandì l’intro e la melodia col pianoforte.
Secondo Geoff Emerick, John Lennon odiava apertamente la canzone, e la chiamava “Paul’s granny shit” (“la merda da nonne di Paul“), gioco di parole con “granny smith”, famosa varietà di mele.
Cantando il testo della canzone, specificatamente l’ultima strofa, Paul si sbagliò e cantò: «Desmond stays at home and does his pretty face» (“Desmond rimane a casa e si trucca il bel faccino”), dicendo Desmond invece di Molly e dando involontariamente un connotato ambiguo al personaggio. Successivamente, l’errore venne mantenuto nell’incisione finale perché piaceva agli altri Beatles. Si possono anche sentire George Harrison e John Lennon pronunciare le parole arm (braccio) e leg (gamba) durante un break strumentale nella canzone, precisamente tra i versi «..Desmond lets the children lend a hand» e «Molly stays at home…»
Rocky Raccoon
Il White Album è giustamente celebrato per la sua audace sperimentazione con una gamma di stili e generi musicali differenti. Eppure in “Rocky Raccoon”, i Fab Four forse hanno fatto un passo troppo in là nelle loro esplorazioni. La canzone conserva bei ricordi per numerosi fan dei Beatles, ma in realtà non è all’altezza degli elevati standard fissati dalla band fino a quel momento. È stata generalmente definita una “ballata country“. McCartney adotta persino un accento ispirato ai cowboy per aiutare il tema: “Stavo praticamente imitando un cantante folk“. Lennon inietta un po’ di armonica piena di spavalderia del sud. Il produttore dei Beatles George Martin contribuisce con parti di pianoforte per la traccia, che sono ben suonate ma leggermente stridenti all’orecchio, suonando come se fossero state prese direttamente da un allegro saloon. Anche Martin ha etichettato il brano come “riempitivo” utilizzato per riempire la durata di un doppio album.
Il critico musicale Stephen Thomas Erlewine di AllMusic ha affermato che questo brano, da lui descritto come una finta imitazione della country music, è un esempio di quanto le strade musicali del duo Lennon-McCartney (ed anche di George Harrison e Ringo Starr) stessero cambiando radicalmente direzione, considerando che il White Album conteneva canzoni come Yer Blues, il cui testo era un inno al suicidio come liberazione. Il Rolling Stone Magazine, per mano di Jann Wenner, scrisse che questo numero rappresentava la versatilità creativa di McCartney, e ne ha lodato il testo. Luca Biagini, curatore del sito Pepperland, ha affermato che la canzone, di suo, è troppo lunga, ma che l’esecuzione divertita dei Beatles la rende più piacevole all’ascolto.
Tell Me What You See
Scritto dal duo compositivo Lennon-McCartney, pubblicato in Europa sull’album Help! e in America sull’album Beatles VI, in realtà è stato scritto principalmente da Paul McCartney. Infatti, egli ha detto che probabilmente ha scritto lui il 60% della canzone e Lennon il 40%, ma che potrebbe essere anche totalmente sua. Il compagno ha invece dichiarato di non aver partecipato alla composizione della canzone. Ugualmente, McCartney la considera un filler, un riempitivo.
Forse alcuni versi possono essere stati ispirati dal brano And I Love Her, la melodia del ritornello cantata nella coda “con la bocca chiusa” da All I’ve Got to Do, mentre invece è il primo brano di McCartney nel quale una strofa ha volume ed intensità differenti rispetto alle altre, cosa che in seguito accadrà ad I’m Looking Through You e a Got to Get You into My Life.
Venne proposto a Richard Lester per il film Help!, ma la rifiutò, per cui venne messa nel lato B dell’album Help!. La registrazione avvenne il 18 febbraio 1965, lo stesso giorno di If You’ve Got Trouble e di You’ve Got to Hide Your Love Away. Vennero registrati quattro nastri del brano; l’ultimo venne considerato il migliore e venne sfruttato per i mixaggi mono, effettuato il 20 febbraio, e stereo. Nel brano compaiono differenti percussioni, abbastanza inusuali per il gruppo, ed un piano elettrico Hohner Pianet, strumento che caratterizza anche The Night Before e You Like Me Too Much, dello stesso album. Le chitarre elettriche sono suonate con pennata a rovescio, elemento tipico di brani folk.
Ad oggi è ancora ricordata come una traccia mediocre dell’album tra un LP pieno di melodie meravigliose. Tuttavia, a quel tempo la stampa musicale del Regno Unito lo considerava “non terribilmente memorabile“. Si dice che la canzone sia influenzata da un suono popolare con cui i Beatles hanno iniziato a sperimentare in tutto questo periodo. Sfortunatamente, la disposizione e la registrazione della pista non sono particolarmente stimolanti e persino si presentano come asciutte, soprattutto se circondate da opere molto più eccitanti come “I’ve Just Seen a Face e “Yesterday”.
When I’m Sixty Four
“When I’m Sixty-Four” è stata una delle prime canzoni che Paul McCartney abbia mai scritto, scritta intorno al 1956 quando aveva solo 14 anni. Presentando principalmente solo un semplice trio di clarinetti, il suo suono è molto meno energico e più vuoto dei tipici dischi dei Beatles. “La canzone non è beffarda nel suo tono“, spiega Richard Goldstein del New York Times “ma una visione onesta è rovinata dallo sfondo che cerca di esaltarla“. È cantata da un giovane uomo alla sua amante, e parla dei piani di lui di invecchiare insieme a lei.
George Martin, storico produttore dei Beatles, fornisce una curiosa interpretazione della canzone: “un film dell’orrore, la visione personale di Paul dell’inferno“. Con queste parole Martin, intendeva riferirsi alla paura d’invecchiare dell’allora giovane Beatle, esorcizzata sotto forma di canzone garbatamente ironica.