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Whole Lotta Love, il furto meglio riuscito nella storia del rock

Whole Lotta Love dei Led Zeppelin

Dici Whole Lotta Love, un titolo nemmeno così facile da pronunciare, ed è come se dicessi rock. Il riff inventato da Jimmy Page, infatti, trasuda tutto quello che è sempre stato il rock.

Whole Lotta Love è il brano che apre Led Zeppelin II. Il disco esce il 22 ottobre del 1969 e ha l’ingrato compito di dare un seguito a Led Zeppelin, un album che ha segnato una piccola rivoluzione. Il primo lavoro della band di Page e soci, infatti, riprende il discorso hard blues dei Cream, e lo fa irrobustendo ancora l’amplificazione.

Non è ancora hard rock, forse, quello del primo album; è più un rock blues di una potenza mai sentita prima. Con Led Zeppelin II, composto tra tour massacranti e camere d’albergo, i quattro ragazzi inglesi mettono a segno il colpo del K.O. e creano un nuovo genere. Per aprire un album così esplosivo ci vuole un brano da leggenda.

I Led Zeppelin lo trovano con Whole Lotta Love, tre note in croce sentite mille volte nel blues eppure qualcosa di mai sentito prima. Il concetto di riff, oggi così sulla bocca di tutti, all’epoca è qualcosa di aleatorio. C’è stata Satisfaction dei Rolling Stones, certo, ma anche Hey Bulldog dei Beatles e In a gadda da vida degli Iron Butterfly.

Qualcuno si ricorda dei tintinnanti attacchi di chitarra di Chuck Berry e dei pulsanti e ipnotici giri dei bluesman. Eppure, una roba come l’incipit musicale di Whole Lotta Love pare allora quasi soprannaturale. Giova ricordare le parole con cui le riviste Total Guitar e Guitar World motivano la scelta di Whole Lotta Love come miglior riff della storia.

“Jimmy Page ha fatto il grande passo per l’umanità. Forse non è il primo grande riff della storia ma ha contribuito a portare l’idea stessa di riff di chitarra al centro della musica rock. Nei primi 2,7 secondi Whole Lotta Love ha proiettato la musica in un altro decennio. Mentre tutti gli altri erano ancora egli anni ’60, i Led Zeppelin suonavano già negli anni ’70.”

Sono parole quanto mai azzeccate. Whole Lotta Love, effettivamente, coi suoni rivisti in produzione e il basso di John Paul Jones che doppia la chitarra, è uno dei primi riff a fare da robusta struttura per tutto il brano. Forse solo Sunshine of Your Love, a quei tempi, suona così forte. Ma come nasce Whole Lotta Love?

Ricorda lo stesso Jimmy Page:

“Ho inventato quel riff di chitarra nell’estate del ’68, sulla mia casa galleggiante lungo il Tamigi a Pangbourne. Suppongo che il mio amore iniziale per le grandi introduzioni dei chitarristi rockabilly sia stato d’ispirazione, ma non appena ho sviluppato il riff, ho capito che era abbastanza forte da guidare l’intera canzone, non solo da aprirla. Quando ho suonato il riff per la band nel mio soggiorno diverse settimane dopo, l’eccitazione è stata immediata e collettiva. Abbiamo sentito che creava dipendenza, come una cosa proibita.”

Anche i sassi ormai sanno della vicenda di Whole Lotta Love e del plagio da You Need Love. Il pezzo, uno standard blues scritto da Willie Dixon e registrato dal grande Muddy Waters nel 1962, era già stato ripreso da una infinità di artisti. Il brano stesso, nella sua parte di chitarra, ricorda decine di altri blues: è il blues, bellezza, direbbero al cinema. Semplicemente funziona così.

Quello che però spesso si omette di dire è che il riff è completamente diverso: si tratta di una creazione di Jimmy Page, ex-novo. Il problema arriva quando Robert Plant, indeciso su come approcciare quelle poche note, decide di cantarci sopra le parole di You Need Love. Lo stesso Plant rievoca quei momenti.

“Il riff di Page era il riff di Page. Era lì prima di qualunque altra cosa. Ho solo pensato “Beh, e adesso che faccio?” È stato un colpo di fortuna. Adesso ripagato profumatamente. All’epoca ci furono molte discussioni sul da farsi. Alla fine, decidemmo che si trattava di un’influenza così vaga e remota nel tempo (erano già passati sette anni) che… beh, ti pizzicano solo quando hai successo. Funziona così.”

Il pezzo di Willie Dixon, che oggi ci sembra preistoria, è infatti stato scritto appena sette anni prima. I Led Zeppelin, per loro fortuna, cavalcheranno la cresta dell’onda per un bel po’: inevitabile che un testo preso pari pari prima o poi faccia insospettire qualcuno. La scritta Page/Plant nei crediti fa il resto.

Willie Dixon intenta causa e – giustamente – la vince, di nuovo dopo sette anni. Robert Plant definisce il testo di Whole Lotta Love “Un furto. Per il quale abbiamo pagato volentieri.”

Che poi, a ben vedere, ci sarebbero altre due questioni. La prima è il testo in sé: Plant canta la prima cosa che gli passa per la testa, delle liriche piuttosto malsane anche all’epoca e che oggi – ed è giusto così – non si sognerebbe di pubblicare nessuno manco nella colonna sonora di un film porno. Il riff di Jimmy Page e la voce di Robert Plant, del resto, erano talmente superiori all’epoca che il cantante avrebbe potuto anche recitare l’elenco telefonico di Glasgow e il successo sarebbe stato lo stesso.

La parte centrale, poi, riempita da rumori avanguardisti da Page e da vocalizzi scalmanati da Plant, fa fiorire una leggenda dura a morire. Si narra che le urla di Plant siano registrate direttamente da una sua infuocata sessione sessuale; inutile dire di quanto sia improbabile una storia simile, le leggende piacciono a tutti e fanno vendere.

L’altra questione si chiama Steve Marriott. Sì, perché oltre a rubacchiare le scarne parole a Dixon, Plant prende qualcosa più di un’ispirazione da Marriott, bravissimo cantante degli Small Faces. La loro versione di You Need Loving, infatti, suona simile in modo inquietante a Whole Lotta Love, almeno nelle linee vocali.

Anche qui Robert Plant non si fa pregare nell’ammettere il debito, adulando lo sfortunato Steve: “Non potrei mai essere paragonato a Steve Marriott perché è troppo bravo, sfortunatamente.” E ancora: “Ha la migliore voce bianca, oltre a spavalderia e attributi.”

Quanto alla grande potenza della chitarra di Page e, in generale della band, è Jones a sfatare qualche mito. Il pluristrumentista ricorda come Page utilizzasse piccoli amplificatori, e non il muro che piace immaginare alla gente, ma li sapesse mixare con sapienza. A proposito della libertà creativa del complesso, il ricordo è invece di Page.

La parte centrale, infatti, era inizialmente pura avanguardia. Page suona con la chitarra scordata, cavandone grugniti che egli stesso definisce satanici. Cosa anche in linea col personaggio, per carità; sono però suoni troppo estremi, impossibili da passare in radio, che vengono ammorbiditi in fase di produzione. Jimmy si dilunga anche sulla libertà garantita dal fatto di essere produttori e di avere in pratica carta bianca.

“Era quello il modo in cui pensavamo le cose, cercavamo sempre di essere all’avanguardia e devo dire che questa era una delle cose più divertenti in assoluto. Questo è il grande vantaggio di avere totale controllo artistico su quello che stai facendo. Niente di tutto questo sarebbe potuto succedere se avessimo avuto un produttore esterno. Mi sono sempre assicurato che le nostre idee fossero realizzate senza alcun tipo di interferenza.”

Pare quasi un segno del destino, a questo punto, che sia proprio Whole Lotta Love l’ultimo brano suonato live dai Led Zeppelin. Era il 7 luglio del 1980 e la band concludeva un minitour europeo. Il tour americano, previsto di lì a poco, non si terrà infatti mai, a causa della morte di John Bonham.

A noi resta il mito di un riff e pensare a come quelle poche dovessero suonare nell’ottobre del 1969 nella testa di chi non aveva mai sentito niente del genere.

— Onda Musicale

Tags: Chuck Berry, Led Zeppelin
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