A tu e per tu con l’artista di “A Circle, A Square”, in uscita il 16 marzo.
Ciao Erranimo, come mai questo nome d’arte?
Ciao, è un piacere essere con voi, allora, quando ho scelto il mio nome d’arte ho dato uno sguardo approfondito alle mie canzoni e ai temi che trattavo più spesso, e il viaggio era uno di questi. Sono un viaggiatore accanito, volevo un nome che rappresentasse il mio animo errante, quindi ho unito le due parole.
Il tuo primo brano è in italiano “Nuove strade”, mentre tutti gli altri in inglese. Come mai questa scelta?
Scrivo sia in inglese che in italiano, dipende dal suono, dalla metrica e soprattutto dal momento che sto vivendo e cosa mi sta ispirando. Le mie ultime esperienze e il suono delle ultime canzoni mi hanno portato a scegliere l’inglese come lingua principale, ma non è detto che sarà sempre così in futuro, anzi, è probabile che sperimenterò ancora altre lingue.
Ci saranno brani in italiano nel tuo prossimo disco?
Il disco nella sua interezza sarà in inglese, ho scritto e rifinito tutti i testi in un periodo molto ristretto e solo di alcuni avevo una bozza in italiano. Assecondo molto le mie sensazioni e al momento sentivo che questo disco doveva essere tutto in inglese. Ho comunque intenzione di registrare e pubblicare le versioni in italiano di alcune canzoni una volta pubblicata l’intera opera.
Parlaci appunto di “The Origami Way”, quando uscirà? Cosa puoi anticiparci?
In “The Origami Way” affronto molte cose in una volta sola. Il disco è nato in un punto in cui dovevo lasciare andare il passato e dirigermi verso una nuova direzione. Le canzoni si sono presentate come una serie di immagini, su come avrei affrontato i vari aspetti della mia vita: progetti, amore, sogni. Mi ritrovavo a dover ripartire da zero, ma con le tracce lasciate dal passato, proprio come un origami già piegato e riaperto a cui si cerca di dare nuova forma. Il disco ancora non ha una data ufficiale ma uscirà entro il 2023, nel mentre ho un paio di singoli da far uscire e ai quali video già sto lavorando. Al momento posso anticiparvi di aver piegato oltre 2mila origami per il costume che userò in un video di una canzone. Immagino sarà davvero pesante una volta che lo indosserò!
È uscito da poco il tuo singolo “A Circle, A Square”, raccontaci come è nato? Prima il testo o la melodia?
“A Circle, A Square” è nato dopo una dose eccessiva di ascolti dei Matia Bazar degli anni 80, in particolar modo Elettrochoc. Sembra assurdo, ma quando qualcosa mi fa entrare in fissa mi porta anche in un circolo creativo. Di questa canzone è nata prima la base. Volevo un intro che rimanesse in testa al primo ascolto, evidentemente ispirato a Gimme! Gimme! Gimme! degli Abba, mentre volevo che il testo fosse un dialogo interiore dove affronto la mia ansia e la continua procrastinazione dovuta ad essa. Creare questa canzone è stato come dar forma ad uno dei miei demoni per guardarlo negli occhi e affrontarlo a viso aperto, battendo le mani a tempo.
Quali artisti hanno più influenzato la tua musica?
Tantissimi artisti, ma se devo citare un’artista in particolare a cui ho fatto riferimento è sicuramente Kate Bush. L’ho vista dal vivo ormai 9 anni fa, e l’eco di quel concerto mi ha ispirato anche nella creazione di “The Origami Way”. Ogni canzone poi porta con sé il bagaglio di tutti gli artisti che ho ascoltato finora. Di ogni singola sfumatura che mi ha colpito in una canzone cerco di appropriarmene per farla diventare parte del mio linguaggio.
Un sogno nel cassetto?
Uno soltanto? Ho cassetti pieni di sogni! Metto giù un paio di quelli più strani. Un concept album strumentale su una colonna sonora di un videogioco di ruolo immaginario e fare il cammino degli 88 templi nell’isola di Shikoku in Giappone.