Elton John ha annunciato la riedizione di Honky Château, uno dei suoi primi e più acclamati album, con tanto materiale inedito e varie edizioni. Nell’attesa che arrivi riscopriamo l’album in questione.
Honky Château: un grande ritorno
L’album da cui l’Elton John che tutti conoscono ha avuto inizio risorge in luce nuova per i suoi cinquant’anni di vita. Arriverà il 24 marzo di quest’anno una riedizione deluxe di Honky Château, quinto album in studio di Elton John – quello dove c’è Rocket Man, per i profani.
Includerà outtake, registrazioni inedite, un booklet di foto e interviste, e naturalmente il disco in questione, disponibile in vinile e LP. Ma anche senza interessarsi a un pacchetto tanto lussuoso vale comunque la pena riscoprire, in occasione dell’anniversario, il mondo nascosto in Honky Château. Un album che avrebbe cambiato non solo la storia del suo esecutore,
Honky Château si apre con un raggio di sole e la premessa degna di un grande musical. Honky Cat è la storia di un giovane sognatore che abbandona la campagna (“my redneck ways”) per seguire l’impulso artistico della grande città nonostante i concittadini suggeriscano di rimanere nei confini cittadini e affidarsi al Signore. Pare quasi di vederlo, il giovane protagonista – magari interpretato dallo stesso Taron Egerton del suo biopic, tutto fa brodo – che libera la sua anima in un numero di ballo circondato dai passanti. Molto gioioso, molto sereno – ma come tutti i manieri, Honky Château ha delle stanze segrete che vanno scoperte piano piano.
La nascita di uno showman
Elton John era – ed è – innanzitutto uno showman. Honky Château è il momento in cui questa sua velleità prende la forma non solo conosciuta, ma a lui più congeniale. Non è, si scopre, un disco felice. Anche le tracce più frivole e romantiche, come Amy, Hercules – un throwback ad Elvis e al doo-wop che mantiene, tuttavia, un’identità autosufficiente – e Susie (Dramas), fanno ballare con una certa amarezza. Non sono mai relazioni felici, ed Elton lo sa bene – questo non significa che possa trarne della bella arte. “This is a mellow time”, canta nella seconda traccia, e il senso di malinconia persiste e convive con la vivacità del blues che lo accompagna.
Il momento in cui le velleità da showman di Elton John superano un limite che forse andava lasciato stare è Slave. L’intento è forse benefico, ma l’immagine di un bianco britannico che cerca di inserirsi in un contesto – la schiavitù americana – in un testo di un altro bianco britannico (Bernie Taupin, il suo collaboratore preferito) risulta alla meglio stucchevole, da Oscar Bait, e alla peggio inappropriata. Oltre a risultare fuori luogo in un album altrimenti poco prosaico e privo di contenuti così esplicitamente crudi. Se vogliamo sentire l’Elton John crudo… insomma, basta guardare su.
Rocket Man e il mondo sotto
Stare qui a spacchettare la metafora del volo spaziale alla base di Rocket Man sottrarrebbe tempo prezioso e potrebbe, a sua volta, necessitare una disamina a parte. Resti da dire che anche in un album ormai considerato un classico riesce a spiccare e lascia le altre canzoni a mangiare la polvere – per puro significato, bellezza metaforica, capacità di sollevare un album già ottimo e costruirgli un posto nella storia. Oltre ad avere una delle melodie più belle della sua discografia, teatrale, che si solleva come il protagonista fino a un cielo. I’m a rocket man – e lo siamo stati tutti, a un certo punto.
Per il resto, dunque, cos’altro aspettarsi? alla sempre iconica Rocket Man e la celebrativa Mona Lisas and Mad Hatters (una Englishman In New York meno abbacchiata che ispira a vivere il momento), la traccia che forse rappresenta più di tutte l’ethos dietro a Honky Château è intitolata I Think I’m Going To Kill Myself. No, non è il titolo del prossimo film di Charlie Kaufman. È piuttosto una ballata swing divertentissima in cui la prospettiva di togliersi la vita, raccontata in primis come spettacolo pubblico, solo en passant in relazione ai cari di qualunque tipo, e mai in assoluto a livello mentale. Si ride con imbarazzo, ma solo all’inizio. E si capisce che è nata una stella.