In primo pianoMusica

Sly e la sua solidissima famiglia di pietra

Una cosa del tutto nuova. Così Sly and the Family Stone intitolano il loro primo disco, facendo cadere un nuovo macigno sulla musica mondiale.

La Family prima di tutto

Gli Sly and the Family Stone esistono sopratutto grazie a Sylvester Stewart, che non è un ragazzino come gli altri. Lui, nero a San Francisco, studia tutto quello che può sulla musica: teoria, composizione e tromba al college. Lui non è come gli altri. Con suo fratello Freddie mette su un piccolo ed innocuo duo, gli Stewart Brothers e, nel frattempo, inizia a lavorare come DJ per la KSOL, facendo girare un sacco di musica soul. E poi lo assumono come produttore per la Autumn Records. Ha circa 20 anni.

Lui non è come gli altri. Nel 1966, a 23 anni, forma una band aggiungendo la trombettista Cynthia Robinson alla presenza del fratello. La band si scioglierà quasi subito, ma sarà il nucleo della Sly and the Family Stone, la sua curiosa creatura che univa musicisti bianchi e neri.

Quello è il periodo in cui le lotte dei neri per i diritti civili sono al massimo della loro importanza e i nomi grossi dello show business musicale sono tutti bianchi: Jefferson Airplane, Grateful Dead, The Doors, solo per citare i più ovvi. Ovviamente la musica suonata dai neri americani c’è eccome, ma il razzismo è una brutta macchia da togliere e alla fine qualcuno ne paga sempre le conseguenze.

Ma lui non è come gli altri. Lui ha deciso che la musica deve distruggere quelle barriere, facendole esplodere con un groove esagerato e pieno di vita. E così forma la Sly and the Family Stone, sulle ceneri di due altre band. I sette componenti sono tutti una famiglia. Come abbiamo visto, anche di sangue, soprattutto dopo l’arrivo di Rose Stewart, la sorella di Sly e Freddie. Ma non è solo il sangue.

Siamo tutti plasmati dalla stessa polvere di stelle

Il motto “Peace and Love” che la controcultura degli anni ’60 aveva eretto a frase topica di quel periodo, divenne il suo mantra. I primi a far parte della band erano anche bianchi, tra i più influenti musicisti della storia della musica, come Larry Graham, inventore dello “slap” al basso.

E poi una bella sezione fiati e un coro, le Little Sister, che davano al sound una potenza micidiale. Libertà è la parola d’ordine. Se James Brown dava peso ad ogni minimo particolare dei suoi spettacoli, gli Sly and the Family Stone, invece, erano in tutt’altra direzione: non ne avevano bisogno perché si capivano al volo. Il primo singolo è un capolavoro. I Ain’t Got Nobody (For Real) scala le classifiche e si fa notare da Clive Davis, onnipresente, che li scrittura alla Epic Records.

Il primo disco è un altro capolavoro. Quel A Whole New Thing che sembra voler dire che qualcosa sta davvero accadendo, che tutte le battaglie stanno portando ad un risultato. La critica sarà entusiasta ma la distribuzione terribile, quindi il disco non vende abbastanza e dovranno tirare fuori un brano più accattivante per ammaliare il pubblico.

Il lavoro successivo è Dance To The Music, ma questa è un’altra storia

A Whole New Thing

Il funk è il figlio bastardo del soul e del rock psichedelico. I Funkadelic di George Clinton avevano un sound da sbobba cosmica, mentre James Brown aizzava le folle con il suo groove. Sly and the Family Stone unisce le due cose.

I testi dei brani riescono a parlare della realtà urbana della sua San Francisco e il loro abbigliamento diventerà lo standard di stile dei primi anni ’70. Non solo una formazione multicolore, ma anche il suono era democratico: ogni voce strumentale era attentamente articolata, sempre al passo con le altre.

Il debutto discografico è del 1967 e dentro ci si trova R&B, funk e rock. Una chitarra fuzz (“Run, Run, Run“, “Trip To Your Heart“), testi di protesta sociale (“Underdog“, “Dog“). Anche quando tutti questi “ornamenti” sembrano un po’ datati, la sconfinata energia, sempre molto alta, e le convinzioni profonde della Family permettono di inviare chiaramente il loro messaggio.

Gli Sly and the Family Stone Porteranno il loro messaggio fin sul palco di Woodstock, unica band di neri americani presente (Jimi Hendrix era accompagnato da due bianchie e Richie Havens suonò da solo) e scateneranno una vera e propria rivoluzione musicale.

Il loro lascito è chiaramente presente nell’Hip Hop, nel soul e nella disco degli anni ’70

Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un batterista tutto per noi” – dichiara Sly – “per le persone che hanno solo bisogno di un po’ di beat”

— Onda Musicale

Tags: James Brown, The Doors, Jimi Hendrix, Jefferson Airplane, Grateful Dead
Sponsorizzato
Leggi anche
Addio a Lasse Wellander, storico chitarrista degli Abba
“La lunga strada per l’inferno” è il nuovo album di Nolove4me