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Manic Street Preachers, la sacra bibbia del Britpop

Manic Street Preachers

I Manic Street Preachers dal Galles vengono lanciati in tutto il mondo. E si fanno sentire a suon di schitarrate.

Un suono d’oltre Manica

I Manic Street Preachers sono in quel guazzabuglio sonoro chiamato Britpop. E che il Britpop sia stata l’ennesima invasione di gruppi britannici nel mondo, era chiaro fin da subito.

Quando Beatles, Kinks, Rolling Stones e compagnia bella hanno iniziato a far conoscere il sound europeo – a sua volta mutuato da quello americano – ci fu una vera e propria rivoluzione, ma non dico nulla di nuovo.Poi fu la volta del rock più duro. Led Zeppelin, Deep Purple e Black Sabbath portarono una nuova ondata di suoni sempre più cattivi.

E poi il punk, storicamente nato a New York, ma che di fatto vede la sua “vera” prima apparizione a Londra. Non cito il progressive perché è stato più che altro un fenomeno europeo… Ma poi gli anni ’80 e i primissimi ’90 ci hanno regalato i R.E.M. e un bel po’ di movimenti underground che sono sbucati da qualche garage, tra tutti il grunge degli americani Nirvana e Pearl Jam (e, ovviamente, degli Alice in Chains).

Movimenti tellurici musicali. Tutto è unito, sempre. E tutto ritorna, sempre. Come un boomerang, o un cronosisma. Quando i Suede, nel 1993, uscirono con il loro primo disco eponimo si capiva che qualcosa stava di nuovo cambiando. O, appunto, tornando. E non furono certo gli unici.

Radiohead, Marion, Pulp, e, per l’appunto i Manic Street Preachers.

Un quartetto sovversivo

Nati nel 1986 a Blackwood, in Galles, i quattro hanno in realtà una partenza difficile. La prima formazione aveva un bassista diverso da quella definitiva, tale Miles Woodward, ma evidentemente non piaceva, per cui tanti saluti.

Già nei primi ’90 i Manic Street Preachers si stabilizzano con la loro formazione definitiva, che vede James Dean Bradfield (sì, si chiama James Dean) alla voce e alla chitarra, Nicky Wire al basso, Richey Edwards all’altra chitarra e Sean Moore alla batteria. Ovviamente, da bravi figli della Regina, si rifacevano un bel po’ al punk dei Clash. Anzi, sembravano i Clash. Decisamente troppo, a mio avviso, e forse anche per loro.

Infatti non ci vuole poi molto a trovare la chiave giusta. Il primo disco, Generation Terrorists (1992) è pregno di schitarrate che rasentano il metal, andando controcorrente rispetto al sound dell’epoca (chiamato shoegaze, traducibile con “sguardo sulle scarpe”, dall’atteggiamento dei musicisti sul palco) ma sarà un bel biglietto da visita, raggiungendo la posizione n.13 della classifica britannica. Non male.

Nel 1993 esce un nuovo disco, dalle sonorità decisamente più mainstream, Gold Against The Soul. Non meraviglioso (non piace neanche a loro) ma indubbiamente utile per il palmares: prima top 10 azzeccata. Nel frattempo Edwards, mostra evidenti segni di deterioramento psicologico, arrivando ad automutilarsi in diretta tv. Sarà l’inizio di un percorso che lo porterà alla morte, pochi anni dopo.

Perseguitati dai fantasmi

Ma è con il 1994 che sfondano ogni muro. In realtà il 1994, se non ti chiami Oasis o Blur, è un pessimo anno per far uscire un disco. I primi, con Wonderwall, saranno campioni d’incassi nella vendita dei singoli, gli altri nella vendita dei dischi. Fu un’ecatombe per le altre band.

Ma i Manic Street Preachers non si arrendono e tirano fuori un piccolo capolavoro per l’epoca. Purtroppo l’album verrà messo in ombra dai cugini/nemici che sono diventati ben più famosi e i nostri dovranno aspettare altri due anni per ricevere i giusti riconoscimenti. Nel frattempo, 1995, Richey Edwards scompare e viene dichiarato morto e i Manic Street Preachers si dichiarano “perseguitati dai fantasmi”.

C’è da dire che la scomparsa di Edwards fa parlare la stampa di loro, cosa che gli vale un certo successo. Non bella come cosa, ma vera. Quindi arriva il 1996 e Everything Must Go, con A Design For Life che diventa un inno di presa immediata. I testi, scritti in gran parte dal compianto Edwards, sono tutti abbastanza cupi ed estremamente politici. D’altronde i Manic Street Preachers andranno in udienza con Fidel Castro, hanno un singolo dedicato alla Guerra Civile Spagnola e scelgono, come titolo per il loro successivo album, un’affermazione che sa subito di dissidenza: This Is My Truth, Tell Me Yours.

Antifascisti fino alle ossa

I Manic Street Preachers, ormai ridotti a tre elementi, non hanno mai nascosto il loro credo politico. Questo è piuttosto evidente in This Is My Truth, Tell Me Yours, album del 1998 che li ha trasportati dalle classifiche inglesi a quelle internazioneli.

Il primo singolo, The Everlasting, è chiarissimo in proposito:

“The world is full of refugees/They’re just like you and just like me/But as people we have a choise/To end the voids with all its force/So don’t forget or don’t pretend”

Dicono: il mondo è pieno di rifugiati/sono come te e come me/ma come persone possiamo scegliere/di porre fine ai vuoti con tutta la loro forza/quindi non dimenticare o non fingere.

La canzone è bellissima. Ed è come un lunghissimo filo che collega Woody Guthrie a loro, passando per tutti gli altri. Musica per parlare del mondo che non funziona e che sarebbe meglio migliorare. Almeno idealmente.

I Manic Street Preachers continueranno la loro carriera sfornando un altro disco eccezionale, ma poco apprezzato dal pubblico: Know Your Enemy. Il sound si addolcisce ancora e il disco è pieno di ballads. Ma i temi sono i soliti. So Why So Sad, uno dei singoli più famosi, ha come video una bella spiaggia per famiglie che viene presa d’assalto dalla fanteria, come fosse il V-Day in Normandia. Guerra nelle nostre vite quotidiane.

Dei dischi successivi neanche ve ne parlo, sia perché sto terminando lo spazio, sia perché non sono granché. C’è qui e là qualche perla, ma niente a che vedere con i picchi raggiunti da The Holy Bible e This Is My Truth, Tell Me Yours, che vi consiglio caldamente.

Per onor di cronaca: 2004, Lifeblood; 2007, Send Away The Tigers; 2009, Journal For Plague Lovers; 2010, Postcards From A Young Man; 2013, Rewind The Film; 2014, Futurology; 2018, Resistance Is Futile; 2021, The Ultra Vivid Lament.

Come vedete, non si sono mai fermati. Sono stati grandiosi, anche se negli anni hanno perso lo smalto. A mio parere una delle band più sovversive degli anni ’90.

— Onda Musicale

Tags: Deep Purple, Pearl Jam, Nirvana, The Beatles, Led Zeppelin, Black Sabbath, Radiohead, REM, The Clash
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