Dai Nirvana ai Pink Floyd, passando per Beatles e Rolling Stones: ecco la nostra selezione dei migliori dischi della storia del rock.
Il genere rock presenta così tante interpretazioni che il termine, in senso generale, ha decisamente perso significato. Si tratta, piuttosto, di un’accozzaglia di sottogeneri che comprende il rock ‘n’ roll degli anni ’50, la Beatlemania e il rock psichedelico degli anni ’60; il prog rock dei Pink Floyd, il glam rock di David Bowie e il punk rock dei Sex Pistols degli anni ’70; il post-punk dei Joy Division degli anni ’80; il grunge, il britpop e l’indie alternative rock degli anni ’90 e ’00.
La premessa serve a spiegare che è molto difficile, forse impossibile, restringere questa supernova di sottogeneri. Tra la moltitudine di scelte possibili ce ne sono alcune che si distinguono dalle altre, almeno per la maggior parte di noi. Non potevamo includerle tutte, ma abbiamo fatto del nostro meglio.
Ecco la scelta dei 10 migliori album nella storia del rock.
10. Jeff Buckley – Grace (1994)
Il lavoro di un artista assume spesso un significato diverso quando muore, soprattutto se la sua morte non solo è stata prematura, ma anche così all’inizio della sua carriera da privare il mondo di ciò che sarebbe venuto. È il caso di Jeff Buckley, il cui audace album di debutto, Grace, è arrivato solo tre anni prima del suo tragico annegamento, all’età di 30 anni. L’opera rappresenta, quindi, l’unica visione completa del suo potenziale. È un capolavoro romantico, composto da voci ipnotiche, testi struggenti e, cosa insolita per un debutto, tre cover, la più famosa delle quali è l’interpretazione di Hallelujah di Leonard Cohen. Sebbene nei primi tempi abbia ricevuto recensioni contrastanti, Grace è stato riconosciuto come uno dei più grandi album mai realizzati, ispirando artisti del calibro di PJ Harvey, Radiohead e Muse.
9. Nirvana – Nevermind (1991)
Esistono album influenti e poi c’è Nevermind dei Nirvana. Il disco si apre con uno dei riff di chitarra più famosi di tutti i tempi e con un suono che definisce gli anni ’90: Smells Like Teen Spirit. Ha avuto un impatto dirompente e rivoluzionario sulla cultura e sull’industria musicale stessa, influenzando i gusti di un’intera generazione di persone e, di fatto, anche di quelle a venire. Oltre a portare il grunge, l’hardcore e l’alternative rock a un pubblico mainstream, il secondo album della band americana, il primo con un’etichetta importante, ha riacceso negli anni Novanta l’interesse per la cultura punk e stabilito un modello di stile nella moda, di comportamento e di gusto musicale tra i più giovani. Non si può sottovalutare l’influenza che ebbe sul frontman Kurt Cobain che dopo l’uscita del disco ha dovuto fare i conti con la fama e non ha sopportato l’idea di essere considerato la “voce della sua generazione”, fino a togliersi la vita solo tre anni dopo. La sua eredità, tuttavia, dura nel tempo e la maggior parte dei brani di Nevermind, tra cui In Bloom, Come As You Are e Drain You, sono tra i più venerati della storia.
8. The Rolling Stones – Exile on Main Street (1972)
Nel 1972 i Rolling Stones pubblicano un disco realizzato nel Sud della Francia dove si erano rifugiati per sfuggire alla pressione del fisco inglese e anche della stampa. Un riff di chitarra secco, squillante, e un tipo dalla voce di uno appena sveglio che sibila un “oh, yeah”. Quindi, una rullata di batteria che diventa il segnale di partenza di una corsa a cui si uniscono altre chitarre, un piano da saloon, trombe e tromboni. Tutto insieme, impastatissimo con le parole del tipo di cui sopra, che chiosa urlando che lui “viene solo quando sogna, viene solo quando dorme“. Vengo in quel senso là, quello che non si può dire, nell’inglese non oxfordiano si dice “Rocks Off”.
I Rolling Stones scelsero questo illuminante concetto, questi quattro minuti e spicci di irresistibile delirio rock per cominciare la cavalcata del capitolo più vero, più romanzesco – e per tantissimi anche il più grande – della loro storia infinita. E” mezzo secolo che “Exile On Main Street“, uscito in doppio Lp il 12 maggio 1972, è il castello inviolato e inviolabile dell’immaginario dei fan delle Pietre rotolanti, quelli che dietro i giovani ribelli dei Sixties prima e gli anziani imprenditori del loro mito poi hanno sempre cercato e amato la vera anima, musicale e personale, di Mick Jagger e Keith Richards.
7. Fleetwood Mac – Rumours (1977)
Potete crederci o meno, i Fleetwood Mac avevano pubblicato 10 album prima di lanciare Rumours, considerato il loro capolavoro. Sebbene gli album precedenti avessero raggiunto le classifiche del Regno Unito, è stato solo con l’omonimo album del 1975, il primo con Lindsey Buckingham e Stevie Nicks, che il successo astronomico della band ha iniziato a prendere forma. Da quel momento in poi, i Fleetwood Mac hanno sfornato un album multi-platino dopo l’altro, ma Rumours rimane il capolavoro più completo. L’album ha riscosso un grande successo ed è stato influenzato dalle relazioni disordinate dei membri della band con testi che trattano di amore e perdita, il tutto accompagnato da melodie euforiche ed eteree e da armonie vocali fenomenali. Persino il titolo dell’album è stato suggerito perché sembrava che la band volesse chiamarlo journals and diaries to each other via the songs. Si dice che la musica migliore spesso nasca dalle dinamiche più caotiche.
6. David Bowie – The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (1972)
È giusto che un brano su uno Starman inviato sulla Terra come salvatore in vista dell’imminente apocalisse proietti il suo autore nella galassia ultraterrena. Fu l’esecuzione di Starman da parte di David Bowie nei panni del suo alter-ego alieno Ziggy Stardust a Top of the Pops a lanciarlo nella stratosfera delle superstar con tanto di mullet rosso fuoco, tuta trapuntata patchwork e androginia omosessuale. Il concept album da cui il singolo fu tratto, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, avrebbe consolidato la svolta del suo creatore, grazie a classici intramontabili tra i più famosi di Bowie, tra cui Ziggy Stardust, Suffragette City e Moonage Daydream. Oltre a spianare la strada per il futuro dello stesso Bowie che ha incarnato molti personaggi stravaganti e ha trasceso i generi, Ziggy Stardust ha creato il modello per una nuova era di libertà artistica, glamour e performance teatrale.
5. The Velvet Underground & Nico – The Velvet Underground & Nico (1967)
Quando i Velvet Underground e la cantante tedesca Nico pubblicarono il loro album di debutto, intitolato The Velvet Underground & Nico, fu largamente ignorato. Venne perfino proibito, a causa dei testi che trattavano argomenti come il lavoro sessuale, il BDSM e i piaceri corporei dell’eroina. Secondo quanto riferito, ci è voluto più di un decennio prima che le vendite dell’album, oggi tra i più conosciuti della storia, raggiungessero le sei cifre. Di fatto fu un flop commerciale iniziale che ha benedetto la storia del rock, almeno secondo la famosa osservazione di Brian Eno: «Il primo album dei Velvet Underground ha venduto solo 10.000 copie, ma tutti quelli che lo hanno comprato hanno formato una band». Questo “tutti” include gli Smiths, i Joy Division, i Sonic Youth, i Pixies e la lista continua. L’album, con la sua copertina disegnata da Andy Warhol, è sperimentale e apparentemente disordinato: la tenerezza sognante di Sunday Morning si affianca al temperamento garage rock di I’m Waiting for the Man e alla stanca malinconia di All Tomorrow’s Parties. Oggi considerato uno degli album più intriganti e cruciali mai realizzati, ha gettato le basi per quasi tutti i generi alternativi possibili: dal glam al punk, dal goth all’industrial e al grunge. Un’impresa impressionante per un album che non è mai entrato nella top 150 delle classifiche.
4. Led Zeppelin – IV (1971)
Il quarto album dei Led Zeppelin è indicato, appunto, come IV, anche se tecnicamente non ha un titolo. Un aspetto, questo, che non gli ha impedito di diventare un’istituzione. Ciò è dovuto, soprattutto, al fatto che il quarto album della band contiene uno dei brani più noti e amati anche se ormai abusati: Stairway to Heaven, un pezzo rock epico e rivoluzionario che, come parte di IV, li ha portati dal successo ad altezze ancora più vertiginose. L’epopea di otto minuti non sta in piedi da sola, però. Il resto dell’album, che vanta brani del livello di Black Dog, When The Levee Breaks e Rock and Roll, è adrenalinico e infinitamente sfaccettato; comprende hard rock, heavy metal, folk e blues. IV, con tutti i suoi riferimenti occulti, ha assunto una propria mitologia, diventando un testo biblico per gli amanti del rock and roll.
3. Dire Straits – Making Movies (1980)
Making Movies è il terzo album dei Dire Straits registrato nel giugno 1980 ai Power Station di New York. Con oltre 8 milioni di copie vendute, di cui oltre 1.000.000 di copie in Italia dove raggiunge la prima posizione (mantenendola per 14 settimane), è il primo disco dei Dire Straits a raggiungere le vette delle classifiche mondiali. L’album raggiunge la prima posizione anche in Norvegia per due settimane, la terza in Nuova Zelanda, la quarta nella Official Albums Chart ed in Svezia, la sesta in Olanda ed Australia e la settima in Germania. In Italia è stato l’album più venduto in assoluto durante l’anno 1981.
Mark Knopfler decide di avvalersi del suono delle tastiere ed in particolare si fa aiutare da Roy Bittan, il pianista di Bruce Springsteen, crea così una serie di singoli di forte impatto sul pubblico come Tunnel of Love, Romeo and Juliet (vero e proprio cavallo di battaglia nella produzione del chitarrista), Solid Rock e Skateaway. Da un verso di quest’ultimo brano prende spunto il titolo dell’album. L’album è il primo in cui non figura David Knopfler (leggi la nostra intervista), che ha abbandonato il gruppo durante le registrazioni nell’agosto 1980. Le sue tracce di chitarre erano state quasi completate, ma furono comunque reincise dal fratello.
2. Pink Floyd – The Dark Side of the Moon (1973)
É difficile trovare una band che non si sia, almeno in parte, ispirata a The Dark Side of the Moon, album che ha segnato la carriera dei Pink Floyd e che, oltre a essere il disco preferito di vostro padre, è uno degli album più illustri e influenti mai realizzati. Rimane, infatti, il quarto album più venduto di tutti i tempi e quello che ha fatto schizzare la band da cult sperimentale a superstar internazionale. L’innovativo concept album che comprende un unico brano musicale, accompagna l’ascoltatore in un viaggio che va dalla nascita alla morte, aprendosi e chiudendosi con il ritmo pulsante di un battito cardiaco. Attraverso paesaggi sonori d’atmosfera, inquietanti effetti sonori, groove mesmerici e testi di grande peso, The Dark Side of The Moon rumina, come disse una volta Roger Waters, le cose banali che «fanno impazzire la gente»: il passare del tempo in Time, l’avidità espressa da Money, il conflitto di Us and Them, la follia in Brain Damage e la morte che trova espressione in The Great Gig in the Sky. Ascoltarlo è come essere risucchiati da un tornado, vorticare al rallentatore e poi essere risputati nella realtà. Tutto sommato, una buona similitudine per raccontare la vita, se ci pensate.
1. The Beatles – Revolver (1966)
Tra tutte le influenze che il settimo album dei Beatles, Revolver, ha avuto sulla cultura, lo sviluppo della psichedelia e del punk rock, su artisti del calibro di David Bowie, Jimi Hendrix, Grateful Dead, l’elenco è infinito, e sulle tasse con Taxman, forse l’impatto più importante è avvenuto proprio nel momento in cui è stato pubblicato. Fu, infatti, la colonna sonora dell’estate in cui l’Inghilterra vinse la Coppa del Mondo. Ok, non è esattamente l’impatto più decisivo della storia della musica, ma **Revolver **segnò un momento di ottimismo nella cultura del proprio paese. Se le fortune calcistiche inglesi non si trasformarono per sempre, l’album segnò un cambiamento sia per i Beatles, sia per la musica in generale, aprendo la strada a sperimentazioni ambiziose e di genere. In Revolver spunta la musica da camera, il pop barocco, l’acid rock e altro ancora. È anche considerato l’inizio dell’era psichedelica dei Beatles, seguito da Sgt. Pepper e, appunto, dalla Summer of Love dell’anno successivo. Si tratta dell’album più grande e innovativo della band secondo il parere quasi unanime della critica specializzata. Compresi noi, per quel che vale.
(articolo originariamente pubblicato su GQ UK)