A due anni dallo stupendo esordio omonimo (ne abbiamo già parlato a lungo qui) torna sulla scena progressiva il gruppo di Monteverde de Quella Vecchia Locanda con un secondo album decisamente più maturo e ricco di atmosfere classiche rispetto al precedente.
“Il tempo della gioia” vede la luce nel 1974 e, a parte un live ed un 45 giri pubblicato nel 1993, è il secondo ed ultimo album della band. Il disco si rivela essere molto importante anche da un punto di vista della line up dato che escono il violinista Donald Lax ed il bassista Romualdo Coletta.
Nel disco, che vede anche il sax contralto di Rodolfo Bianchi in una traccia, questi due vengono rispettivamente sostituiti da Claudio Filice e da Massimo Giorgi. Detto questo possiamo dare un’occhiata alle tracce che compongono questo disco.
Villa Doria Pamphili: eleganti giri di tastiere si mischiano ad un’atmosfera di stampo più barocco accompagnata anche dal violino di Filice. Arriva poi il cantato di Giorgi che si presenta con una voce decisamente più matura e decisa.
Durante il resto della traccia si respira in continuazione una magnifica contaminazione di musica classica grazie ai fantastici intrecci tastieristici di Roselli.
A forma di …: un lungo e costante crescendo tra violino, tastiere, percussioni, flauto e chitarra apre le danze per un’aria che sembra sia stata scritta da Mozart, Bach o Vivaldi tanto che compare anche il clavicembalo.
Questo dura fino a poco dopo il secondo minuto quando entrano i cori a seguire le intricate tastiere, il pianoforte e, soprattutto, il violino che chiudono in bellezza il brano.
Il tempo della gioia: la voce di Giorgi è più sofferente e melanconica fino a circa il primo minuto e mezzo dove, dopo il consueto intermezzo classico, il brano si evolve verso il progressive più lanciato con batteria e tastiere a dettare le regole.
Segue poi un uso più massiccio delle armonie vocali che si accompagnano a lunghi, ed eterei, passaggi strumentali che saltano dal jazz allo sperimentale.
Un giorno un amico: questa volta il pianoforte assume dei connotati più tipici del jazz mentre il violino tesse trame sempre più complesse e vorticose fondendosi con esso in un appassionante gioco di botta e risposta.
Basso e batteria poi tessono il corposo tappeto sonoro fino a renderlo sempre più frenetico grazie anche all’intervallarsi dei cori. È una delle tracce più sperimentali del disco con tanto di assoli di violino e clarinetto, quest’ultimo ad opera del chitarrista Cocco, così come di chitarra elettrica verso il finale.
Sempre verso il finale si può udire in sax soprano di Rodolfo Bianco che sfocia nel free jazz più scatenato facendo ricordare, non poco, all’ascoltatore l’atmosfera dei primissimi King Crimson. Questo brano inoltre è uno dei più lunghi di tutto il disco con i suoi quasi dieci minuti di durata.
È accaduto una notte: gli inquietanti e maestosi cori di apertura, perfettamente in sincronia con la linea malinconica del disco, aprono le danze all’ultima traccia perfettamente in equilibrio tra folk e jazz.
A livello puramente strumentale, dal sesto minuto in poi si assiste ad una magnifica progressione che va assolutamente ascoltata a tutto volume per coglierne al meglio l’essenza! Gli ultimi secondi potrebbero ricordarvi i Pink Floyd durante il primissimo periodo con David Gilmour.
Giudizio sintetico: un altro esempio di album ingiustamente sottovalutato che ha evidenziato un grande salto di qualità della band. Immancabile per i collezionisti e gli intenditori del progressive rock italiano!
Copertina: elegante composizione di mani, volti e sguardi che vede la preponderanza delle varie gradazioni di rosso ed arancione per un risultato decisamente vistoso
Etichetta: RCA Italiana
Line up: Giorgio Giorgi (voce, ottavino e flauto), Massimo Giorgi (basso, contrabbasso e voce), Massimo Roselli (tastiere e voce), Claudio Filice (violino), Raimondo Cocco (chitarra, clarinetto e voce) e Patrick Traina (batteria, percussioni e voce)
Vanni Versini – Onda Musicale
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