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Un disco per il week end: “Couldn’t Stand the Weather” di Stevie Ray Vaughan and Double Trouble

Texas, 1984, il chitarrista Stevie Ray Vaughan è ormai conosciuto in tutto il mondo grazie all’ottimo Texas Flood dell’anno precedente, ma la carriera ovviamente deve proseguire.

Ancora una volta, ad accompagnarlo in questo nuovo album, sono i fidati e preparati Double Trouble che hanno condiviso con lui la sua sfavillante carriera sui palchi di mezzo mondo. Un chitarrista che grazie alla sua abilità ha influenzato due dei più grandi bluesmen irlandesi, purtroppo scomparsi anche loro, come Gary Moore (leggi qui) e Rory Gallagher.

Detto questo analizziamo dunque le tracce di uno dei più famosi dischi del grandissimo chitarrista texano:

Scuttle Buttin’: veloce blues strumentale, con evidenti richiami country, di circa due minuti che richiama subito l’attenzione dell’ascoltatore facendogli percepire cosa lo aspetta all’interno del disco.

Couldn’t Stand the Weather: il giusto mood di basso e batteria dei Double Trouble si unisce ai giri funk e blues di Vaughan che in questa title track firma uno dei suoi assoli più belli e conosciuti al mondo.

Godetevelo a tutto volumeattorno al terzo minuto e lasciatevi trasportare dalla sua mitica Hamiltone con il nome inciso sulla tastiera! Da ricordare che sia qui che in The Things That I Used to Do è presente il fratello minore Jimmie alla chitarra ritmica.

The Thing (That) I Used to Do: cover di Eddie Jones, detto Guitar Slim, bluesman di New Orleans degli anni ’40 e ’50 nella quale Vaughan mantiene intatto tutto il carisma e la passione senza però rinunciare al suo inconfondibile tocco.

Voodoo Chile (Slight Return): come nell’album postumo del 1991, The Sky is Crying, anche qui Vaughan sceglie di coverizzare un brano dei più grandi chitarristi di sempre ovvero Jimi Hendrix.

Nel disco postumo optò per Little Wing mentre qui dà fondo al wah wah creando così una delle più belle versioni di sempre. Una cover di cui lo stesso Hendrix andrebbe estremamente fiero, alzate il volume al massimo!

Cold Shot: brano più scanzonato e sarcastico, cover del Padrino del Blues di Austin W. C. Clark, anche grazie al divertentissimo videoclip e, naturalmente, alla preparazione degli impeccabili Double Trouble!

Tin Pan Alley: cover di James Reed piena di feeling e sentimento che si rivela essere anche una delle tracce più lunghe del disco, supera di poco di nove minuti, dove è possibile sentire la voce soffusa di un Vaughan più intimo ed in vena di storie nostalgiche.

Honey Bee: altro bel blues veloce che contrasta in pieno la traccia precedente e che lascia spazio alla vena più goliardica del chitarrista texano! Un brano che, se non siete ancora schizzati sulla sedia, vi convincerà definitivamente.

Stang’s Swang: rullate e controtempi di batteria, ad opera del compatriota Fran Christina (The Fabolous Thunderbirds), per uno strumentale finale decisamente più jazz arricchito anche del sax tenore di Stan Harrison.

 

Giudizio sintetico: tra i più grandi capolavori del bluesman texano, e del blues contemporaneo in generale, reperibile anche nelle diverse versioni bonus con i pezzi aggiunti, su CD, negli anni ’90 e 2000.

Copertina: Stevie Ray Vaughan con una Fender Stratocaster a tracolla mentre, sullo sfondo, imperversa la bufera

Etichetta: Epic Records

Line up: Stevie Ray Vaughan (chitarra e voce), Tommy Shannon (basso) e Chris Layton (batteria) assieme agli ospiti Jimmie Vaughan (chitarra), Fran Christina (batteria) e Stan Harrison (sassofono)

 

— Onda Musicale

Tags: Stevie Ray Vaughan, Jimi Hendrix, Gary Moore, Rory Gallagher, Jimmie Vaughan
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