Preceduto da 4 singoli, il nuovo album dei Savoy guidati dal chitarrista Paul Waaktaar Savoy si intitola “Under” ed è uscito il 2 febbraio 2024.
Dura 34.8 minuti, la durata sufficiente per desiderare di ascoltarne ancora. Si tratta di “Under”, il settimo album in studio della band norvegese-statunitense dei Savoy, composta dal chitarrista Paul Waaktaar Savoy (chitarrista e cantautore anche della nota band norvegese degli A-ha), dal batterista Frode Unneland e da Lauren Savoy (al basso e voce), moglie di Paul.
L’album è uscito il 2 febbraio, in formato digitale e vinile classico nonché nelle edizioni speciali colorate (lime e arancione). Disponibile in pre-order anche in versione CD. L’album è stato anticipato da 4 singoli: “Lonely surfer” (che apre il lato A), Digital River, Life and times of a Wannabe, Coming down (le cui splendide grafiche sono curate da Jason Brandenberg). L’album è prodotto dalla Eleventeen Records, la casa produttrice indipendente creata dallo stesso Waaktaar Savoy, mixato da Simon Vinestock e masterizzato da Joe Lambert.
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La band ha ricevuto ottime recensioni, inclusa quella di Rolling Stone (edizione francese). La nostra seguirà alla fine dell’intervista. Abbiamo, infatti, colto l’occasione per parlare di questo nuovo progetto con la band.
L’intervista di Onda Musicale ai Savoy
La mia prima domanda è per Lauren. Sei principalmente una regista cinematografica, ma questa volta ti sei concentrata maggiormente sulla musica e sulla scrittura di canzoni, mentre il lato video e visivo è stato lasciato in parte ad altri. Perché questa scelta?
«I video tendono a richiedere molto lavoro (in termini di tempo) e mi sto concentrando anche sulle sceneggiature dei miei film oltre a tutto ciò che sta succedendo… Comunque: è bello ricevere nuovi input dall’esterno sulle canzoni su cui abbiamo lavorato per più di un anno.»
Tu e Paul vi siete trasferiti da New York a Los Angeles ormai da molto tempo. Qual è il valore aggiunto che una città come Los Angeles ha apportato al vostro modo di fare musica e cosa ti manca della scena musicale di New York?
«Siamo irrequieti. Dipende dal territorio. Anni di tournée. Anni di promozione in tutto il mondo. Vivere a Oslo e Boston, poi a Londra, seguita da New York e ora in California. Essere senza radici è il segreto del gioco».
Paul, hai scelto di pubblicare l’album in formato digitale e vinile (in 3 diversi formati e colori [ndr]) e contiene 10 tracce di cui 4 singoli sono stati pubblicati con crescente interesse e successo. Il numero di 10 tracce è dovuto ad un «limite» tecnico della produzione dei vinili oppure è il tuo concetto del numero perfetto di tracce per un album?
«Sembrava un buon numero di canzoni. E poiché i nostri ascoltatori sembrano sempre aver bisogno di qualche ascolto in più prima di sentirsi a proprio agio con le canzoni… non volevamo sovraccaricarlo. Comunque, ora offriamo anche la versione CD, tra le altre cose». [si può acquistare al seguente link]
Un terzo di Savoy è anche un terzo degli A-ha. Ritieni che sia più impegnativa o frustrante l’idea di relazionarti con la più ampia base di fan degli A-ha come punto di partenza per promuovere i Savoy? oppure raggiungere quel tipo di popolarità non è mai stato nelle ambizioni dei Savoy ed è naturale bussare a quella porta tanto per cominciare?
«Non penso mai a nessuna di queste cose. So che alcuni fan degli a-ha vogliono che io scriva solo canzoni da far cantare a Morten [Harket], ma questo ha funzionato solo sui primi 5 album. Alla fine faccio musica perché mi fa sentire bene, sperando ovviamente che una volta pubblicati i brani, anche altri siano disposti ad ascoltarli e a trarne qualcosa».
Immagino che, come per ogni musicista, la parte migliore della realizzazione di un nuovo album sia la possibilità di consegnarlo dal vivo, di portarlo al pubblico in un «vestito» sempre nuovo. Ci sono piani per un tour? E se sì, che tipo di tour desideri offrire: piccoli locali intimi, concerti nelle arene, nei club, con orchestra, limitato agli Stati Uniti o un tour mondiale ma in paesi specifici…?
«Dato che siamo stati così tanto in tour con gli a-ha, non è mai stata troppo forte la tentazione di replicarlo per i Savoy, il che è un peccato perché ovviamente porterebbe la musica più lontano… inoltre è sempre stato emozionante ogni volta che abbiamo fatto tour e spettacoli individuali… il problema è che devi farne così tanti di tour per far sì che contino davvero».
Vivendo non troppo lontano da Hollywood, hai mai avuto la tentazione di scrivere una colonna sonora per un film o una serie TV, una specie di Ennio Morricone, e magari aspirare all’Oscar dopo tanti Grammy?
«Il lavoro cinematografico potrebbe essere qualcosa a cui dedicarsi… Tendo comunque a pensare alle canzoni in questi termini [cinematografici] e ho sicuramente diversi pezzi strumentali in archivio che potrebbero essere adatti»
Com’è essere il datore di lavoro di sé stessi?
«Grande. Mi piace comandarmi»
Paul, ultima domanda per te (e sai come rispondere per accontentare alcuni lettori e fan italiani…☺) Hai tifato per Sinner o Medvedev?
«Sinner per me, senza dubbi. È un “nuovo” giocatore talmente entusiasmante. Sembra padroneggiare ogni tiro. L’ho visto giocare all’Indian Wells l’anno scorso… pazzesco!»
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Frode Unneland, il batterista dei Savoy
Non è stato possibile raggiungere anche il batterista Frode Unneland che vive a Bergen, a differenza della coppia che vive negli Stati Uniti, ma nell’unica intervista rilasciata alla radio norvegese NRK P13 ha dichiarato che:
«Siamo molto soddisfatti del lavoro. È stato un processo di registrazione facile e il risultato è un album molto strutturato e coeso. Per noi c’è un fil rouge che tiene insieme il concept dell’intero album. Paul ha detto di aver scritto molte delle canzoni durante il periodo di lockdown. Si tratta di testi personali, ma io riesco a immedesimarmi nella solitudine che descrive, nelle strade vuote …
Il processo di lavorazione è iniziato a fine 2022 dopo il tour degli a-ha. Paul si è fermato a Oslo per una settimana. Abbiamo registrato nel suo studio di casa sulla base dei suoi demo. C’è anche un brano che abbiamo cercato di registrare altre volte prima, ma che non c’era mai tempo di finalizzare, Paul scrive sempre molto e accumula brani che andrebbero registrati. È stato comunque molto divertente lavorare insieme.
Paul è poi rientrato in California e io inviavo i miei video e le mie registrazioni sui quali lui continuava a lavorare. Ho registrato le mie parti con l’aiuto di mio figlio Filip che è stato accreditato come ingegnere del suono tra i collaboratori. A Paul è veramente piaciuto il sound ed è stato molto gentile, ha anche regalato a mio figlio una Ludwig (batteria) nera accessoriata».
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La recensione di Onda Musicale
Un buon recensore non dovrebbe mai farsi influenzare o leggere cosa scrivono gli altri. Bene, la premessa è che io non sono un buon recensore. Ho letto tutto quanto è stato finora pubblicato e ascoltato le interviste.
Sono d’accordo con Rolling Stone sulle atmosfere calme californiane, talvolta spettrali, gli accordi aerei, ma allo stesso tempo si tratta di dieci brani tutti vari, diversi e sorprendenti. Concordo con chi dice che ritrova sonorità alla Bowie (in “Under” la title track e “Lonesome Alone”), reminiscenze dei Beatles/Paul McCartney e Beck (in “Coming Down”), immancabili accenni al sound anni ’80 (in “Life and Times of a Wannabe”), ma … Per me questo album è soprattutto “Savoy”.
In genere, non amo che la musica “nuova” che ascolto mi ricordi qualcos’altro, perché se è vero che abbiamo tutti i nostri gusti e le nostre influenze e d’altra parte un’ammissione di mancata originalità, un voler affermare che è qualcosa di già sentito. E, invece, in questo album dei Savoy io sento molta novità, molta sapienza nel saper fare tesoro delle proprie esperienze passate, dei propri gusti, delle proprie conoscenze.
Qui c’è davvero il “mestiere” di chi sa fare musica. Al punto tale che alla fine dell’ascolto, sinceramente scompaiono dalla testa le reminiscenze Bowie-ane, beatleasiane o degli a-ha stessi e rimangono solo i Savoy, quel ritornello che ripeti nei momenti più inaspettati della giornata. Quel sound che ti fa esclamare “Questo è un Savoy!”
Un album giusto
Alcuni hanno anche scritto che “Under” è l’album migliore della produzione Savoy dai tempi di “Mountains of time” (1999). Anche in questo caso, non amo classificare gli album come “migliori” o “peggiori”, rispetto a cosa, poi?
“Under” è un album che non poteva essere scritto né prima né dopo di quando è accaduto, così come per i precedenti, semplicemente perché è il frutto del suo tempo, della sua maturazione anche se c’erano brani conservati nel cassetto da tempo, delle riflessioni e delle esperienze, dell’evoluzione tecnologica (che permette di riproporlo in vinile, in digitale, in CD e in tutti i modi producibili e immaginabili)
“Under” è semplicemente un album “giusto”, scritto nel momento giusto, consegnato a quanti lo ascolteranno nel momento giusto. Non è lontano il giorno in cui si dirà di una nuova band emergente che all’ascolto suona come i “Savoy”, (così come di Weeknd e Harry Styles, Coldplay e Keane si dice già che suonino … come gli a-ha).
Quindi, per dirla in due parole, il settimo album dei Savoy è un album giusto, che ha la sua identità e che suona proprio alla maniera dei Savoy!