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Un disco per il week end: “La Bibbia” del Rovescio della Medaglia

Siamo a Roma nei primissimi anni ’70 e dalla cenere di tre gruppi beat, I Lombrichi, Le Rivelazioni ed infine i Poema, nasce un nuovo sodalizio artistico che prenderà il profetico nome di Rovescio della Medaglia.

La band è ispiratissima dall’hard rock inglese ed ha una voglia scatenata di aggredire l’ascoltatore con le proprie sonorità ed i testi. È il 1971 ed il Rovescio della Medaglia pubblica questo concept album, La Bibbia, che affronta per l’appunto le tematiche religiose dell’Antico Testamento.

Le particolarità del disco sono il suo essere registrato in presa diretta, quindi senza sovraincisioni, l’assenza di un vero e proprio stacco tra i brani e la totale mancanza di tastiere che arriveranno solo qualche tempo dopo.

Detto questo, diamo dunque un’occhiata alle tracce che compongono questo esordio per una delle band mai dimenticate del rock progressivo italiano:

 

Il nulla: suoni distanti ed echi distorti indefiniti accompagnano l’ascoltatore in questa cupa atmosfera di apertura con la sensazione di essere prossimo alla creazione di qualcosa, un inizio.

Le note elettriche di Vita, detto anche Capello vista la sua chioma fluente ancora oggi, dominano gli inizi del terzo minuto accompagnate dall’ipnotico basso di Urso in un esperimento sonoro che fa ricordare i primi tempi dei Black Sabbath. Del resto anche loro sono tipici del periodo.

Il flauto di Ballarini poi comincia a tessere le sue mistiche trame sui rimbombi di Campoli per lasciare spazio alla follia elettricadel brano successivo.

 

La creazione: un brano elettrico al massimo, una sorta di incrocio tra Black Sabbath e Deep Purple, dominato dalla voce profetica di Ballarini che canta, appunto, della Genesi e del dialogo tra Dio, uomo ed animali.

Il ritmo si tranquillizza per pochi istanti verso metà del brano con dei cori cantalenanti ed atmosfere più rilassate, ma la chitarra di Vita è decisa a mordere accompagnata perfettamente dal basso di Urso e la batteria di Campoli. La formula viene ripetuta anche nell’ultimo mezzo minuto dove, tra giochi di rimbalzo, fa di nuovo capolino il flauto di Ballarini.

L’ammonimento: perfetta continuazione delle sonorità ascoltate nella traccia precedente. Qui possiamo ascoltare uno scatenatissimo Campoli dietro le pelli ad accompagnare un Ballarini decisamente più critico che interpreta il mistico dialogo tra Dio e l’uomo.

L’uomo crede che il mondo sia suo, ma qualcuno lassù la vede molto diversamente e gli rivela che può schiacciarlo tranquillamente ponendo fine alla sua esistenza.

Al dialogo seguono lunghi passaggi strumentali dominanti dalla chitarra di Vita che, tra vorticosi saliscendi, per poi lasciare spazio al giro di basso di Urso.

Sodoma e Gomorra: l’elettrica di Vita è impazzita, ma la batteria di Campoli non è certo da meno tanto che i due strumenti si lanciano in un vorticoso inseguimento elettrico che mi ha ricordato il sound dei primissimi Motörhead del compianto Lemmy Kilmister.

Anche qui siamo di fronte ad uno strumentale, di matrice decisamente hard rock che sovrasta quella progressiva, che non lascia alcuno scampo all’ascoltatore.

Il giudizio: il gong apre le danze del brano più lungo dell’intero album, dieci minuti e una manciata di secondi, vede un altro dialogo tra un Dio decisamente vendicativo ed un uomo sempre più disperato.

Quest’ultimo ha infatti peccato innalzandosi al di sopra delle leggi e degli insegnamenti voluti dal suo stesso creatore (“tu non mi hai seguito ma hai rubato, ti hanno tradito, ucciso”).

È uno dei brani più interessanti dal punto di vista strumentale dell’album visti i numerosi passaggi strumentali in perfetto equilibrio tra hard rock, folk, musica classica e blues.

Da ascoltare e riascoltare con particolare attenzione per cogliere al meglio tutte le sfumature che esso presenta, echi di Jimi Hendrix e Led Zeppelin in particolare.

Il diluvio: traccia conclusiva, la più breve di tutto l’album con i suoi due minuti scarsi, che riprende le atmosfere distorte iniziali simulando il famoso e lungo diluvio descritto nell’Antico Testamento, così come tutti i temi già trattati, con tanto di pioggia scrosciante, tuoni potenti e venti ululanti. Una conclusione semplicemente perfetta!

 

Giudizio sintetico: potrebbe essere anche visto come leggermente immaturo, ma è comunque un disco di chi aveva certamente qualcosa da dire e voleva urlarlo a tutti con watt su watt di potenza elettrica.

Interessante ed unico è un album essenziale per gli amanti della band e che può mettere d’accordo sia i fan dell’hard rock che del progressive rock nostrano. I testi poi sono brevi, ma veramente interessanti e poetici con picchi corali da non perdere!

Copertina: una medaglia con il nome del gruppo scritto, per l’appunto, a rovescio su sfondo scuro. In quel periodo alcune copie avevano addirittura il libretto dei testi a forma di “medaglione” con il nome del gruppo in omaggio assieme al disco.

Etichetta: RCA

Line up: Pino Ballarini (voce e flauto), Enzo Vita (chitarra), Stefano Urso (basso) e Gino Campoli (batteria)

 

Vanni Versini – Onda Musicale

 

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Tags: Concept Album, Led Zeppelin, Black Sabbath, Jimi Hendrix, Mötorhead, Lemmy Kilmister, Vanni Versini, Gomorra
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