Siamo nel 2002 ed il gruppo pop punk canadese dei Sum 41 è sulla cresta dell’onda grazie al successone riscosso con il primo album “All Killer No Filler” del 2001 con singoli come “Fat Lip”, “Motivation” e “In Too Deep”.
Ovviamente bisogna andare avanti, ma come? Semplice, pubblicando un album come “Does This Look Infected?” con i giusti singoli. Diamoci un’occhiata.
The Hell Song: “tutti hanno i loro problemi, tutti quanti ti dicono la stessa cosa, è solo una questione di come li risolvi”, con queste parole si apre la prima canzone del disco dei Sum 41. Elettrica e lanciata, ricca di palm muting, è un brano estremamente personale della band dato che parla di un loro amico che, purtroppo, ha contratto il virus dell’HIV. Nonostante i Sum fossero inizialmente recalcitranti la canzone è comunque “venuta fuori”come ha affermato il frontman Deryck Whibley. Ad ogni modo, testo a parte, il ritmo è decisamente coinvolgente ed il video pure che mostra la band, in versione giocattolo, suonare ad un folle concerto con altri pupazzi di colleghi e VIP vari. Spuntano infatti Angus Young degli AC/DC, Metallica, Korn, Ozzy Osbourne, Marilyn Manson, Alice Cooper e persino Gesù!
Over My Head (Better Off Dead): brano decisamente più corale e lanciato a mille dove la band canta di chi, durante una nottata brava, combina un casino dietro l’altro e poi la mattina dopo se l’è già dimenticato. La soluzione? Come suggerisce il titolo “meglio essere morto”!
My Direction: pezzo decisamente più punk rock, con tanto di annuncio televisivo riguardante il vertiginoso aumento del tasso di suicidio tra gli adolescenti americani, che affronta il tema dell’ipotetica perfezione in una vita che, alla fine, “non è così male”.
Still Waiting: brano che avrete sentito tutti almeno una volta nella vita. In televisione, mi ricordo, che lo passavano spesso come sottofondo per vari programmi in prima serata. Piccola curiosità. Nel video si vede un manager che fa cambiare il nome della band in “The Sums” e gli fa indossare gli stessi vestiti per poi farli esibire su di un piccolo palco televisivo, non prima di aver citato band come White Stripes e Strokes. In video infatti è una sorta di “parodia” di quest’ultimo gruppo.
A.N.I.C.: più rumorosa e cacciata questa canzone è un piacevole intermezzo che dura poco più di mezzo minuto. Un’accusa aperta nei confronti dell’attrice e modella Anna Nicole Smith, il titolo per esteso è infatti Anna Nicole Is a Cunt.
No Brains: altro brano con uno dei ritornelli più corali di tutto l’album. La voce critica di Whibley e soci si scaglia contro l’immobilità di una situazione che non sembra migliorare con il tempo. In sostanza è completamente stufo di una persona in particolare ed il breve assolo di Dave Baksh ne è la prova lampante.
All Messed Up: chi non l’ha mai detto una volta almeno da adolescente? “Tutto incasinato”, semplice e diretta come piace in pieno stile pop punk, nonché Sum 41, anche se i vari giri di moog ricordando moooolto vagamente gli Who! Ascoltatevela a tutto volume e cantate a squarciagola il ritornello da veri “incasinati”.
Mr. Amsterdam: i giri ricordano quelli dei colleghi Offspring del periodo “Conspiracy of One” (leggi qui l’articolo) mentre il testo gronda tristezza e rassegnazione da ogni riga come un volto in lacrime. Le chitarre si fanno poi più pesanti, sfiorando le sonorità ed i riff tipici del metal, accompagnati dalla batteria di uno scatenato Steve Jocz.
Thanks for Nothing: per i fan più affezionati i primissimi accordi vi faranno ricordare la, futura, malinconica “Pieces”mentre l’intreccio di voci Whibley – Jocz quelli del periodo “All Killer No Filler” (2001) vomita tutto il suo cinismo sulla realtà senza futuro. Quindi, davvero, “grazie per niente”!
Hyper-Insomnia-Para-Condrioid: probabilmente qualche fan dei Radiohead avrà già drizzato le orecchie ricordando la celebre “Paranoid Android”. Il ritmo è decisamente meno lento ed etereo, ma non per niente carente di nichilismo e rassegnazione all’imminente fine in un buco tra rimorsi e paranoia.
Billy Spleen: sonorità simil discordanti e cori irrefrenabili aprono le danze per un’altra canzone sull’insoddisfazione e tutta quell’allegra serie di sfighe che non lasciano mai il corso della vita-
Hooch: brano conclusivo che parla dell’amore in versione Sum 41 ovvero pieno di dolore e di confusione con un assolo del tutto inaspettato che farà voglia di premere repeat all’infinito. La cosa più interessante è il cambio di registro totale verso la fine, dall’arrabbiatura iniziale si scivola verso sonorità più tranquille ed eteree.
Giudizio sintetico: potremmo definirlo un ottimo “esperimento nostalgia” per i trentenni odierni che, probabilmente, non hanno mai scordato quei tempi delle superiori a suon di Blink 182, Green Day, Bowling For Soup e compagnia bella
Copertina: uno Steve Jocz in versione zombie si indica la ferita aperta sulla testa sopra l’ironico titolo
Etichetta: Island Records
Formazione: Deryck Whibley (voce e chitarra), Dave Baksh (chitarra e cori), Cone McCaslin (basso e cori) e Steve Jocz (batteria, percussioni e cori)