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Addio a Marty Balin, cantante e fondatore dei Jefferson Airplane

E’ morto Marty Balin, il co-fondatore della leggendaria band americana di ‘folk rock’ psichedelico Jefferson Airplane.

Lo ha reso noto il suo portavoce, Ryan Romensko, in un comunicato mentre mentre il gruppo Starship, nato dopo lo scioglimento dei Jefferson Airplane e con il quale Martin Balin ha suonato, gli ha reso omaggio su Facebook. Il cantante e chitarrista aveva 76 anni e si è spento mentre veniva trasportato in ospedale, a Tampa, in Florida.

Personaggio centrale dell’«estate dell’amore» a San Francisco fu al centro del processo creativo della band di rock psichedelico marchiando a fuoco come autore e con la ugola tenorile dischi storici come «Surrealistic pillow» e «Volunteers», di cui firmò anche la title track, indiscusso inno ribelle generazionake.

Martyn Jerel Buchwald, così all’anagrafe, da Cincinnati, aveva militato in una folk band ed aveva fatto il cantante pop, quando, in un club, incontrò Paul Kantner e la sua chitarra a dodici corde. Poi vennero il chitarrista Jorma Kaukonen, il bassista Jack Casady, il batterista Slip Spence e la cantante Signe Toly Anderson; l’Aeroplano Jefferson era nato e, nel 1966, arrivò l’album di debutto «Jefferson Airplane Takes off», che preparò la strada per la fama, giunta appena un anno dopo con la sostituzione della vocalist con Grace Slick, carta vincente del gruppo come autrice, oltre che come ugola – e presenza – sensuale.

Presenza centrale al Human Be-In di San Francisco, al Monterey Pop Festival, a Woodstock, ad Altamont, alle prime due edizioni del festival di Wight, con  Grateful Dead e i Quicksilver Messenger Service i JA accesero il sound di San Francisco conquistando l’America e il mondo, ma attraversando anche tutte le contraddizioni di quel periodo, costruendo un suono lisergico, epico, a tratti militante e rivoluzionaro, in altri momenti magniloquente.

Contraddizioni che non sempre Balin accettò di buon gusto, dall’eccessivo uso di ogni tipo di droga, soprattutto cocaina, alla violenza degli Hells Angels, di cui fu vittima proprio al famigerato festival di Altamont.

Il nome stesso del gruppo portava alla convinzione che le droghe permetterso di espandere la coscienza, di attraversare la porta della percezione. Jefferson Airplane sarebbe un termine slang per definire un fiammifero tagliato a metà in verticale usato per reggere una sigaretta o una canna di marijuana troppo corta per essere tenuta fra le dita, così da fumarla fino alla fine senza scottarsi, ma Kaukonen sostenne sempre che il nome fu inventato da un suo amico chitarrista, Steve Talbot, come parodia ai nomi dei musicisti blues, in riferimento a Blind Lemon Jefferson.

Rimasto nel gruppo per siglare anche lp come «After bathing at Baxters» e «Crown of creation», Marty, che preferiva l’alcool alle polverine e l’Lsd, nel 1971 lasciò i JA e, ancora sconvolto dalla morte dell’amica Janis Joplin, cercò una vita più salutare, praticando lo yoga. Ma ritrovò quel che restava del gruppo nel 1974 entrando nei Jefferson Starship: l’aeroplano era diventato un’astronave, ma volava decisamente più basso dei tempi di «Somebody to love» e «White rabbit». Balin firmò comunque gli hit – minori – di questa stagione: «Miracles», «With your love» e «Count on me», ma poi abbandonò di nuovo gli antichi compagni, prigionieri di problemi di ego e non solo.

La sua carriera solista non decollò mai, nel 1989 partecipò a una reunion degli Airplane, poi a una degli Starship, prima di mollare definitivamente il giro nel 2008. Nel 2016 aveva avuto un’operazione a cuore aperto, dalla quale non si era mai davvero ripreso. (fonte; www.ilmattino.it)

— Onda Musicale

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