A fine settembre la città di Trento ha potuto ospitare l’evento sold out del Pink Floyd Day. Oltre ai preparatissimi vicentini Wit Matrix, che hanno saputo rievocare con maestria le atmosfere floydiane, la sorpresa è stata l’essere raggiunti sul palco dal duo McNally Waters.
Ovviamente non si trattava del celebre bassista Roger Waters, ma del figlio Harry Waters, assieme al chitarrista e compositore Larry John McNally.
Se Waters Jr ha collaborato per alcuni tour del padre, oltre ad apparire nel mastodontico “The Wall”, assieme a Marianne Faithfull ed Ozric Tentacles il chitarrista americano di origini irlandesi non è da meno!
Basti dire che le sue canzoni, McNally è un vero e proprio cultore dei testi, sono state cantate, coverizzate e riprese da grandissimi nomi della musica come Eagles, Joe Cocker, Rod Stewart e tanti altri ancora.
Il risultato dell’incontro dei due artisti appena citati è questo disco di cui mi accingo a parlarvi traccia per traccia:
Hey Romeo: atmosfere rilassate e tranquille, un po’ come un vecchio saloon al tramonto, dove cowboy e avventori si scambiano dei racconti sulla giornata appena trascorsa.
La voce di McNally, accompagnata dalle tastiere di Waters, ha la magica proprietà di trasportare subito l’ascoltatore verso quei luoghi visto il suo essere intrisa di blues e poesia oltre che il suo amore viscerale per i testi delle canzoni. Il titolo ricorda poi, a metà, un pezzo dei Dire Straits, che sia una coincidenza?
Faith Healer: le tastiere di Waters e lo slide di McNally la fanno da padrone in questo pezzo tra Beatles e America (il famoso gruppo intendo). Particolarmente interessante poi il ritornello, un crescendo senza pari.
Abilene: quando si parla di Stati Uniti spesso si finisce per parlare di Stati come il Texas, come l’omonima città, ma va ricordato che un tempo l’America era vista come il sogno di molti.
Qui il sogno prende la forma di una ragazza, nonostante McNally sia chiaramente di origini irlandesi, amata in un certo punto della sua vita. Una ballata tenera e toccante.
Muscle Shoals: stavolta tocca alla chitarra acustica essere rispolverata come in un blues dei britannici Rolling Stones anche se non mancano gli ovvi riferimenti all’America, la mitica California e lo “shotgun wedding”, mentre la voce di McNally tesse un tappeto di ricordi nostalgici sopra le note di Waters.
Black Cadillac: a tessere le trame sonora, stavolta, è Waters alle tastiere che sfodera tutta la sua ispirazione jazz. Dal canto suo McNally risponde a suon di blues, citando anche Johnny Cash, e sonorità tipicamente americane. Solo dal titolo della canzone i Blues Brothers ne sarebbero entusiasti!
Blackout: le note si fanno leggermente più cupe ed inquietanti, lente ed inesorabili procedono come un viaggio nel deserto di notte. In un’atmosfera che ricorda dunque i Doors più oscuri il brano avanza quasi sussurrato come il vento tra le dune sabbiose.
Don’t Cross The River: si ritorna a sonorità più allegre, sfruttando anche gli armonici artificiali, che faranno ricordare subito i Lynyrd Skynyrd più scanzonati.
Anche qui ritornano inoltre i protagonisti “preferiti” di William Shakespeare, Romeo e Giulietta. Mia cara ragazza però, per favore, “non attraversare il fiume” questa la “preghiera” del pezzo!
Cheap Rings: se Neil Diamond in “Solitary Man” cantava di “un anello di carta”, qui il duo parla invece di anelli economici. A voi le amare considerazioni mentre questo pezzo sfuma delicatamente.
Watch Your Mouth: accordi acustici ed armonici artificiali ritornano ancora grazie alle sapienti dita di McNally che, anche qui, lascia che la sua voce blues si perda nei baci di un ricordo lontano e dolce.
Scommetto che chiunque, ascoltando questa canzone, potrebbe ricordare un punto particolare. Un bacio non dato oppure una parola non detta. Meditate.
Night Much Deeper: una ragazza incontrata di notte, a volte basta solo questo semplice “attacco” per far partire una canzone non trovate? Tra le sonorità tanto care a Bob Seger e Waylon Jennings assieme ad un po’ di piano da saloon poi, il gioco è praticamente fatto!
Show’s Over: sinceramente non avrei saputo trovare una conclusione più degna!
Giudizio sintetico: al momento non credo che in Italia i due abbiano ancora ricevuto il giusto riconoscimento, ma i presenti al Pink Floyd Day di Trento credo che abbiano diffuso il verbo. Si tratta di un disco impregnato di blues, di ricordi, di jazz, di vita on the road, di esperienze diverse che si incontrano, di varie ispirazioni. Insomma, un album davvero completo e sognante. Gustatevelo seduti comodamente davanti al fuoco con un bicchiere di quello buono in mano!