L’anno che si è appena concluso è stato ricco di interessanti produzioni discografiche come ad esempio Suspiria, la colonna sonora composta da Thom York (Radiohead) per il film del regista Luca Guadagnino o il grande ritorno dell’ex Talking Heads David Byrne con American Utopia.
Ma oltre a dischi molto interessanti, il 2018 ci ha regalato anche dei concerti memorabili come quello degli U2 a Milano o quelli dell’ex Pink Floyd Roger Waters. Apprezzatissimi anche Metallica, Foo Fighters, Pearl Jam, Guns N’Roses e Iron Maiden.
Tuttavia, l’anno nuovo appena cominciato ci aspetta con molti appuntamenti imperdibili (leggi l’articolo) e con il compleanno di molti grandi dischi che hanno fatto la storia. Alcuni di essi festeggiano addirittura l’ambizioso traguardo dei 50 anni.
Ecco quali.
Led Zeppelin – Led Zeppelin (12 gennaio 1969)
E’ il debutto di una delle più grandi rock band di tutti i tempi, precursori dell’hard rock e autentica pietra miliare della storia della musica. L’omonimo album degli Zeppelin viene pubblicato il 12 gennaio 1969 ed è un disco nel segno del blues e del grande contrabbassista blues Willie Dixon (I can’t quit you baby e You shook me). Tra i “classici” Communicaton breakdown, Dazed and confused e Good times, bad times.
Genesis – From Genesis to Revelation (marzo 1969)
Disco di esordio della band britannica capitanata da Peter Gabriel e composta da musicisti giovanissimi. L’album viene praticamente ignorato dal mercato e vende circa 700 copie anche per effetto di una disputa riguardo al nome Genesis, utilizzato anche da una band americana che, nello stesso periodo, pubblica un disco. La copertina di From Genesis to Revelation è completamente nera e riporta solo il nome del disco, senza la band. Anche questo fatto non aiuta molto la band a vendere il proprio disco.
The Who – Tommy (23 maggio 1969)
“So che non mi crederà nessuno, ma io sto davvero pensando di scrivere un’opera rock che abbia per protagonista un giocatore di flipper sordo, muto e cieco“. Lo disse il chitarrista Pete Townshend, nel settembre del 1968 e pochi mesi dopo venne pubblicato Tommy, la prima vera opera rock di sempre. Un capolavoro senza tempo fatto di canzoni memorabii come Pinball Wizard, The Acid Queen, We’re not gonna take it, I’m free, Tommy can you hear me?.
Pink Floyd – More (soundtrack from the film – 27 luglio 1969)
Si tratta del terzo disco dei Pink Floyd. Il film al quale l’intero lavoro del gruppo inglese fa da colonna sonora porta il titolo omonimo (in italiano More – Di più, ancora di più) ed è diretto dal regista franco-svizzero Barbet Schroeder. Per i Pink Floyd è la prima esperienza con una colonna sonora. L’album comprende re-incisioni delle musiche del film, a volte in forme molto diverse. Questo è anche il primo disco dei Floyd senza il fondatore Syd Barrett. Il disco raggiunse il 9º posto nel Regno Unito ed il 153° negli Stati Uniti. Nel 1987 l’album venne ripubblicato in una versione CD. Una versione rimasterizzata digitalmente venne, invece, pubblicata nel 1995 in Europa e nel 1996 in Nord America.
Miles Davis – In a silent way (30 luglio 1969)
Il disco trae il nome da un brano musicale composto dal pianista e compositore Joe Zawinul. La fusione tra il linguaggio del jazz e quello del rock è il trademark di un 33 giri che ai tempi dell’uscita suscitò reazioni contrastanti. Il critico Lester Bangs descrisse In a Silent Waycome “il tipo di album che ti dà fiducia nella musica del futuro. Non è rock and roll, ma non è nemmeno nulla di così stereotipato come il jazz“. Questi alcuni musicisti che accompagnarono Miles Davis nello studio di registrazione: Chick Corea, John McLaughlin, Wayne Shorter e Herbie Hancock. Difficile pretendere di più.
Creedence Clearwater Revival – Green River (3 agosto 1969)
Uno dei grandi classici di fine anni 60. Sull’onda del successo del precedente Bayou Country, la band di John Fogerty realizza il suo disco capolavoro. Lo stile della band (in equilibrio tra country, blues, folk e rock and roll) venne definito swamp rock, ovvero il rock della palude. Tra le canzoni che hanno lasciato il segno, oltre alla title track, Bad Moon Rising.
Santana – Santana (30 agosto 1969)
E’ l’album di debutto del gruppo omonimo e composto da Carlos Santana, Dave Brown, Mike Carabello, Gregg Rolie, Mike Shrieve, Albert Gianquinto, Jose Chepito Areas. Il disco raggiunse la la quarta posizione nella classifica Billboard 200 e si tratta di un lavoro prevalentemente strumentale.
Ten Years After – Stonehenge (22 febbraio 1969) e Ssssh (agosto 1969)
“Stonehenge” è secondo disco del gruppo rock-blues inglese che fu particolarmente attivo fra gli anni 6 e 70 e composto da Chick Churchill, Ric Lee, Alvin lee, Leo Lyons e successivamente da Marcus Bonfanti, Colin Hodgkinson e Joe Gooch. Dall’album Stonehenge venne estratto il singolo Haear Me Calling. Nello stesso anno (nel mese di agosto) la band pubblicò anche il suo terzo disco, dal titolo bizzarro: Ssssh.
Beatles – Abbey Road (26 settembre 1969)
Realizzato nel 1969 mentre la band era dilaniata da confitti di natura artistica ed economica, è l’ultimo album in studio inciso dai Fab Four. Let It Be (pubblicato nel maggio del 1970) contiene infatti pezzi registrati prima del gennaio 1969. Abbey Road è l’album di canzoni epocali come Come Together, Here comes the sun, Something e Because. La cover del disco, con i quattro sulle strisce pedonali di Abbey Road, è una delle più celebri e citate della storia della musica contemporanea.
King Crimson – In the court of King Crimson (10 ottobre 1969)
Un disco cult per generazioni di fan e musicisti. Il punto d’incontro mai realizzato prima tra jazz, progressive rock e musica classica. Apre l’album uno dei pezzi più rivoluzionari di sempre: 21st Century Schizoid Man. La cover fu disegnata da Barry Godber, Il dipinto utilizzato per l’esterno della copertina raffigura il volto di un uomo spaventato, con gli occhi spalancati mentre grida. Il volto rilassato, all’interno dell’artwork, è invece quello del Re Cremisi.
Frank Zappa – Hot Rats (10 ottobre 1969)
Un album geniale tra jazz fusion e rock. per inciderlo Zappa utilizzò le più sofisticate apparecchiature disponibili all’epoca. L’album venne infatti registrato su quello che Zappa descrisse come un “registratore a sedici piste casalingo”, un prototipo costruito da un gruppo di ingegneri di Hollywood. Per molti critici il disco era figlio del sound creato da Miles Davis nel capolavoro Bitches Brew. Tra le perle di Hot Rats, Peaches en Regalia e Willie the Pimp.
John Coltrane – Selflessness: Featuring My Favorite Things (ottobre 1969)
Si tratta di un disco pubblicato dopo la sua morte, avvenuta il 17 luglio 1967 a New York e che contiene delle registrazione effettuate in due diverse occasioni. Le prime due tracce sono tratte da un concerto svoltosi il 7 luglio 1963 al Newport Jazz Festival, mentre la terza e ultima traccia venne registrata il 14 ottobre 1965 a Los Angeles.
David Bowie – Space Oddity (4 novembre 1969)
Si tratta del secondo disco di Bowie, lavoro discografico collocabile a metà strada fra la psichedelia e le sperimentazioni glam rock del grande artista londinese. L’album è dominato dalla preoccupazione per l’andamento altalenante del suo idillio con il movimento hippy (Cygnet Committee, Memory of a Free Festival) e dal fallimento della sua relazione con Hermione Farthingale (Letter to Hermione, An Occasional Dream), compagna, musa ispiratrice e sua importante collaboratrice che lo aveva lasciato nel febbraio 1969 dopo aver completato la sua parte nel video Love You Till Tuesday.
Pink Floyd – Ummagumma (7 novembre 1969)
Uno degli album più visionari e psichedelici della band di Roger Waters e David Gilmour. Un doppio 33 giri registrato dal vivo (tra le tracce Astronomy Domine e Carfeul with that axe, Eugene)) e in studio. La parte live si riferisce alle esibizioni andate in scena al Mothers Club di Birmingham il 27 aprile 1969 e al Manchester College of Commerce il 2 maggio dello stesso anno.
Inti-Illimani – Inti Illimani (1969)
Si tratta del primo album solista del gruppo cileno pubblicato in Cile. Nelle note di presentazione che si possono leggere sulla copertina del disco, redatte da Ivan Faba, si sottolinea il profondo legame tra i componenti del gruppo e la Federación de Estudiantes de la Universidad Técnica del Estado. All’epoca i componenti del gruppo erano infatti ancora studenti universitari, sul disco, per ognuno di loro, è specificata la facoltà di appartenenza. Si accenna inoltre a quella che sarà una delle caratteristiche tipiche della band: l’appartenere a entrambe le correnti principali che attraversavano la musica latino-americana in quegli anni. Da un lato quello che Faba chiama “l’emergere della canzone rivoluzionaria” e dall’altro “la rinascita dell’autentica canzone americana“. All’interno del disco si trovano diverse canzoni già presenti nel loro disco d’esordio Si somos americanos, pubblicato in Bolivia pochi mesi prima, o contenute in alcuni dei dischi a cui avevano partecipato e contribuito unitamente ad altri artisti nei mesi precedenti.