Da pochi giorni è uscito ufficialmente “Stare bene”, il nuovo album del cantautore cuneese Andrea Giraudo, per iniziare alla grande anche questo nuovo anno.
Copertina semplice e senza fronzoli mi convince già al primo sguardo e lo metto su. Ecco cos’ho pensato:
A chi resterà: atmosfere sognanti e fiabesche che, tra note di pianoforte e tastiere accompagnate dai cori, rimandano al Cat Stevens ed al Roberto Vecchioni più intimista e nostalgico. Una riflessione su chi è ancora con noi e chi, purtroppo, ci ha lasciato.
Come recita il testo, “ci sono una mamma e un papà che insegnano la vita a chi resterà”, anche se poi c’è sempre quel misto di mistero e di positività orientato al futuro incerto.
Chi sarai mai: strumming di chitarra più allegro e scanzonato, al pari della voce, che rimanda subito all’Edoardo Bennato dei primi tempi.
Il giusto pizzico di blues, oltre agli accordi, proviene anche dalla combinazione collaudata di pianoforte e tastiere. Praticamente è come se ci fosse un hippie sullo sgabello del pianoforte di un saloon mentre canta di chitarre e gente attorno ad un falò in spiaggia.
Cuore amico: dal blues si passa agli accenni funky, rimanendo comunque in ambito “soft” e acustico, che cantano dei tormenti dell’uomo comune che ha “nel cuore un vaffanculo”. Il ritornello poi è tutto da cantare con la potenza di uno stadio in preda al delirio ed all’estasi.
Dieci anni: la fisarmonica ha il sapore dei ricordi e del klezmer. I tasti dipingono un elegante walzer d’amore e di nostalgia per gli occhi di lei. Melodia e musica struggenti degne del migliore Paolo Conte “preso bene”, per usare un’espressione di questi ultimi anni.
Stare bene: raffinate note di pianoforte fanno da apertura ai wah wah delle chitarre mentre Andrea Giraudo, seguito dai cori, descrive ciò che sa fare meglio ovvero scrivere “le canzoni con il cuore, nessuno muore”.
L’isola in due: il pianoforte ritorna a descrivere l’aria che si respira in un locale jazz tra il fumo delle sigarette e la svogliatezza tipica di una domenica sera. Curiosa e fiabesca, è uno di quei brani da ascoltare in ogni momento della settimana abbozzando più di un sorriso. Ribadisco ancora che Conte apprezzerebbe non poco.
Poker: “il tempo ti sfugge e tu lascialo andare”, mai fu così efficace grazie al ticchettio in sottofondo assieme alle chitarre elettriche. Degno del miglior teatro – canzone sembra di tornare indietro ai tempi dell’indimenticabile Giorgio Gaber.
La clessidra: atmosfere più festose e gioiose che rimanda al teatro dell’assurdo. Indefinibile per antonomasia vi strapperà risate per cui alzatela al massimo
Un mondo cassetto: con un inizio vocale in vago stile Roby Facchinetti, ai tempi dei Pooh, il pezzo si tinge di tratti folkloristici mediterranei. Per farvi un esempio, appena l’ho ascoltata mi è venuta in mente “Andrea” dell’immenso Fabrizio De André!
Potere volere: messaggio di fiducia e di positività, “volere e potere” si suole dire, si uniscono a sonorità blues e rock di quei lontani anni ’60. Fantastica e nostalgica come non mai.
Virgole in pasto: rockabilly e blues, armonie vocali e pianoforte al massimo mentre i piedi praticamente ballano da soli. Irresistibile ed irriverente nei confronti della nostra società malata, una stilettata in stile blues di Chicago (Sweet Home).
La guarigione: finale rockeggiante a suon di organo Hammond che spara note infuocate a tutto spiano. Un finale davvero col botto!
In conclusione, che dire di questo disco? Prendete i migliori cantautori già accennati in precedenza, mischiate la loro ironia e verve alle sonorità jazz e blues. Ecco cos’è questo disco! Una perfetta sintesi, ovviamente ben suonata, di questi elementi. Ascoltare per credere!
Vanni Versini – Onda Musicale