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Un disco per il week end: “The Doors” dei Doors ( Lato A )

“If the doors of perception were cleansed, everything would appear to man as it truly is, infinite” scriveva il poeta, pittore ed incisore inglese William Blake.

Una mente decisamente fuori dal comune la cui genialità fu la scintilla per quattro ragazzi universitari americani “capitanati” da un istrionico studente di cinema.

I quattro ragazzi erano il tastierista Ray Manzarek, il chitarrista Robby Krieger (aveva suonato flamenco e la chitarra classica fino a pochi mesi prima d’imbracciare la fida Gibson SG), il batterista John Densmore ed il cantante Jim Morrison. In una parola erano i Doors! Il quartetto mischiava sapientemente melodie rock e psichedeliche con i testi folli, onirici, mistici e con rimandi alla mitologia greca di Morrison come mai si era sentito prima d’ora.

Innegabilmente legati alla fragile figura di Morrison, non per niente mi ha ricordato molto il mitico Syd Barrett durante i primi anni con i Pink Floyd, i Doors sono diventati una vera e propria band di culto. E si può proprio dire “culto” perché, anni dopo la morte del frontman nel 1971, Manzarek e Krieger crearono i Doors of the 21stCentury reclutando Ian Astbury dei Cult dietro al microfono.

Scelta discussa da molti poiché l’eredità di Morrison si sente ancora oggi ed il film di Oliver Stone, con un fantastico Val Kilmer nei panni del Re Lucertola, è una delle prove.

Poeta, visionario e simbolo della rivoluzione culturale degli anni Sessanta insieme agli altri tre firma, nel 1967, l’omonimo e folle album d’esordio.

“Break on Through (To the Other Side)”: come esordire in un mercato discografico pronto per essere conquistato da note e ritmi psichedelici? Semplice, “sfondando le barriere e passando dall’altra parte”. Questo fu il primo singolo della band, un inno ad andare contro il conformismo e la chiusura mentale, anche se in molti ricollegano il primo album a “The End” oppure a “Light My Fire”. Accenni di elettricità aprono le danze assieme alle bacchette di Densmore e le tastiere di Manzarek. Ma questo è un mare che dorme prima di esplodere in una “tempesta elettrica” grazie alla voce di Morrison. Un brano storico che vediamo anche nei Simpson cantato da un ispiratissimo Krusty il Clown durante una puntata del suo show negli anni ’60.

“Soul Kitchen”: poche note di organo con i giusti bending di chitarra ed è subito blues in onore del ristorante dove i Doors spesso si riunivano. Vagamente malinconica e con cambi di intensità, scorre via che è un piacere mentre Morrison implora di “lasciarlo dormire tutta la notte nella sua cucina dell’anima” anche se ormai tutto chiude. Una sigaretta, misteriosi alfabeti e dita che mordono la carne.

“The Crystal Ship”: la tristezza scorre copiosa ed anche Jim e i Doors sembrano essere molto più calmi e meno decisi a sovvertire le cose. Le sonorità sono affidate maggiormente ad un ispiratissimo Manzarek che, con i suoi tasti bianchi e neri, ha praticamente definito il sound del gruppo. Il batterista John Densmore dichiarò inoltre che era una canzone per un amore ormai agli sgoccioli. “Jim scrisse The Crystal Ship per Mary Werbelow nel 1964, una ragazza con cui si stava per lasciare, la canzone si trovava nel suo famoso quaderno di poesie che aveva quando ci formammo”.

“Twentieth Century Fox”: avete presente quella ragazza irraggiungibile? Quella che vi sconvolge con un solo sguardo e vi fa sentire inadeguati? Ecco, tenetela a mente mentre ascoltate questa “bellezza del ventesimo secolo”. Anche qui si sente una micidiale miscela di blues e psichedelia!

“Alabama Song (Whisky Bar)”: tra folk e musica gipsy jazz, ricordiamoci delle influenze di Krieger, questa canzone è una specie di mosca bianca all’interno del repertorio della band. Quasi più corale e con i consueti riferimenti alla morte, assume tinte inquietanti mentre si colora di glamour come un film degli anni ’30 anche perché la versione originale appartiene a quei tempi. Di questo splendido brano ne abbiamo già parlato più approfonditamente qui così ne approfitto per farmi un bicchierino anche io.

“Light My Fire”: una tra le canzoni per eccellenza dei Doors sorretta dall’organo di un Manzarek che ha consegnato il gruppo al successo. Lunga circa sette minuti, edipica, scandalosa per l’epoca fu la causa della “cacciata” del gruppo dall’Ed Sullivan Show con un Morrison che continuava ad urlare “try to set the night on fire” (chiaro riferimento sessuale). Scritta da Krieger, compresi gli accordi, e da Morrison è tra i brani più conosciuti di sempre della band e del rock, ma non sempre tutti sono disposti ad ascoltarla per intero. Non saprei esattamente cosa dire di questo brano, credo che siano in molti ad averlo sentito, per carità evitate la cover di Will Young, ma è un classico che non passa mai di moda. Va anche detto che l’ho ritrovata, con mia somma gioia e sorpresa, anche all’interno di “It” di Stephen King.

Leggi anche “The Doors” (Lato B)

— Onda Musicale

Tags: The Doors, Jim Morrison, The End, John Densmore, Robby Krieger, Ray Manzarek
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